STORIA

Corrado Vivanti - Clelia Della Pergola

Da Mantova alla Svizzera. In fuga per la salvezza

A cura di Alessandro Vivanti - Prefazione di Silvana Calvo

Dal settembre 1943 la situazione degli ebrei in Italia, già molto difficile per le leggi antiebraiche emanate nel 1938, divenne ancora più drammatica quando – come ha scritto Michele Sarfatti – dalla “persecuzione dei diritti” si passò, sotto l’occupazione nazista e la Repubblica sociale italiana, alla “persecuzione delle vite”. Gli ebrei che si trovavano nelle zone dominate dalle forze nazifasciste dovettero cercare scampo all’immediata minaccia di deportazione verso lo sterminio. Molti dal Centro e dal Nord dell’Italia si diressero verso l’unico Paese neutrale che sembrava potesse dar loro accoglienza: la Confederazione Elvetica.
Nel libro sono pubblicati due testi: il primo, una memoria scritta in età matura da Corrado Vivanti, celebre storico, che ricorda gli anni della fanciullezza a Mantova; il secondo è il diario tenuto dalla madre, Clelia Della Pergola, nei mesi di internamento in Svizzera, dove la famiglia riuscì fortunosamente a trovare rifugio sino alla fine del conflitto. Due testi che riportano al periodo in cui la situazione degli ebrei italiani cambiò repentinamente, passando in un decennio da una apparente normalità al baratro della Shoah. La complessità e la tragicità di quegli anni sono riflesse nelle vicende che coinvolsero la famiglia Vivanti, ben inserita nell’ambiente di una città di provincia in cui la presenza ebraica, attestata fin dal 1145, venne incoraggiata dai Gonzaga. Soltanto col regime mussoliniano le restrizioni nel settore educativo e lavorativo cominciarono a minarne la tranquillità, influenzando pesantemente la vita quotidiana. Dopo le pagine di Corrado Vivanti il Diario svizzero di Clelia Della Pergola ci porta così ai giorni concitati della fuga e alla lunga permanenza in Svizzera nell’incerta condizione dei rifugiati.

Corrado Vivanti (Mantova 1928 - Torino 2012), è stato docente di Storia delle dottrine politiche all’Università di Torino, di Storia moderna all’Università di Perugia e alla Sapienza di Roma. Nel dopoguerra ha aderito al movimento degli haluzim e tra il 1950 e il 1953 è vissuto in Israele. Tornato in Italia, si è laureato all’Università di Firenze con Delio Cantimori su Le campagne del Mantovano nell’età delle riforme. Dal 1957 al 1962 ha studiato a Parigi sotto la direzione di Fernand Braudel. Nel 1962 è stato chiamato a Torino all’Einaudi, per occuparsi in particolare del settore storico; con Ruggiero Romano ha diretto la Storia d’Italia; ha curato l’edizione delle Opere di Machiavelli e, tra il 1996 e il 1997, Gli ebrei in Italia. Nel giugno 2002 ha ricevuto il Premio Presidente della Repubblica per la Storia, all’Accademia dei Lincei di Roma.
Clelia Della Pergola Vivanti (Firenze 1896 - Mantova 1981), secondogenita di Raffaello Della Pergola ed Emilia Todeschini, si trasferì da Firenze a Mantova con la famiglia. A tredici anni cominciò a lavorare nella pellicceria dei suoi zii, entrando poi in società con un cugino. Si sposò a Mantova con Moise Gino Vivanti nel 1919, ed ebbe due figli, Arrigo e Corrado. Dopo il matrimonio, contrariamente a quello che avrebbe voluto suo marito Gino, riprese l’attività che l’appassionava, in una pellicceria di sua proprietà, e da allora – tranne che nel periodo della fuga in Svizzera, fra il dicembre 1943 e il 1945 – vi lavorò fino al giorno prima di morire, quasi ottantacinquenne.


88 pp. con 38 illustrazioni - ISBN 978-88-7158-238-2 - 10,00 Euro

Valeria Graffone

Espulsioni immediate. L’Università di Torino e le leggi razziali, 1938

Presentazione di Gianmaria Ajani, Rettore dell'Università di Torino

Prefazione di Fabio Levi

“La violenza della discriminazione antisemita compiuta anche all’interno delle Università dal regime fascista, qui riprodotta e illustrata da Valeria Graffone, grazie alle carte serbate ed ordinate nell’Archivio Storico dell’Università di Torino, si manifesta, proprio in quelle carte, con una evidenza crudissima. È un impasto al contempo ottuso e crudele quello che emerge dalla contabilità della discriminazione, che carica di vergogna non solo chi volle tale violenza e ne dispose gli strumenti coattivi, ma anche chi, all’interno degli Atenei, ne fu esecutore.

Una vergogna che conferma lo scandalo dell’adesione pressoché totale dei docenti ed accademici italiani al giuramento di fedeltà al fascismo, nel 1931.
Con l’approvazione e la successiva attuazione del corpus delle leggi antiebraiche, e delle disposizioni amministrative che le accompagnarono, tra il settembre e il novembre 1938, la politica razzista del governo fascista colpì in modo esteso i 27 Atenei del Paese, lasciando al loro interno una ferita profonda. Una ferita che risulterà difficile da rimarginare, slabbrata dall’imbarazzato (ed ancor oggi imbarazzante) silenzio che ne accolse la promulgazione, dalla ottusità pedante nella persecuzione, ma anche dalla inquietante ed infastidita lentezza che segnerà la fase post-bellica del rientro su quelle cattedre troppo rapidamente riassegnate ad altri docenti e meschinamente accettate”.

Dalla Presentazione al volume del Rettore dell’Università di Torino Gianmaria Ajani

“I documenti proposti al lettore in questo libro, nella loro cruda esemplarità, mostrano meglio di qualsiasi ragionamento i tanti aspetti di una pagina oscura nella storia dell’Università di Torino e di tutto il Paese. Mostrano la violenza, la protervia e l’assoluta irragionevolezza delle misure che portarono nel 1938 all’espulsione degli ebrei – docenti, studenti e personale tecnico-amministrativo – dall’Ateneo torinese, come peraltro dall’insieme della vita sociale; la dimensione molto ampia della ferita allora inferta, anche solo in termini percentuali sull’insieme della comunità accademica; la solerte obbedienza dell’istituzione nelle sue diverse articolazioni; l’assenza di qualsiasi opposizione o, più precisamente, la diffusa acquiescenza a tutti i livelli di chi assistette all’espulsione dei colleghi senza aprire bocca; l’offesa alla dignità della cultura e la depravazione dell’intelligenza di tanti uomini colti; la meschinità, dopo la guerra, di un sistema e di tanti individui incapaci di rimediare alle proprie colpe, perseverando, pur in condizioni molto diverse, nell’errore e nell’offesa”.

Dalla Prefazione di Fabio Levi

Valeria Graffone lavora dal 2007 all’Università degli Studi di Torino, dove ha conseguito la laurea triennale in Scienze della Comunicazione e le lauree magistrali in Comunicazione Multimediale e di Massa e in Comunicazione per le Istituzioni e le Imprese. Ha inoltre conseguito la maîtrise in Information et Communication all’Université Jean Moulin Lyon III. Nel 2006 ha ricevuto dal sindaco Sergio Chiamparino il “Premio Tesi di laurea su Torino” per la tesi magistrale “Tra partecipazione civica e protagonismo giovanile: il progetto ‘I ragazzi del 2006’”. Di prossima pubblicazione sulla rivista scientifica internazionale Trauma and Memory il contributo “ ‘Con fredda ferocia e con ostentato pregiudizio’: la persecuzione all'Università di Torino” in atti del convegno internazionale Le conseguenze delle ‘Leggi razziali’ del 1938 sulle università italiane, Università di Roma Tre, dicembre 2018.

164 pp. con 75 illustrazioni - ISBN 9788871582375 - 24,00 Euro

 

Marta Nicolo

Un impegno controcorrente. Umberto Terracini e gli ebrei, 1945-1983

 

«Che Umberto Terracini (1895-1983) considerasse la propria attenzione per il mondo ebraico come una dimensione essenziale del suo essere comunista non ci sono dubbi. Dire invece che quel suo spiccato interesse fosse in piena sintonia con la tradizione e la storia del partito comunista italiano sarebbe un errore. Terracini, come per molte altre cose, fu un’eccezione. Basti confrontare anche solo la conti-nuità con cui non distolse mai lo sguardo dalle vicende degli ebrei con l’episodicità dell’interesse mostrato al riguardo da molti suoi compagni e dall’insieme del partito, mossi più da ragioni politiche di altra natura o legate alle necessità del momento che non da convinzioni profonde e inderogabili: la lotta antifascista, la memoria della guerra, le discussioni sul Medio Oriente o altro ancora.
Perché allora l’eccezione Terracini? Richiamare, come fanno alcuni, le sue pur inoppugnabili radici ebraiche è troppo poco. Nel gruppo dirigente del PCI anche altri avevano ascendenze simili, ma non per questo – si pensi ad esempio a Emilio Sereni – manifestarono le sue stesse aperture. Certo, la provenienza ebraica e l’educazione ricevuta in gioventù non mancarono di sviluppare in lui una particolare sensibilità a quel mondo, favorendo una vicinanza e una comprensione che per un non ebreo sarebbero state assai meno immediate. Ma ci fu anche dell’altro. Non va sottovalutato che essere finito nelle prigioni fasciste molto presto tenne al riparo Terracini da molte delle nefaste influenze dello stalinismo, cui soggiacquero al contrario altri dirigenti comunisti. Quando poi, nel ’43, tornò in libertà, dovette misurarsi in prima persona con il rischio concreto di essere deportato. Se a tutto questo aggiungiamo una indipendenza di giudizio mantenuta con incrollabile fermezza pur in condizioni difficilissime, e la convinzione che fosse l’uomo a dover stare al primo posto e non il partito, mezzo e non fine dell’azione politica, è forse possibile abbozzare una risposta meno ovvia al quesito da cui siamo partiti.»
Dalla Prefazione di Fabio Levi

Il libro ha per tema l’attenzione per il mondo ebraico nella vita e nell’opera di Umberto Terracini. Nel secondo dopoguerra il suo impegno al riguardo si espresse in tre campi principali: la società italiana, che faceva ben poco per reintegrare le vittime delle leggi antiebraiche del 1938 e delle deportazioni; il il Medio Oriente, dove il nuovo Stato di Israele e le speranze che incarnava furono oggetto di un rifiuto via via sempre più ra-dicale; infine la situazione in Unione Sovietica, nella quale l’antisemitismo diventò un fatto di prima grandezza. Terracini seguì tutto questo con cura e consapevolezza, facendone oggetto di riflessioni pubbliche e di azioni coraggiose. Ma soprattutto, oltre ad intervenire in Parlamento, sulla stampa e ovunque gli fosse possibile, non esitò mai, su tutti e tre i fronti nei quali si sentiva impegnato, a mettersi in gioco personalmente, per essere più efficace e per non perdere mai il rapporto diretto con i propri interlocutori. Marta Nicolo documenta e analizza puntualmente tutte queste attività restituendoci nel volume il ritratto di un intellettuale e uomo politico italiano di cui risultano l’originalità di pensiero e la coerenza nell’azione concreta.

Marta Nicolo, laureata in Storia all’Università degli studi di Torino, ha conseguito il dottorato di ricerca in Studi Storici sotto la guida di Fabio Levi. Si occupa di resistenza femminile e di storia e didattica della shoah per l’Istituto storico della Resistenza di Biella, Vercelli e della Valsesia; i suoi studi si concentrano ora in particolare sulla storia di Israele e sull’antisemitismo. Ha pubblicato su «l’Impegno. Rivista dell’Istituto per la storia della Resistenza e della società contemporanea di Biella e Vercelli» i contributi Dalla Storia alla Memoria ( XXXV, nuova serie, n. 1, giugno 2015) e Al servizio della Costituzione. Umberto Terracini (1895-1983), presidente dell’Assemblea costituente (XXXVI, nuova serie, n. 1, giugno 2016); suoi saggi sono contenuti nei volumi collettanei La festa della Fagnana. Storia, protagonisti, aneddoti della festa de l’Unità della Fagnana e della gente della Valsessera, Biella 2016 e Critica clandestina? Studi letterari femministi in Italia. Atti del convegno, Sapienza Università di Roma 3-4 dicembre 2015, a cura di Maria Serena Sapegno, Ilenia De Bernardis, Annalisa Perrotta, Roma 2017.

184 pp. - ISBN 9788871582344 - 24,00 Euro

Guido Fubini

L’antisemitismo dei poveri

Guido Fubini ha sviluppato in questo libro una serie di considerazioni sull’antisemitismo. Il ragionamento va diritto al cuore dei problemi, organizzandosi intorno a tre questioni principali. Al primo posto viene Israele o, più esattamente, la forte preoccupazione per il "rifiuto di Israele" indicato come forma spe-cifica di una più generale ostilità contro gli ebrei. Il secondo centro di attenzione è dato dall'antisemitismo di sinistra. Il terzo è costituito dalla politica antiebraica del fascismo italiano avviata nel 1938. A partire dai tre nodi appena indicati il discorso si apre in molte direzioni, illuminando le varie facce dell'antisemitismo contemporaneo: dagli Stati Uniti all'Europa, al contesto arabo-islamico, allo stesso mondo ebraico e a quello israeliano. Animato da un indiscutibile coraggio intellettuale e segnato dall'intreccio fra un vigoroso slancio ideale e un costante disincanto realista, Fubini si adopera a contrastare l'illusione che le classi diseredate siano ne-cessariamente portatrici di istanze progressive, quando viceversa possono spesso essere proprio i più deboli, i "poveri", la forza trainante dell'antisemitismo.
Corredano il volume la Presentazione di Fabio Levi, la Prefazione di Alberto Cavaglion e una Nota di Marco Brunazzi.

Guido Fubini (1924-2010) è stato avvocato, giurista, politico e giornalista. Ha fatto parte della Commissione giuridica dell’Unione delle Comunità ebraiche italiane per la stipula delle Intese tra lo Stato e l’UCEI. Tra i fondatori della rivista «Ha Keillah», ha a lungo diretto la «Rassegna mensile di Israel» e ha collaborato a varie riviste giuridiche tra cui «Il Diritto ecclesiastico»; tra i suoi lavori Israele-Palestina, una scelta diversa (con V. Pegna e L. Visco Gilardi), Torino, 1970; La condizione giuridica dell’ebraismo italiano, Torino, 1974; L’ultimo treno per Cuneo: Pagine autobiografiche (1943-1945), Torino, 1991; Lungo viaggio attraverso il pregiudizio, Torino, 1996.

112 pp. - ISBN 9788871582290 - 18 Euro

Bruno Taricco

Il ghetto delle Cherche. Appunti per una storia della comunità ebraica di Carmagnola

Con questo libro Bruno Taricco continua la sua indagine sulla storia degli ebrei in Piemonte: dopo Cherasco sono gli archivi di Carmagnola a ridare la trama della presenza ebraica nella città, dai primi documenti che risalgono agli anni dell’ultimo Medioevo (nel 1467 un atto notarile vi attesta la residenza di un ebreo), all’ampliarsi a più famiglie nel Cinquecento e nei secoli successivi. Alcuni capitoli percorrono la storia della comunità: gli insediamenti nel XVI secolo, il Seicento, il passaggio alla segregazione nel ghetto, la svolta della prima emancipazione francese e la successiva entrata, dopo il 1848, a pieno titolo nella vita del Regno, fino alla partecipazione alla guerra del 1915-18 e al graduale esaurirsi della comunità a Carmagnola – con le trasformazioni economiche e sociali da un lato e lo sprofondare del Paese nelle leggi razziste del 1938, nella Seconda guerra mondiale, nella deportazione degli ebrei e, dall’altro lato, la loro partecipazione alla Resistenza. Parte essenziale del volume è il ricco apparato documentario che sorregge sempre la descrizione delle attività, strutture e dinamiche sociali della comunità e fornisce un’ampia base di riferimento per approfondimenti e confronti.
L’Appendice, a cura di Ilaria Curletti, riporta il testo delle visite all’Università ebraica dei vescovi nel 1702 e nel 1746.

Bruno Taricco docente di Italiano e Latino, da oltre trent’anni è conservatore del museo Adriani di Cherasco e da qualche anno fa parte del consiglio del CISIM (Centro internazionale per gli studi sugli insediamenti medievali). Si interessa di storia locale e in questo settore ha pubblicato alcuni libri relativi soprattutto alle vicende cheraschesi – tra gli altri Cherasco Urbs firmissima pacis, Cherasco medievale, Cherasco barocca, Guida di Cherasco, Cronache cheraschesi del secondo periodo francese (1796-1815) – e verdunesi (Documenti e appunti per una storia di Verduno) oltre a numerosi saggi. Ha approfondito la storia plurisecolare dell’insediamento ebraico nella città in cui risiede con il volume Gli ebrei di Cherasco, pubblicato dalla Silvio Zamorani nel 2010.

Sul libro:

Ticketless – Finestre

Dopo aver tratteggiato, in un precedente volume, la ben diversa storia di Cherasco, Bruno Taricco si conferma adesso, in questo suo lavoro (Il ghetto delle Cherche. Appunti per una storia della comunità ebraica di Carmagnola, Zamorani, 2018), un ricercatore ostinato, poco incline a ipotesi fantasiose. Molto simile ai personaggi di cui narra la storia, sempre alle prese con la vita nella sua talora aspra, ruvida concretezza. Altri costruirebbero castelli in aria, Taricco riferisce ciò che ha trovato.
Le “finestre del ghetto”, già note attraverso la storia della comunità astigiana e i lavori pionieristici di Laura Voghera Luzzatto, o grazie alle pagine autobiografiche di Brofferio, del ghetto di Torino visto dalle finestre limitrofe, pagine purtroppo ancora oggi troppo poco conosciute perché poco accessibili (I miei Tempi, Tip. Nazionale Biancardi, 1859).
Fra le interdizioni dell’antico regime, vi era la norma che imponeva agli ebrei di bloccare le finestre che guardavano la strada principale, con scuri di legno. Taricco con tono discorsivo, ma sempre sorretto dai documenti, spiega la natura di queste strambe controversie, la scelta ad un certo punto inevitabile di ribellarsi, compiuta da Salvador Jona e Abram Laudi. Le autorità si affaticavano a misurare la distanza tra gli edifici e le chiese. Quale fosse il massimo consentito non è dato sapere, contava l’atto del misurare.
[....] Una vicenda surreale, che si ripete per altri nuclei famigliari. Un capitolo drammatico nella storia delle “case degli ebrei”. Sarebbe piaciuto al compianto Michele Luzzati, primo storico della comunità carmagnolese, per una vita intera legatissimo alla sua “petite patrie”.
Alberto Cavaglion
in “Moked”, Attualità 28/11/2018 moked.it/blog/2018/11/28/ticketless-finestre/

15 x 21 cm - 536 pp. - 80 illustrazioni nel testoISBN 9788871582269 - 42,00 Euro

Marco Francesco Dolermo

Alla fiera di Tantah

Il sionista che amava l’islam: Raffaele Ottolenghi (1860-1917)

Prefazione di Alberto Cavaglion

Il volume è dedicato alla figura di Raffaele Ottolenghi, intellettuale ebreo nato nella seconda metà del XIX secolo e morto nel 1917 all’età di cinquantasette anni. Appartenente a un’importante famiglia di Acqui Terme, figlio del rabbino Bonajut – che si era salvato a stento dall’assalto al ghetto della città del 23 e 24 aprile 1848 –, avvocato, intraprese la carriera diplomatica; fu filantropo, militante politico, studioso della cultura e della religione orientale. Aderì al Partito Socialista, di cui divenne attivo esponente, collaborando a riviste e giornali tra cui «Critica Sociale» e «l’Avanti!». In seguito al suo soggiorno al Cairo acquisì una profonda conoscenzare dei problemi africani ed asiatici; unì agli interessi politico-storici quelli filososofici e religiosi che trattò in molti scritti, tra i quali l’opera più importante: i tre volumi di Voci d’Oriente. Collaborò a molte riviste culturali, da «Coenobium» al «Vessillo israelitico», a «Israel», alla «Nuova Antologia di Lettere, Scienze ed Arti», «Bilychnis» e molte altre. Sviluppò una riflessione personale in una forma di sionismo spirituale e, avverso ai simboli e al linguaggio del potere, critico nei confronti del progetto statuale in Palestina di Theodor Herzl, ritenne che l’esistenza di Israele non potesse essere disgiunta dalla presenza mussulmana che da secoli intrecciava la propria cultura con quella ebraica.
Nel libro di Marco Dolermo, che riporta un’analisi molto ampia della vita e delle opere di Ottolenghi – con i suoi scambi con importanti studiosi: in modo particolare Paolo Orano, con cui ebbe una lunga polemica culturale –, sono ripubblicati alcuni scritti significativi di difficile reperibilità, assieme a un’ampia collazione delle sue pubblicazioni.

Marco Francesco Dolermo, autore de La costruzione dell'odio. Ebrei, contadini e diocesi di Acqui dall’istituzione del ghetto del 1731 alle violenze del 1799 e del 1848, Torino, Zamorani, 2005, insegna materie letterarie presso il liceo Giovanni Parodi di Acqui Terme. Ha conseguito all’università di Torino il dottorato di ricerca in storia moderna con la tesi “Modelli di mercato matrimoniale. Il caso degli ebrei piemontesi (secc. XVIII-XIX)”; da essa è stato tratto Il viaggio della sposa: il decreto di Emanuele Filiberto del 1572 e il mercato matrimoniale ebraico nel Piemonte d’Ancien Régime, pubblicato nel volume collettaneo curato da Marina Romani e Elisabetta Traniello, Gli ebrei nell’Italia centro settentrionale fra tardo Medioevo ed età moderna (secoli XV-XVIII), Cheiron, 57-58, Roma, Bulzoni editore, 2012.

15 x 21 cm - 271 pp., con 9 illustrazioni nel testo - ISBN 9788871582214 - 32,00 Euro

Silvana Calvo

L’informazione rifiutata

La Svizzera dal 1938 al 1945 di fronte al nazismo e alle notizie del genocidio degli ebrei

Nell'estate del 1942 su molti giornali svizzeri si poteva leggere che il numero degli ebrei uccisi dai nazisti fino a quel momento aveva raggiunto il milione. La Dichiarazione congiunta anglo-russo-americana, apparsa in dicembre, parlava ormai chiaramente di sterminio e accusava i tedeschi di aver trasformato la Polonia in un mattatoio. A partire dal 1943 i dispacci d’agenzia scrivevano di 2 milioni, 3 milioni, 4 milioni, fino a 5 milioni di ebrei uccisi. Non solo lo sterminio, ma anche le notizie sulla deportazioni, sui ghetti, sulle esecuzioni per rappresaglia, insomma su ogni aspetto del dramma che si stava consumando a non grande distanza, riuscivano a raggiungere la Svizzera, grazie anche alla sua posizione di paese neutrale.
L’informazione sul genocidio non fu uniforme: il notiziario radiofonico, il cinegiornale, la stampa e l’esercito la gestirono in modo differente e articolato; chi con intransigente reticenza, chi facendo filtrare il massimo possibile di notizie nonostante le continue raccomandazioni del governo e le imposizioni della censura. Questo, tra l’altro, in un quadro in continuo mutamento a seconda di come evolveva il conflitto e dei rapporti di forza tra i diversi schieramenti nella Confederazione, ossia tra chi pensava che si dovesse scendere a patti con i tedeschi e chi invece metteva al primo posto la difesa della sovranità nazionale.
Le notizie sullo sterminio degli ebrei circolavano dunque ampiamente e in tempo reale, grazie anche a personalità ebraiche come Benjamin Sagalowitz e Gerhart Riegner, a un pastore evangelico come Paul Vogt o a un giornalista socialista come Otto Pünter. Malgrado la censura, giornali quali ad esempio «Libera Stampa» di Lugano riuscivano non solo a dare un’informazione puntuale, ma anche a presentare i fatti in modo da contrastare efficacemente la diffusa tendenza dei lettori a non voler vedere quanto pure avevano sotto i loro occhi.

Silvana Calvo si occupa di razzismo e antisemitismo nel Novecento e in particolare di Shoah, della situazione degli ebrei in Svizzera e di stampa ed antisemitismo; ha pubblicato: 1938 Anno infame, Antisemitismo e profughi nella stampa ticinese, Bologna, 2005; A un passo dalla salvezza. La politica svizzera di respingimento degli ebrei durante le persecuzioni 1933-1945, Torino 2010, con cui ha vinto il Premio Internazionale Vittorio Foa 2014 della Città di Formia.

15 x 21 cm - pp. 360 - 28 illustrazioni nel testo - ISBN 9788871582221 - 38,00 Euro

 

Francesco Forte - Alberto Cavaglion

Cesare Jarach (1884-1916)

Un economista ebreo nella Grande Guerra

Con un testo di Luigi Einaudi

Nel libro un saggio di Francesco Forte analizza il lavoro scientifico di Cesare Jarach come economista: brillante allievo di Luigi Einaudi, impegnato in ricerche innovative e ancora oggi di grande interesse; Alberto Cavaglion traccia invece un ritratto di Jarach come intellettuale ebreo italiano nel suo impegno civile di partecipazione alla vita dello Stato - fino alle posizioni di interventismo liberale, di stampo risorgimentale e diretto risultato di un pensiero largamente diffuso nell'ebraismo italiano dei decenni post-unitari di fare parte di un corpo statale unito e non frazionabile sulla base dell’identità religiosa.

Cesare Lazzaro Samuele Jarach (Casale Monferrato 1884 - Palchisce sul Carso 1916), si laureò sotto la guida di Luigi Einaudi e divenne giovanissimo delegato tecnico della commissione parlamentare d’inchiesta sulle condizioni di vita contadine nel Mezzogiorno, occupandosi degli Abruzzi. Nell’ambito di quell’incarico produsse uno studio considerato, per la sua profondità, l’intelligenza metodologica con cui fu condotto e la precisione dell’analisi, un lavoro pionieristico e tuttora un riferimento indispensabile per lo studio della società abruzzese e in generale per la storia migratoria dell’Italia meridionale.
Saggista, ricercatore e teorico dell’economia e della finanza, in quanto esperto di problematiche dell’emigrazione, divenne nel 1911 ispettore del commissariato per l’emigrazione a Roma e nel 1913 passò a dirigere l’ “ufficio di emigrazione per gli uffici di terra” in Milano. Contemporaneamente collaborò al giornale «L’azione», espressione del circolo di giovani studiosi interventisti di ispirazione liberale e di matrice mazziniano-risorgimentale guidato da Alberto Caroncini. Coerente con queste posizioni si presentò volontario per il fronte e cadde nei primi giorni del novembre 1916.

«Cesare Jarach […] appartenne alla schiera, la quale va purtroppo facendosi sempre più rara in Italia, dei funzionari i quali onorano l’ufficio coperto con la austerità nell’adempimento del proprio dovere e con la coscienza che a questo non si soddisfa se non si entra nell’arringo con una solida preparazione scientifica e se questa non si affina ognora più. […] Fu scrittore di cose teoriche, in economia e finanza, sobrio, acuto, elegante. Ai suoi saggi […] si ritorna volentieri colla mente, come quelli che sono il frutto di una meditazione personale accurata, che spoglia la trattazione di ogni elemento estraneo superfluo e riduce il problema ai suoi dati essenziali ed alle sue conclusioni logiche più semplici. Nel che si riscontra il vero abito dello studioso».
Luigi Einaudi

«Egli era un “economista appassionato”, con un senso di missione di duplice, connessa natura: la battaglia per le idee dell’economia di mercato libera, basata su principi fiscali e monetari di economia pubblica, ai fini dello sviluppo economico e umano; la battaglia per l’interesse nazionale […]. Il suo volume sulle condizioni dei contadini dell’Abruzzo e Molise […] è un lavoro di grande importanza. Esso mette in luce la statura di Cesare Jarach, studioso di economia do­tato di una visione storica, sociologica, politica, istituzionale di grande respiro».
Francesco Forte

«Non era ancora docente universitario Cesare Jarach, ma destinato certo a diventarlo […]. Se si prendono in esame i suoi scritti, se si studiano le sue relazioni culturali, i suoi primi, promettenti passi accademici è difficile non prevedere per lui un brillante avvenire di studio. Apparteneva alla piccola comunità ebraica di Casale: una comunità che, al pari di altre realtà piemontesi, conservava memorie di patriottismo e di adesione agli ideali risorgimentali molto significative. […] Fino alla Grande Guerra il cosiddetto “diritto alla diversità”, oggi giustamente rivendicato a gran voce, a quel tempo non esisteva o meglio non era considerato una virtù democratica, ma un disvalore. Gli ebrei italiani che decidevano di arruolarsi volontari come Jarach pensavano di fare parte di un corpo statale unito e non frazionabile sulla base dell’identità religiosa».
Alberto Cavaglion

Nel volume:

Alberi genealogici

Prefazione Manuel Disegni

Immagini e documenti di famiglia

Jarach economista Francesco Forte
La serenità di Viridis. Cesare Jarach e la partecipazione ebraica alla Grande Guerra Alberto Cavaglion

Epilogo

 

15 x 21 cm - 96 pp. con 42 illustrazioni - ISBN 9788871582238 - 10,00 Euro

L’apporto degli ebrei all’assistenza sanitaria sul fronte della Grande Guerra

Atti del Convegno Trieste, 8 maggio 2016

a cura di Rosanna Supino - Daniela Roccas

L’apporto ebraico alla sanità nell’esercito italiano nella Prima Guerra Mondiale è esaminato nei suoi vari aspetti: da quelli quantitativi e di distribuzione nei gradi e nelle funzioni dell’esercito, alla presenza di medici di grande valore (tra gli altri Alessandro Lustig, Giuseppe Levi, Guido Aronne Mendes, Enrico Modigliani, Marco Levi Bianchini), alla partecipazione di molti ebrei come volontari nell’esercito italiano. Contemporaneamente altri ebrei (tra loro i triestini Edoardo Weiss e Giulio Ascoli) si trovarono ad operare sul fronte austro-ungarico come sudditi dell’impero, vivendo complesse e drammatiche vicende di appartenenza, di richiami all’irredentismo e di adesione al sionismo.
Viene approfondita la riflessione sulla posizione dell’ebraismo italiano dopo l’emancipazione ottocentesca nella vita del Paese in quel momento così grave, mentre alcuni degli autori ricordano le innovazioni scientifiche apportate durante il conflitto. Grandi progressi infatti si ebbero ad opera di medici militari ebrei nella chirurgia, nella cura delle malattie infettive (come la TBC) e delle psicopatologie di origine bellica, degli effetti di gas nervini, delle patologie da congelamento, mentre divenivano pratica comune le vaccinazioni di massa contro tifo, colera e difterite e fu messo a punto un apparecchio a raggi X portatile. Nel libro si ricorda anche l’impegno nella didattica sanitaria (molti furono attivi anche nell’insegnamento sul campo e nell’università castrense di San Giorgio di Nogaro).
Non mancano dati e riflessioni sull’analoga esperienza in quegli anni dell’ebraismo francese al fronte e l’analisi della presenza femminile, soprattutto nell’ambito dell’assistenza infermieristica, oltre che della partecipazione del rabbinato per quella religiosa e spirituale.
Il libro raccoglie gli atti del convegno svoltosi a Trieste l’8 maggio 2016, accompagnati da un ampio apparato illustrativo. Chiude il volume un elenco di medici, paramedici e infermiere, oltre a militari in sanità e rabbini, che si sono impegnati sul fronte italiano durante la Grande Guerra.

Dall'indice:

Presentazione del Convegno Giorgio Mortara
Introduzione Rosanna Supino
Note all’Elenco di militari ebrei in sanità in Italia nella Grande Guerra” Daniela Roccas e Rosanna Supino
La posizione degli ebrei dell’Italia unita nella Prima Guerra Mondiale
Maddalena Del Bianco Cotrozzi
La partecipazione militare degli ebrei italiani alla Grande Guerra con particolare riguardo ai medici e sanitari Pierluigi Briganti
L’assistenza sanitaria e religiosa ebraica sul fronte italiano 1915-1918 Giovanni Cecini
Ebrei nella “Santé Militaire de l’Armée Française”: fra “Union sacrée” e affermazione identitaria Andrea Finzi
Medici ebrei triestini fra lealismo all’Austria e irredentismo Matteo Perissinotto
Famiglie e comunità divise da ideologie di appartenenza nazionale e l’amaro epilogo per tutti Mauro Tabor
Il personale sanitario militare di religione ebraica nella Guerra 1915-18: ricerca delle persone, collocazione sul territorio e mansioni Daniela Roccas
La mobilitazione del sapere medico-criminologico dal pacifismo di Cesare Lombroso alla svolta interventista Pierpaolo Martucci
Forti come un uomo. Due esemplari figure di crocerossine ebree friulane: Adele e Fanny Luzzatto Valerio Marchi
Edoardo Weiss psichiatra al fronte: la psicopatologia bellica nelle cartelle cliniche del manicomio di Trieste Rita Corsa
Elenco di militari ebrei in sanità e rabbini in Italia durante la Grande Guerra Daniela Roccas e Rosanna Supino
I militari medici, paramedici e infermiere di religione ebraica durante la Grande Guerra in Italia

Gli autori: contributi di Pierluigi Briganti, Giovanni Cecini, Rita Corsa, Maddalena Del Bianco Cotrozzi, Andrea Finzi, Valerio Marchi, Pierpaolo Martucci, Matteo Perissinotto, Daniela Roccas, Rosanna Supino, Mauro Tabor.

15 x 21 cm - 192 pp. con 53 illustrazioni - ISBN 9788871582252 - 28,00 Euro

Michele Sarfatti

Mussolini contro gli ebrei.

Cronaca dell’elaborazione delle leggi del 1938. Nuova edizione ampliata

Questo libro documenta e interpreta le prese di posizione antiebraiche di Mussolini nel corso del 1938 e ricostruisce come egli giunse a definire la legislazione persecutoria varata in settembre-novembre dal governo fascista col consenso del re. L’analisi delle numerose testimonianze documentarie consente di chiarire vari nodi problematici rimasti finora irrisolti o celati, di evidenziare gli ampi spazi di originalità e radicalità che contrassegnarono l’operato antiebraico di Mussolini, di misurare la profondità della ferita da lui inferta agli ebrei e a tutto il paese. La prima edizione di questo studio è stata pubblicata nel 1994. Essa contribuì a creare una nuova consapevolezza tra gli studiosi e nell’insieme della società, interessata a conoscere e comprendere quella importante pagina del passato. Questa nuova edizione ampliata, mentre conferma l’impianto della prima, contiene numerosi arricchimenti documentari e un generale aggiornamento del testo, che ne rafforzano l’attualità.

Sono stati aggiunti, tra l’altro:
p. 7 Nuova introduzione, con indicazione delle motivazioni storiografiche del libro.
p. 22 “La negazione dell’intenzione”, che illustra come nel 1936-1937 il governo negò pervicacemente, all’estero, il precipitare della situazione.
p. 28 “Informazione diplomatica” n.14 del 16 febbraio 1938 prima stesura autografa.
p. 30 “Il fascismo e i problemi della razza” del 14 luglio 1938 prima stesura dattiloscritta.
p. 35 Comunicato del PNF del 25 luglio 1938 precisazione che i firmatari furono 10 e non 300.
p. 39 Articolo “Razza e percentuale” di inizio agosto 1938.
p. 44 Accordo con la Santa Sede del 16-17 agosto prima bozza autografa di Tacchi Venturi.
p. 55 Articolo “Attenti ai mali passi” del 7 settembre1938.
p. 57 Discorso di Trieste del 18 settembre 1938 ipotesi sui destinatari della polemica di Mussolini sulle “troppe cattedre”.
p. 65 “Informazione diplomatica” n. 23 del 12 ottobre 1938 prima stesura autografa.
p. 73 Decreti antiebraici del 7-10 novembre 1938 segnalazione del primo articolo del primo libro del nuovo codice civile.
p. 94 Riepilogo dei provvedimenti febbraio-settembre 1938 segnalazione delle direttive orali di fine giugno.

Alcune riproduzioni di documenti poco conosciuti:
p. 211 lo Schema di definizione razziale delle persone aventi un solo ascendente di “razza ariana” e tutti gli altri di “razza ebraica” dall’Archivio Storico della Città di Torino – riprodotto a colori in copertina per la sua particolare importanza di documento che attesta come nel 1938 il razzismo antisemita fosse tranquillamente divenuto prassi operativa quotidiana.
pp. 212-15 4 fogli della Direzione generale per la demografia e la razza di schemi di classificazione di “ebreo” e “italiano” sulla base degli ascendenti dell’autunno 1938, manoscritti, conservati a Roma nell’Archivio centrale dello Stato.

Michele Sarfatti ha pubblicato tra l’altro Gaddo e gli altri “svizzeri”. Storie della Resistenza in valle d’Aosta (Aosta, 1981); La nascita del moderno pacifismo democratico ed il “Congrès international de la paix” di Ginevra nel 1867 (Milano, 1983); Le leggi antiebraiche spiegate agli italiani di oggi (Torino, 2002); Gli ebrei nell’Italia fascista. Vicende, identità, persecuzione (nuova edizione Torino, 2007). Con Anna Sarfatti, L’albero della memoria. La Shoah raccontata ai bambini (Milano, 2013).

Dalla recensione di Giorgio Fabre, La lunga rincorsa di Mussolini antisemita, «Il Manifesto», 08.10.2017 :

«Nel maggio 1994 Michele Sarfatti pubblicava da Zamorani, editore specializzato in storia della persecuzione antiebraica, la prima edizione di Mussolini contro gli ebrei. Renzo De Felice era già malato, ma ancora attivo e dirigeva la sua rivista, «Storia contemporanea». E molto incisivo era lo stuolo dei suoi allievi, esponenti dell’establishment accademico e collaboratori di vari giornali. Mussolini contro gli ebrei metteva profondamente in crisi, soprattutto grazie alla precisione e all’incontestabilità della documentazione, le tesi dello storico del fascismo, in particolare la sua Storia degli ebrei. Era una svolta in questo campo, anche di metodo. [...] Il risultato della seconda edizione è la dimostrazione – ancor più forte di quanto si sapesse o si potesse intuire – dell’impegno antisemita di Mussolini: che, come è noto, era un lavoratore indefesso e veloce, ma fu davvero impressionante per l’attenzione e la cura con cui predispose il terreno e poi preparò le nuove leggi contro gli ebrei. [...] Il libro di Michele Sarfatti continua a restare un piccolo capolavoro della storiografia del Novecento, in una materia difficile e ancora controversa come quella delle leggi razziali. Oggi, questo campo storiografico è diventato un campo di battaglia, soprattutto per le lotte e per le carriere accademiche, e la qualità della ricerca è andata in caduta libera. È naturale che quel libro sia ancora, per molti aspetti, un modello».

Dalla recensione di Mario Avagliano su Moked ( si legge all'indirizzo http://moked.it/blog/2017/10/24/storie-mussolini-gli-ebrei/ ): "Quando nel 1994 uscì la prima edizione di Mussolini contro gli ebrei di Michele Sarfatti, lo studio contribuì a chiarire in modo esplicito i diversi passaggi attraverso i quali il capo del fascismo aveva tradotto in tragica realtà il suo esplicito intento persecutorio nei confronti degli ebrei, creando una nuova consapevolezza tra gli studiosi e nella società italiana. Esce ora, sempre per i tipi della Zamorani, la seconda edizione ampliata di quel libro (221 pagine, euro 28), che documenta e interpreta le prese di posizioni antiebraiche di Mussolini nel corso del 1938 e ricostruisce come egli giunse a definire la legislazione razzista varata tra il settembre e il novembre di quell’anno dal governo fascista con il consenso (e la firma) del re. Il saggio di Sarfatti, che si avvale di nuovi documenti e approfondimenti, è fondamentale per comprendere l’originalità della normativa razzista italiana, che non fu affatto eterodiretta dai tedeschi, ma che ebbe una sua specificità nazionale e anche una vasta base di consenso popolare."

15 x 21 cm - 221 pp. con 13 illustrazioni - ISBN 9788871582184 - 28,00 Euro

Contesti
Rivista di microstoria

Periodico semestrale
ISSN 2284-1954

Formata da un gruppo di storici per lo più giovani, «Contesti» si propone come un esperimento, un tentativo di cogliere la complessità attraverso un’analisi in profondità delle relazioni e degli scambi, spesso nascosti, fra uomini e fra istituzioni. La sua finalità è la ricostruzione di specifici contesti, non necessariamente caratterizzati dalla condivisione di uno spazio definito, ma definiti dalle connessioni, esplicite o sotterranee, di cui si può provare la pertinenza. Ispirata ai metodi della microstoria, «Contesti» intende indagare i fenomeni sociali come esito dell’interazione continua fra scelte personali e strategie politiche, meccanismi economici e circolazione di idee, sistemi culturali e comportamenti individuali. Aperta ai contributi di ogni disciplina, presenta in ogni numero, a cadenza semestrale un corpo di ricerche di prima mano, dedicate a casi di studio che spaziano tanto nel tempo quanto sotto il profilo geografico; una intervista a studiosi che hanno innovato i paradigmi dei loro rispettivi campi di studio; una sezione di discussioni incentrate su un’opera letteraria o cinematografica, o un saggio, che ha scandagliato nuove possibilità d’analisi della realtà sociale.

Created by a group of historians, Contesti is an attempt to better understand social complexity through the analysis of the oft-hidden relationships and exchanges among people, social groups and institutions. In order to address our aim, the journal aims to reconstitute contextual analyses as defined through explicit and implicit relationships whose relevance can be established. Inspired by micro-history, Contesti intends to investigate the nature and the transformation of social phenomena by putting the accent on the continual interaction between personal choices and political strategies, between economic mechanisms and the circulation of ideas, as well as between cultural systems and individual behavior. The review is open to contributions from all disciplines and is made up of three sections: original research, interviews with researchers, and discussions of literature, cinema and essays. Contesti is published twice a year.

Ai nostri lettori Al pari delle altre scienze umane, la storia ha perduto da tempo molte delle sicurezze che ne avevano accompagnato il cammino. Di conseguenza, ha visto diminuire la propria capacità di rispondere alle nuove domande che lo scorrere del tempo pone al passato dell’uomo. È come se fosse rimasta attonita di fronte all’impetuosa trasformazione dello scenario in cui viviamo da qualche decennio. La fine del comunismo, la crisi dello stato-nazione, il presunto tramonto delle ideologie, la globalizzazione, il relativismo culturale hanno messo in crisi le tradizionali gerarchie di rilevanza dello storico, e soprattutto dello storico occidentale. Il quale, oggi, sembra rimanere incerto fra due posizioni, tanto divergenti fra loro quanto sterili. Quella di chi, confondendo ciò che è successo nel passato con le immagini e le conoscenze di ciò che è successo, è rimasto intrappolato nelle sabbie mobili del postmodernismo, finendo così col legittimare qualsiasi memoria parziale e sovrapporre storia e fiction. E quella di chi, disorientato dalla comparsa sulla scena di nuovi attori che rivendicano un loro spazio e pongono domande nuove, si è rifugiato nell’ortodossia d’antan, replicando, magari in forme sempre più raffinate, modelli e procedure di analisi rassicuranti e tradizionali. Sembra dunque di essere immersi nello stadio finale di una delle fasi cicliche della storia della scienza: quella in cui, come ci ha insegnato Thomas Kuhn, si studiano tutte le possibili strade per accordare i paradigmi alla realtà, ma lo si fa in modo sempre più calligrafico. La sensazione è dunque che si continuino quasi meccanicamente ad applicare paradigmi formulati in tutt’altro contesto per rispondere a tutt’altre domande. Così facendo, però, si rischia tra l’altro di incorrere nel peggiore dei difetti della storia: l’anacronismo.
Per uscire dallo stallo, non basta certo eleggere la World History come terreno di studio privilegiato e «nuovo», perché l’allargamento della scala non fa automaticamente uscire la storia dalle secche delle generalizzazioni banali e decontestualizzate. Né serve a molto interrogarci sulla congruenza o sulle anomalie dei metodi ereditati dal passato, come si fa di norma quando i paradigmi cominciano ad apparire inadeguati. Semmai, dovremmo interrogarci sulla congruenza e l’anomalia delle domande che ci poniamo oggi, perché l’attuale crisi della storia sembra scaturire proprio dalla loro natura. Per questo motivo, anziché continuare a produrre rinfrancanti conferme della bontà dello statuto e delle procedure storiografiche vigenti, ci pare più opportuno intraprendere la via della sperimentazione, provando a porre nuovi interrogativi. È proprio questo il compito che ci proponiamo. L’idea di questa rivista non nasce dalla presunzione di indicare paradigmi inediti, ma dalla convinzione che sia indispensabile, oggi, sperimentare percorsi e metodi diversi da quelli consolidati. Ma, soprattutto, porsi altre domande. Non intendiamo tuttavia fare della sperimentazione per la sperimentazione: ovvero proporre una sorta di dadaismo storiografico. Il nostro punto di partenza si ispira piuttosto a una nozione non certo nuova nella ricerca storica: quella di contesto, avanzata con forza qualche decennio fa da Edward Palmer Thompson e poi ripresa negli studi di microstoria.
Invece che semplice cornice o sfondo nel quale collocare gli eventi, il contesto fu allora immaginato come un «luogo» non necessariamente fisico, ma principalmente relazionale: come un campo di possibilità di comunicazione e di scambio fra individui. Il contesto non era dunque dato, ma si profilava come una costruzione dello storico, come lo stesso Thompson aveva magistralmente indicato in Whigs and hunters, dimostrando la stretta correlazione fra il bracconaggio nelle foreste del Berkshire e dello Hampshire e l’emanazione nel 1723 del ‘Black Act’, una legge che comminando punizioni draconiane a difesa della proprietà privata inaugurava in pratica il passaggio dell’Inghilterra a una società capitalistica. Questo è esattamente il punto di partenza di questa rivista: riflettere sistematicamente sulla pertinenza dei contesti scelti per spiegare i fenomeni politici, sociali, economici e culturali. E dunque cercare di individuare le connessioni, esplicite o sotterranee, fra persone, fenomeni, istituzioni, indipendentemente dalla loro condivisione di uno spazio definito. Ci ripromettiamo in altri termini di indagare sulla multiforme natura dello scambio sociale, senza presupporre l’esistenza di gerarchie aprioristiche quali alto-basso, centro-periferia, locale-globale. Avviarsi in questa direzione comporta il recupero delle discussioni e delle pratiche, per noi fondamentali, della microstoria. Condividiamo infatti fino in fondo la consapevolezza che lo storico, dovendo dare risposte generali a partire dall’analisi di situazioni specifiche, debba mirare a cogliere la complessità dell’esperienza umana mediante un approccio «denso», senza per questo rinchiudersi nella dimensione del villaggio evocata da Clifford Geertz e, soprattutto, senza rinchiudersi negli steccati disciplinari.
Nel panorama ideologico attuale, fatto di generalizzazioni solo apparentemente deboli, questo compito ha anche una valenza politica. La forza del paradigma unico entro il quale il senso comune attuale pensa il mondo, spesso senza saperlo, consiste nel fatto che tutto – presente, passato, futuro – sembra potersi spiegare attraverso la lente di un mercato – come realtà economica e come metafora culturale – privo di attori e ricco di comparse che obbediscono tutte a una logica unica e senza tempo. Solo le magnifiche sorti e progressive del mercato e del capitalismo costituiscono l’ambito all’interno del quale comportamenti individuali e trasformazioni sociali vanno misurati, valutati, studiati. Ne risulta una sorta di impasse cognitiva che impedisce di pensare al di fuori di questo quadro; e quindi di proporre altri percorsi che permettano non solo di considerare lo stato attuale delle cose come uno stato transitorio, qual è, ma anche di mostrare la complessità della vicenda umana come un campo di infinite possibilità che prefigurano futuri diversi.
La rivista riposa su una convinzione ottimista: che la storia e gli storici possano riconquistare un posto centrale nello spazio intellettuale in cui si forma e si diffonde un sapere critico, proponendo le loro competenze non solo e non tanto in termini di semplici «critici delle fonti», di eruditi ferrati nel rintracciare la manipolazione dell’informazione presente e passata, o di commentatori dell’inevitabilità del presente, ma offrendo una visione del passato prossimo e remoto che provi a rispondere alla complessità delle domande poste dal presente con la complessità della ricostruzione di contesti possibili. La redazione

Dall’indice del primo numero (2014, 1):

Anna Beltrami, «Il negotio della donna inspiritata». Una congiura politica nel Piemonte del Seicento
Luciano Allegra, Le trappole della statistica. Una stima dei poveri in antico regime
Cinzia Bonato, La circolazione dell’informazione nel XVIII secolo e il successo della legge genovese sui parti illegittimi
Giorgia Beltramo, La libertà dalla memoria. Il negazionismo del Journal of Historical Review
Interviste:
Per una storia sociale dell’arte: bilanci, esperienze, prospettive. Intervista a Enrico Castelnuovo, a cura di Alessandra Giovannini Luca e Alice Pierobon
Discussioni:
Isa Mascolo, Lincoln di Steven Spielberg. L’uomo, gli uomini, la storia
Lia Viola, Epidemie locali e morali d’oltre oceano. Riflessioni a partire da un libro di Helen Epstein
Francesco Vietti, Il contesto etnografico transnazionale: potenzialità e limiti della ricerca multisituata sulle migrazioni contemporanee

Dall’indice del secondo numero (2014, 2):

Introduzione
Saggi:
Renata Ciaccio Dopo le stragi. La difesa dell’identità sociale dei calabro-valdesi fra Cinque e Seicento
Fulvia Grandizio La negoziazione dello spazio. Storia di un monastero tra Ottocento e Novecento
Davide Tabor Politica e networks. Comunicazione politica e relazioni personali in Italia tra ’800 e ’900
Interviste:
Sulla storia. Intervista con Giovanni Levi a cura di Cinzia Bonato
Discussioni:
Luciano Allegra La formula magica della storia ebraica
Ida Fazio Tempi, spazi, contesti: la storia della famiglia negli anni Dieci del XXI secolo
Barbara Mann Casa interrotta. Spazio e memoria nella trilogia sulla casa di Amos Gitai

Dall’indice del terzo numero (2015, 3):

Introduzione
Saggi:
Marco Bettassa «Voglio andar in Paradiso e farmi catolico». Conversioni valdesi
Salvatore Speziale La guerra dei saperi nell’Africa mediterranea tra la Grande epidemia e l’agonia della peste (fine XVIII-inizi XIX secolo)
Elisa Magalì Tonda Un’insolita sfilata di travetteria. Il mondo di un impiegato di metà Ottocento
Interviste:
Il cinema, la storia e la testimonianza. Intervista a Marco Bechis a cura di Davide Tabor
Discussioni:
Gadi Luzzatto Voghera Una casa nel ghetto
Samira Salimi Teheran, città di bugie?

Dall’indice del quarto numero (2015, 4):

Introduzione
Saggi:
Marta Angela Maria Fabio La seta compra il grano. La sussistenza in una comunità siciliana nel Settecento
Massimiliano Franco Una stagione all’inferno: delinquenti, spostati, barabba. Una forma di devianza di fine Ottocento
Davide Pellegrino Sotto il segno del notabilato. Il radicamento territoriale della Democrazia Cristiana in Salento nel dopoguerra
Interviste:
Parole, persone, incontri e luoghi: il giornalismo tra esperienza e rac-conto. Intervista a Domenico Quirico a cura di Davide Tabor
Discussioni:
Luciano Allegra Non tutto è perduto
Alessandra Giovannini Luca La vita delle fotografie. In margine al catalogo della mostra “Regards sur les ghettos”

 

Dall’indice del quinto numero (2016, 5):

Introduzione
Saggi:
Meital Shai Villa Grimani Molin Avezzù at Fratta Polesine. A research course towards its architectural and pictorial attribution
Luciano Allegra Un caso di epidemiologia storica. Torino nel Settecento
Ilaria Giacalone«Three or four families in a country village»: Jane Austen, dal network al romanzo
Interviste:
Ricostruire i fatti: il mestiere di giudice e il rapporto con la storia Intervista a Gherardo Colombo a cura di Davide Tabor
Discussioni:
Cinzia Bonato La storia dell’assistenza ritorna alle origini?
Emanuele Fantini La guerra in fuoristrada. Sul racconto degli interventi umanitari nel film "A perfect day"

Direttore: Davide Tabor
Comitato di redazione: Daniela Adorni, Luciano Allegra, Cinzia Bonato, Monica Martinat, Davide Tabor
Segreteria di redazione: Cinzia Bonato

Comitato scientifico

Jean-Louis Briquet – Université Paris 1 Panthéon-Sorbonne
Ida Fazio – Università di Palermo
Carlo Ginzburg – Scuola Normale Superiore Pisa
Giovanni Levi – Università di Venezia
Vanessa Maher – Università di Verona
Cecilia Pennacini – Università di Torino
Edward Muir – Northwestern University
Guido Ruggiero – University of Miami
Francesca Trivellato – Yale University

Primo numero aprile 2014 15 x 21 cm - 208 pp. - ISBN 9788871582078
Secondo numero novembre 2014 15 x 21 cm - 200 pp. - ISBN 9788871582085
Terzo numero luglio 2015 15 x 21 cm - 229 pp. - ISBN 9788871582108
Quarto numero dicembre 2015 15 x 21 cm - 192 pp. - ISBN 9788871582160
Quinto numero giugno 2016 15 x 21 cm - 226 pp. - ISBN 9788871582191

Fascicolo singolo:
Italia:         € 25,00 (privati)
                  € 30,00 (istituzioni)
Estero:       € 32,00 (privati)
                  € 38,00 (istituzioni)

Abbonamento annuo:
Italia:         € 45,00 (privati)
                  € 50,00 (istituzioni)
Estero:       € 60,00 (privati)
                  € 75,00 (istituzioni)

Per abbonarsi alla rivista alle condizioni indicate sopra si può indirizzare richiesta, con tutti i dati per essere contattati e quelli necessari per la registrazione (nominativo se per privato / denominazione e dati fiscali se l’abbonamento sarà intestato a istituzione - ente, biblioteca, centro ricerca ecc. – e recapito a cui inviare i fascicoli) utilizzando
- lettera a Silvio Zamorani editore, corso San Maurizio 25 10124 Torino
- fax al numero 011 8126144
- messaggio di posta elettronica a info@zamorani.com
Verranno indicati nella risposta i dati bancari del conto per il relativo pagamento.

Luciano Allegra

Identità in bilico

Il ghetto ebraico di Torino nel Settecento

«Rabbino Salomone, io sono ebreo, ebreo vivrò e ebreo morirò... Venite per pietà... non voglio farmi cristiano» (lettera scritta da Abramo Diena, rinchiuso nell’Ospizio dei catecumeni, 1767).

Questo libro parla di ebrei, di quei pochi che uscirono o furono costretti ad uscire dal ghetto e dei più che vi rimasero. L’autore delinea le traiettorie che condussero alla perdita dell’identità religiosa per alcuni (dalle spinte alla conversione, ai battesimi forzati, all’istituzione dell’Ospizio dei catecumeni) e ricostruisce i meccanismi di coesione che reggevano l’assetto comunitario, tenendone insieme i membri (trasmissione dei patrimoni attraverso doti ed eredità, gestione dei banchi, consumi e distribuzione della ricchezza ecc.). Le appendici raccolgono una notevole mole di dati sulla composizione dei patrimoni (beni di consumo, vestiario, libri) e un glossario dei termini dialettali.

Luciano Allegra insegna Storia Moderna alla Facoltà di Lettere dell’Università di Torino. Per l’editore Zamorani ha pubblicato i saggiLa ketubbah: ricchezza e limiti di una fonte e La famiglia ebraica torinese nell’Ottocento: le spie di una integrazione sociale nel volume Il matrimonio ebraico. Le ketubbot dell’Archivio Terracini, a cura di Micaela Vitale (1997), e Gli aguzzini di Mimo. Storie di ordinario collaborazionismo (1943-45) (2010). Ha curato Una lunga presenza. Studi sulla popolazione ebraica italiana (2006).

15 x 21 cm - 344 pp. - ISBN 88-7158-050-8 - Euro 28,00

Luciano Allegra (a cura di)
Una lunga presenza
Studi sulla popolazione ebraica italiana
Gli studi qui raccolti sono nati all’interno di un progetto di individuazione e catalogazione delle fonti demografiche relative agli insediamenti ebraici in Italia. La presenza degli ebrei nella penisola, costante da più di duemila anni, ha lasciato molte testimonianze, tanto artistiche quanto documentarie: una disseminazione di tracce che la persecuzione degli anni ’30-40 del Novecento non è riuscita miracolosamente né a distruggere né a disperdere, come è invece avvenuto nella maggior parte degli altri paesi europei. Dei molteplici usi che si potrebbero fare della banca dati raccolta i saggi di questo volume vogliono offrire alcuni esempi.
Nel primo, Claudia Colletta mostra come i cognomi ebraici possano essere sfruttati con ottimi risultati non solo nel settore di studi dell’onomastica, ma anche in quello della storia degli insediamenti e delle migrazioni. La mappatura dei cognomi e la cronologia della loro comparsa consentono infatti di meglio definire la composizione sociale delle comunità e di capire la natura degli apporti al loro popolamento.
Agnese Cuccia affronta uno dei nodi centrali della demografia ebraica dei secoli passati: la tesi che li ha identificati fra i precursori del declino della fecondità. Sulla base dell’analisi di una grandissima quantità di dati, derivanti da censimenti e da una paziente ricostruzione delle famiglie, ne prova la fragilità, giungendo anzi a dimostrare come in molti casi si verifichi l’esatto contrario: ovvero un sensibile incremento della natalità a partire dai primi decenni del XIX secolo. Ma il saggio mostra anche come sia impossibile attribuire agli ebrei un modello univoco di comportamento demografico.
Cristina Zuccaro ricostruisce in profondità la storia demografica di una piccola comunità piemontese, Asti, fra Sette e Ottocento, ma dimostra in modo esemplare come le dinamiche di ogni insediamento possano essere comprese solo ponendole in stretta relazione con quelle delle altre comunità.
Nell’ultimo saggio, Luciano Allegra tratta un aspetto ancora poco conosciuto dei ghetti italiani, la struttura socio-professionale degli abitanti, facendo vedere come gli spettri occupazionali varino molto da luogo a luogo e rimandino, piuttosto che a comuni presunte “propensioni” degli ebrei, a rapporti di profonda osmosi con i contesti nei quali le comunità si trovavano inserite. Ne emerge un quadro che sfata uno dei luoghi comuni più radicati del pregiudizio antiebraico: la supposta importanza delle professioni legate all’attività creditizia.
Luciano Allegra insegna Storia Moderna alla Facoltà di Lettere dell’Università di Torino. Per l’editore Zamorani ha pubblicato i saggi La ketubbah: ricchezza e limiti di una fonte e La famiglia ebraica torinese nell’Ottocento: le spie di una integrazione sociale nel volume Il matrimonio ebraico. Le ketubbot dell’Archivio Terracini, a cura di Micaela Vitale (1997), e i volumi Identità in bilico. Il ghetto ebraico di Torino nel Settecento (1996) e Gli aguzzini di Mimo. Storie di ordinario collaborazionismo (1943-45) (2010).
Claudia Colletta si occupa di storia dell’ebraismo in Italia durante l’età moderna, con particolare attenzione agli insediamenti ebraici marchigiani e all’applicazione della politica delle conversioni nello Stato della Chiesa. Ha pubblicato diversi articoli e il volume La comunità tollerata. Aspetti di vita materiale del ghetto di Pesaro dal 1631 al 1860. Giornalista pubblicista, attualmente è dottoranda presso la Scuola Superiore di Studi Storici dell’Università di San Marino.
Agnese Maria Cuccia è assegnista di ricerca presso il Dipartimento di Storia dell’Università di Torino. Risulta attualmente impegnata in due distinti progetti di ricerca: il primo sugli usi delle doti femminili nell’Italia del Settecento e il secondo sulle reti e i circuiti commerciali fra Italia e Francia nei primi decenni dell’Ottocento.
Rori Mancino, archivista storico-scientifico, è specializzata in interventi sugli archivi storici d’impresa (Credito Italiano, Telecom, Enel, Fiat, Olivetti, società Autostrade) e sugli archivi storici delle comunità ebraiche piemontesi.
Cristina Zuccaro ha studiato lo sviluppo demografico e la condizione sociale degli ebrei piemontesi fra Sette e Ottocento. Attualmente svolge la professione di archivista e lavora al Centro Internazionale di Studi “Primo Levi” di Torino.
Recensione all'indirizzo: http://www.carocci.it//files/recensioni/incontro%20agosto.pdf
15 x 21 cm - 259 pp. - ISBN 88-7158-166-8 - Euro 28,00
Luciano Allegra
Gli aguzzini di Mimo
Storie di ordinario collaborazionismo (1933-45)
All’alba di un giorno d’inverno del 1945, un corpo crivellato di colpi di mitra viene ritrovato fra la neve in una delle piazze principali di Torino. È quello di un giovane, alto e benvestito, che reca nel volto tumefatto segni di sevizie efferate. Si chiamava Francesco Pinardi, come si scoprirà poco dopo, ma per i suoi cari era più semplicemente “Mimo”, lo stesso nome di battaglia con cui era conosciuto nel movimento di Liberazione. Di solida famiglia borghese, Mimo, che aveva già ultimato gli studi alla Normale di Pisa, era accompagnato dalla fama di enfant prodige. Una fama ben meritata. La sua biografia rispecchia infatti un percorso eccezionale, per quanto breve, ma mostra nello stesso tempo come potesse maturare, nell’Italia degli anni trenta, una coscienza critica nei confronti del regime fascista. Mimo venne ucciso da un commando di militi, una delle tante bande criminali della Repubblica di Salò, perché trovato in possesso di alcuni volantini e perché non volle tradire. Fu vittima di una violenza feroce e gratuita, la stessa che migliaia di italiani ebbero a subire in quei duri mesi.Questo clima di violenza, di disgregazione del vivere civile e del comune sentire viene qui ricostruito attraverso l’intreccio di centinaia di altre storie: le storie della guerra civile nel Piemonte del 1943-45. Non sono storie di scontri armati, ma episodi di ordinario collaborazionismo nei quali la vena ideologica, il credo fascista, giocava sì, ma in sottofondo. Li accomunano piuttosto la meschinità e il sopruso, il tradimento e il desiderio di prevaricazione, la disumanità e la viltà. Un movente però prevale nettamente su ogni sentimento: il tornaconto personale. Non c’è collaborazionista che non sembri agire se non per interesse: lucrare, arraffare, mettere in tasca, fare carriera, fare le scarpe a qualcuno. Riaffiora dunque, senza infingimenti, l’Italia del malaffare: una Italia molto più vecchia di Salò e del fascismo stesso. Una Italia antica, insofferente delle regole e ignara dei diritti, nella quale lo stretto rapporto fra criminalità e politica è solo lo specchio di una violenza radicata nelle relazioni sociali.
Luciano Allegra insegna Storia Moderna nell’Università di Torino. Ha pubblicato fra l’altro: La nascita della storia sociale in Francia. Dalla Comune alle “Annales”, (Torino, 1977, con Angelo Torre); Ricerche sulla cultura del clero in Piemonte (Torino, 1978); Il parroco: un mediatore fra alta e bassa cultura, in Annali della storia d’Italia (Torino, 1981); La città verticale. Usurai, mercanti e tessitori nella Chieri del Cinquecento (Milano, 1987); con la Silvio Zamorani editore ha pubblicato anche Identità in bilico. Il ghetto ebraico di Torino nel Settecento (1996) e curato il volume Una lunga presenza. Studi sulla popolazione ebraica italiana (2006); ha contribuito con i saggi La ketubbah: ricchezza e limiti di una fonte e La famiglia ebraica torinese nell’Ottocento: le spie di una integrazione sociale al volume Il matrimonio ebraico. Le ketubbot dell’Archivio Terracini, a cura di Micaela Vitale (1997).
Recensioni agli indirizzi:
http://www.officinadellastoria.info/index.php?option=com_content&view=article&id=285:recensione-gli-aguzzini-di-mimo-storie-di-ordinario-collaborazionismo-1943-45&catid=66:tra-le-due-guerre&Itemid=92
http://www.recensio.net/rezensionen/zeitschriften/il-mestiere-di-storico/2011/1/gli-aguzzini-di-mimo

http://www.sissco.it/index.php?id=1293&tx_wfqbe_pi1%5Bidrecensione%5D=4563

http://www.sissco.it/recensione-annale/luciano-allegra-gli-aguzzini-di-mimo-storie-di-ordinario-collaborazionismo-1943-1945-2010/


cm 15 x 21 - 340 pp. - ISBN 88-7158-179-8 - Euro 36,00
PATRIMONIO CULTURALE ARABO CRISTIANO
Yahya al-Antaki
Cronache dell’Egitto fatimide e dell’impero bizantino (937-1033)
a cura di Bartolomeo Pirone
Queste Cronache – dall’anno 937, regno del califfo al-Radi, alla fine dell’imperatore Romano Argiro nel 1033 – propongono un’attenta registrazione di eventi in cui di dimenano le comunità diverse, con le loro istituzioni politiche e religiose, con le loro credenze, dogmi e tradizioni, con i loro luoghi di culto, festività e usanze, nella geografia delle loro città e villaggi, dei loro mari e fiumi, chiese e moschee, monasteri e fortezze, coltivazioni e dimore.
Dall’Egitto e dal Maghrib fatimidi, abbracciando le alterne vicende della Grande Siria e dell’Iraq governati da dinastie arabe o arabizzate, l’Antiocheno ripropone le tormentate relazioni dell’Islam con il cristiano mondo bizantino, non tralasciando, tuttavia, le speranze storiche di altri stati nascenti, quali la Bulgaria e la Russia di allora, dandoci un’opera che per la storiografia del tempo costituisce una delle fonti più significative del patrimonio arabo-cristiano.
Bartolomeo Pirone insegna Lingua e letteratura araba presso la Facoltà di lettere e filosofia dell’Istituto Orientale di Napoli. Si interessa di letteratura araba contemporanea e soprattutto di ricerche su manoscritti arabo-cristiani. Tanto sul primo che sul secondo campo di interesse ha pubblicato numerosi articoli. Ha curato, tra l’altro, l’edizione italiana degli Annali di Eutichio (Gerusalemme - Il Cairo 1987), nonché l’edizione araba e italiana della Vita di santo Stefano Sabaita di Leonzio di Damasco (Gerusalemme - Il Cairo 1991).

 

 

 

 

14,3 x 23 cm - 399 pp. - Euro 30,00

COLLANA DEL DIPARTIMENTO DI STORIA DELL’UNIVERSITÀ DI TORINO

Mara Anastasia

Interessi di bottega. I piccoli commercianti italiani nella crisi dello Stato liberale 1919-1926

Prefazione di Gian Carlo Jocteau

Quale peso hanno avuto le classi medie nell’ascesa al potere del fascismo? Quali insoddisfazioni, tensioni e problemi hanno attraversato questi significativi settori sociali ed economici all’indomani della prima guerra mondiale? In quale modo le associazioni della piccola borghesia autonoma hanno organizzato gli interessi delle categorie e contrattato il consenso nella difficile fase di trapasso dallo Stato liberale al regime fascista? Il libro cerca di rispondere a queste domande, attraverso un’analitica e originale indagine su uno dei protagonisti più controversi di quella fase storica, i commercianti al dettaglio, la cui adesione al fascismo è stata a lungo considerata scontata e persino naturale. Uno stereotipo che questa ricerca contribuisce a smontare, discutendo al contrario il ricco e complesso panorama delle trasformazioni, richieste, mentalità e rapporti con le altre classi che investirono e caratterizzarono i piccoli commercianti italiani nell’immediato dopoguerra.

Mara Anastasia è dottore di ricerca in Storia delle società contemporane». È stata borsista della Fondazione Luigi Einaudi e assegnista di ricerca presso il Dipartimento di storia dell’Università di Torino. Ha curato il volume Vittorio Emanuele Giuntella, lo storico, il testimone (Milano, 1999) ed è autrice di saggi sulla storia dei piccoli commercianti e dell’alimentazione e sulla storia sociale ed economica di Torino in età contemporanea.

Recensione: http://www.sissco.it/recensione-annale/mara-anastasia-interessi-di-bottega-i-piccoli-commercianti-italiani-nella-crisi-dello-stato-liberale-1919-1926-2007/

15 x 21 cm - 222 pp. - ISBN 9788871581453 - Euro 22,00

COLLANA DELL’ARCHIVIO EBRAICO BENVENUTO E ALESSANDRO TERRACINI
Gloria Arbib - Giorgio Secchi
Italiani insieme agli altri. Ebrei nella Resistenza in Piemonte 1943-1945
Prefazione di Alberto Cavaglion
Gli ebrei italiani, usciti dai ghetti grazie ai moti del Risorgimento, conquistati i diritti di cittadinanza nel Regno d’Italia, furono un’altra volta esclusi dalla comunità nazionale con le leggi antiebraiche del ’38; dichiarati nemici dello Stato dalla Repubblica Sociale, braccati dai fascisti e dai nazisti impegnati a realizzare la “soluzione finale”, dopo l’8 settembre non avevano molte scelte: fuggire, arrendersi alla deportazione e allo sterminio o combattere.
Questo libro, attraverso documenti ufficiali e testimonianze raccolte in colloqui con i sopravvissuti, ricostruisce e rende onore alla storia di quasi duecento ebrei che risiedevano o si erano trovati a vivere in Piemonte. Uomini e donne che in quei giorni presero i sentieri verso le montagne, in varie zone della Regione, per combattere e riaffermare il loro senso di appartenenza all’Italia.
Nel volume, dopo un ampio saggio di inquadramento storico sui rapporti degli ebrei italiani con lo Stato unitario prima e con il fascismo poi, fino alla promulgazione delle leggi razziali del 1938 e alla persecuzione antiebraica, si analizza l’adesione all’antifascismo e alla Resistenza dedicando una serie di approfonditi paragrafi alle diverse zone operative del Piemonte e della Valle d’Aosta, con le testimonianze – spesso raccolte direttamente dagli autori nel corso della loro ricerca – di oltre cento ebrei partigiani operanti nella regione tra l’autunno del 1943 e la primavera del 1945; seguono le schede biografiche di tutti gli altri nominativi individuati, una cronologia degli avvenimenti del periodo della Resistenza e la relativa bibliografia.
Recensione all’indirizzo: http://www.sissco.it/index.php?id=1293&tx_wfqbe_pi1%5Bidrecensione%5D=4824
15 x 21 cm - 248 pp. - ISBN 9788871581873 - Euro 26,00
Giorgina Arian Levi
Isacco Levi. La religione del cuore
«È difficile essere ebrei, recita il ben noto proverbio. Essere ebrei della provincia Granda... è scomodo, ma forse anche divertente. Degli ebrei piemontesi che conosco ho sempre pensato che Isacco fosse quello più sorridente nell’animo, il meno depresso» (A. Cavaglion).
I ricordi di Isacco Levi, qui raccolti da Giorgina Arian Levi, rappresentano uno spaccato della vita ebraica torinese di un tempo.
12 x 17 cm - 112 pp. - ISBN 88-7158-045-1 - Euro 10,00

Bruno Avataneo

Le ossa affaticate di Salomon Castelletti
Storia di una famiglia di ebrei mantovani

Come si legge nella Prefazione di Alberto Cavaglion «questo non è un libro di memorie» anche se è costruito sulla memoria: «gli antenati, una volta si sarebbe detto “i maggiori”, Avataneo è andato a cercarseli, scavando nelle carte e insieme nei ricordi d’infanzia. La ragione che lo ha mosso non ha niente a che fare con la scrittura di sé. Se mai ci troviamo davanti a una “autobiografia riflessa”, fondata su una rigorosa ricerca archivistica. È a suo modo un (copioso) diario intimo compilato con voci (e carte) altrui, “per interposte (e assai numerose) persone”. “Fantasmi ritrovati”, per fedeltà a se stesso e al racconto della propria vita».
L’autore non rinuncia tuttavia a puntellare le storie ricomposte con le suggestioni che lo hanno accompagnato nel suo percorso esistenziale, a partire dal “non detto” in famiglia.
Viene percorsa così nelle pagine del volume la trama plurisecolare dei Castelletti, immersa nella vita di una città: Mantova, con le sue acque, la sua umidità, le sue nebbie, la sua meravigliosa storia ebraica. Una vicenda che inizia con alcuni documenti della seconda metà del Cinquecento – alcuni con riferimenti alla prima parte del secolo – in cui si trovano i nomi dei primi appartenenti alla famiglia: Moise, Benedetto, Gentilhomo, Daniel e si dipana negli anni tra successi e insuccessi, fatti storici e della vita di ogni giorno che coinvolgono i suoi tanti protagonisti, all’interno di una comunità che sperimentò alcuni secoli di relativa tranquillità (i Gonzaga durante il loro dominio intrattennero buoni rapporti con i loro sudditi ebrei; situazione che perdurò quando Mantova passò a far parte dell’Impero degli Asburgo), visse le speranze del Risorgimento, la crescita economica e civile durante i primi decenni dello Stato unitario per poi dover affrontare il crescente antiebraismo fascista e la tragedia delle deportazioni verso la Shoah.

Bruno Avataneo è nato nel 1951 a Torino e vive da molto tempo, con la sua famiglia, a Cuneo. Ha lavorato a lungo nel settore della formazione professionale e si è dedicato negli ultimi anni a ricerche storiche sulla sua famiglia materna di origine, i Castelletti, e più in generale sulla presenza ebraica a Mantova nel corso dei secoli.

15 x 21 cm - 226 pp. - 28 figure nel testo - ISBN 9788871582399 - 28,00 Euro

COLLANA DEL DIPARTIMENTO DI STORIA DELL’UNIVERSITÀ DI TORINO
Fiammetta Balestracci
La Prussia tra reazione e rivoluzione 1918-1920
La riorganizzazione degli interessi agricoli tra esperienze consiliari e modelli corporativi
Alla fine della prima guerra mondiale nelle campagne prussiane si liberarono le tensioni, le paure e i risentimenti accumulati in quattro anni di privazioni. Un ceto contadino economicamente prostrato dalla guerra venne coinvolto in un movimento di consigli che si estese dalla Renania alla Prussia orientale e che regionalmente si definì in base ai rapporti di forza locali. Ad essere coinvolti di volta in volta furono l’amministrazione locale, le autorità militari, un potente ceto agrario e i rivoluzionari consigli degli operai e dei soldati. In particolare del movimento consiliare delle campagne cercarono di servirsi sia la grande proprietà terriera, per dare vita a un fronte agrario, sia i rivoluzionari consigli delle città, per indebolire il potere dei latifondisti prussiani nelle contee agricole.
Fiammetta Balestracci, dottore di ricerca in Storia contemporanea. si è specializzata in storia della Germania, occupandosi di società agraria prussiana e storia dell’editoria tedesca. Ha condotto inoltre alcuni studi sulla storia del Pci. Ha lavorato per una ricerca promossa dal Dipartimento di Storia dell’Università di Torino sulla deportazione dall’Italia nei campi di concentramento della Germania nazista. Di recente pubblicazione Militanti e vita di base del Pci: il partito delle sezioni 1945-1989, in B. Maida (a cura di), Alla ricerca della simmetria. Il Pci a Torino 1945/1991, Torino, 2004; Rastrellamenti e deportazione nell’Italia occupata 1943-1945, in Il libro dei deportati, a cura di N. Tranfaglia e B. Mantelli, vol. 5, Milano, 2011.
15 x 21 cm - 266 pp. - ISBN 88-7158-128-8 - Euro 24,00

LABORATORIO DI STUDI STORICI SUL PIEMONTE E GLI STATI SABAUDI

Paola Bianchi e Luisa Clotilde Gentile (a cura di)

L’affermarsi della corte sabauda

Dinastie, poteri, élites in Piemonte e Savoia fra tardo medioevo e prima età moderna

La corte posta al centro di questo volume non riveste il ruolo di puro palcoscenico dell’apparenza, ma acquista lo spessore di un’istituzione del vivere politico e sociale. Il contesto è quello della formazione dello Stato principesco, secondo strategie che furono insieme europee e italiane. Il libro analizza, cioè, i processi di aggregazione e ridefinizione dei rapporti fra poteri ed élites negli spazi savoiardi e subalpini, utilizzando la dimensione curiale come prisma significativo. La periodizzazione esce dagli schemi convenzionali, puntando a far dialogare i secoli del tardo Medioevo e della prima età moderna. La Contea, poi Ducato di Savoia, l’appannaggio piemontese dei Savoia-Acaia, i Marchesati di Saluzzo e di Monferrato, la dominazione degli Orléans ad Asti costituiscono i fulcri della prima parte del volume. La seconda si concentra sui territori che tra XV e XVII secolo assistettero alla progressiva attrazione esercitata dalla corte dei Savoia, in una realtà ancora assai dinamica fra le province subalpine. Esempi di fedeltà variabili e bifronti strette con Stati vicini rendono conto della complessità delle reti di relazione costruite intorno a un potere sovrano e ai suoi cerimoniali di corte. I rapporti dinastici e diplomatici hanno inoltre suggerito di allargare l’orizzonte di studio al confronto con alcuni modelli curiali stranieri. La prospettiva di lunga durata ha consentito, così, non solo di seguire trasformazioni importanti nei rituali, ma di ricollocare in una giusta luce figure di principi a lungo rimaste in ombra o scarsamente valutate. A Guglielmo IX di Monferrato, a Ludovico II marchese di Saluzzo e a Carlo II di Savoia il libro dedica, non a caso, un certo spazio e rilievo. L’analisi dei rapporti tra aristocrazie e principe, svolta sulla base di puntuali riscontri prosopografici, supera infine alcuni luoghi comuni, consolidati dalla storiografia dinastica e sopravvissuti, spesso un po’ acriticamente, fino a oggi.

Nel libro:

Renato Bordone - Andrea Merlotti Premessa sulla collana

Parte prima: Luisa Clotilde Gentile Il tardo Medioevo Guido Castelnuovo "A la court et au service de nostre prince": l’hôtel de Savoie et ses métiers à la fin du Moyen Âge Luisa Clotilde Gentile Il cerimoniale come linguaggio politico nelle corti di Savoia, Acaia, Saluzzo e Monferrato Eva Pibiri Être reçu à cour: l’accueil des ambassadeurs étrangers par les ducs Amédée VIII et Louis de Savoie Laurent Ripart Du Cygne noir au Collier de Savoie: genèse d’un ordre monarchique de chevalerie (milieu XIVe - début XVe siècle) Simonetta Castronovo Artisti, artigiani e cantieri alla corte dei conti di Savoia tra Amedeo V e Amedeo VII Christian Guilleré Le financement de la cour savoyarde du milieu du XIIIe siècle au début du XVe: essai de typologie des dépenses de cour Giulia Scarcia Élites del territorio piemontese e corte sabauda fra XIV e XV secolo Pierre Lafargue Les élites chambériennes et la cour de Savoie (XVe siècle) Renato Bordone - Donatella Gnetti Cortesia, corti, cortigiani: Asti all’autunno del Medioevo

Parte seconda: Paola Bianchi La prima età moderna Andrea Merlotti Disciplinamento e contrattazione. Dinastia, nobiltà e corte nel Piemonte sabaudo da Carlo II alla Guerra civile Pierpaolo Merlin La struttura istituzionale della corte sabauda fra cinque e seicento Paola Bianchi Una riserva di fedeltà. I bastardi dei Savoia fra esercito, diplomazia e cariche curiali Paolo Cozzo Il clero di corte nel Ducato di Savoia fra XVI e XVII secolo Frédéric Meyer Les évêques de Savoie et la cour (XVIe - XVIIe siècles) María José del Río Barredo El viaje de los príncipes de Saboya a la corte de Felipe III (1603-1606) Franco Angiolini Medici e Savoia. Contese per la precedenza e rivalità di rango in età moderna Blythe Alice Raviola Servitori bifronti. La nobiltà del Monferrato fra Casale, Mantova e TorinoTomaso Ricardi di Netro Servir due principi. Giacomo Piossasco de Feys tra le corti dei Farnese e dei Savoia

Tavole genealogiche

Indice dei nomi

«Corti e principi fra Piemonte e Savoia», 1

15 x 21 cm - 576 pp., con 8 alberi genealogici, 17 tavole f.t. a colori e illustrazioni in b/n - ISBN 88-7158-140-7 - Euro 48,00

 

LABORATORIO DI STUDI STORICI SUL PIEMONTE E GLI STATI SABAUDI
Paola Bianchi e Andrea Merlotti (a cura di)

Le strategie dellapparenza

Cerimoniali, politica e società alla corte dei Savoia in età moderna

Oggetto dei saggi raccolti in questo volume sono i cerimoniali della corte sabauda in età moderna e la riflessione sul loro uso politico e senso sociale. Un viaggio all’interno di una delle più antiche corti d’Europa, cui solo da qualche anno la storiografia ha iniziato a dedicare l’attenzione che merita. La prospettiva interdisciplinare non solo storica, ma storico-architettonica e storico-musicale, consente di aprire una serie di comparaisons indispensabili per comprendere un deposito simbolico e rituale lontano dal lessico contemporaneo, eppure profondamente legato al passato delle diverse aree statuali e nazionali. Il termine «apparenza» che compare nel titolo va inteso, cioè, non nel significato odierno più comune (manifestazione esteriore che non rispecchia la realtà di cose o persone), bensì in relazione al valore sostanziale assegnato dalla cultura d’antico regime alla forma, al modo di apparire in funzione dello status rivestito. Apparenza, dunque, come esteriorità regolata da norme di vario genere e condizionata da «strategie» a un tempo convenzionali e politiche, perciò duttili. I battesimi, i matrimoni, i funerali, i baciamani, l’incoronazione regale del 1713-1714 costituiscono l’oggetto dei saggi, che ricostruiscono non solo i momenti delle cerimonie, ma le lunghe fasi di preparazione nonché gli sviluppi di tali eventi. Attenzione particolare è stata posta ai luoghi dei rituali (il Palazzo Reale, la Cappella, il Teatro Regio) e ad alcuni cerimoniali che caratterizzavano e rendevano nota la corte sabauda nei circuiti internazionali (le battute di caccia al cervo nelle residenze che circondavano la capitale). L’etichetta e la rigidità, che tanta letteratura ha attribuito alla corte torinese, vanno interpretate, quindi, nel tempo e negli spazi entro i quali la vita curiale si svolgeva. Lo studio dei cerimoniali in un arco temporale lungo permette, in tal senso, di riflettere anche sulla complessità del rapporto pubblico/privato in antico regime: la discontinua, non omogenea creazione di ambiti privati nella vita della corte sabauda convisse, nel corso dell’età moderna, con precise e tenaci forme di esternazione e di rappresentazione pubblica dei cerimoniali. La svolta della Restaurazione avrebbe posto anche ai Savoia il problema di aggiornare la propria cultura curiale per rispondere alla progressiva crisi dell’istituto monarchico.

Nel volume:

Paola Bianchi - Andrea Merlotti, Introduzione

Thalia Brero, Le baptême des enfants princiers (XVe et XVIe siècles)
Paola Bianchi, Politica matrimoniale e rituali fra Cinque e Settecento
Paolo Cozzo, «Con lugubre armonia». Le pratiche funerarie in età moderna
Andrea Merlotti, Una «muta fedeltà»: le cerimonie di baciamano fra Sei e Ottocento
Tomaso Ricardi Di Netro, Il duca diventa re. Cerimonie di corte per l’assunzione del titolo regio (1713-1714)
Paolo Cornaglia, Il teatro della corte e del cerimoniale: il Palazzo Reale di Torino
Annarita Colturato, Musica e cerimoniale nel Settecento
Pietro Passerin d’Entrèves, Il cerimoniale della caccia al cervo

“Corti e principi fra Piemonte e Savoia”, 3

15 x 21 cm - 240 pp. + 32 tavole f.t. a colori - ISBN 9788871581828 - Euro 36,00

LABORATORIO DI STUDI STORICI SUL PIEMONTE E GLI STATI SABAUDI

Paola Bianchi e Pietro Passerin d’Entrèves (a cura di)

La caccia nello Stato sabaudo
I, Caccia e cultura (secc. XVI-XVIII)

«Quel cavalier ch’ardirà di affrontare gl’animali più fieri ne’ boschi non temerà nei campi di battaglia l’incontro de’ più feroci nemici, sicché possiam concludere che la guerra sia veramente l’arte de’ principi e che la caccia al cervo ne sia la maestra».

Le parole di Amedeo di Castellamonte, scritte nel 1672 nel trattato dedicato a Venaria Reale, «palazzo di piacere e di caccia», evidenziano il ruolo riconosciuto all’arte venatoria nella cultura d’antico regime. Non è casuale che in uno Stato come quello sabaudo la dinastia abbia costruito sul binomio caccia-guerra tanta parte della rappresentazione del proprio potere. Il volume ricostruisce alcuni dei tratti più caratteristici delle espressioni letterarie, artistiche, musicali, architettoniche di un lessico dinastico e politico che era costituito da elementi peculiari, ma che era anche legato a esperienze europee diffuse, come dimostrano in particolare i contributi dedicati alla vénerie e alla chasse royale. La caccia come metafora della guerra, dunque, come esercizio propedeutico per i ceti dirigenti e per i principi, ma anche come criterio di organizzazione dei ranghi di corte e come espressione di un loisir che riservava alla componente equestre un’attenzione non priva di echi sul piano degli scambi commerciali e diplomatici. Sono tutti aspetti affrontati nei saggi contenuti nel volume, che sposano due intenti essenziali di questa collana: sfruttare l’interdisciplinarietà degli approcci e offrire una prospettiva di lungo periodo, necessaria per misurarsi con le dinamiche complesse della società di corte. Intorno alla caccia, che sotto il ducato di Carlo Emanuele II diventò emblema totalizzante dell’apparato iconografico e iconologico concepito per la Reggia di Venaria, fiorirono un codice retorico e un dispiegarsi di cerimoniali, declinati nelle varie residenze, che consentono di seguire lo svolgersi dell’intero antico regime. Nell’Ottocento il declino dell’apparato delle chasses royales e il tramonto della caccia al cervo come momento celebrativo di eventi pubblici avrebbero lasciato il posto a figure di «re cacciatori» ormai lontane dai rituali dei secoli precedenti, segno di una trasformazione dei gusti e della cultura che erano anche frutto di mutate condizioni sociali e di una diversa gestione del territorio.

Indice

Paola BIANCHI - Pietro PASSERIN D’ENTRÈVES
Introduzione

Caccia e cultura curiale

Paola BIANCHI La caccia nell’educazione del gentiluomo. Il caso sabaudo (sec. XVI-XVIII)
Giovanni BARBERI SQUAROTTI La caccia nella letteratura della corte sabauda
PIETRO PASSERIN D’ENTRÈVES Trattati sulla caccia nel Piemonte sabaudo


Caccia, corte e cavalli

Andrea MERLOTTI Il gran cacciatore di Savoia nel XVIII secolo
Paolo CORNAGLIA Architetture equestri: la Cavallerizza di Palazzo Reale e le scuderie di Venaria
Mario GENNERO La rimonta nella scuderia sabauda del Sei-Settecento
Blythe Alice RAVIOLA «A caval donato…». Regali e scambi di destrieri fra le corti di Torino, Mantova e Vienna (secc. XVI-XVII)

Caccia, feste e cerimonie

Franca VARALLO Il tema della caccia nelle feste sabaude nei secoli XVI e XVII
Francesco BLANCHETTI Scene di caccia nel teatro in musica alla corte sabauda tra Sei e Settecento
Giorgio MARINELLO Territorio di caccia: tra rituali di chasse à courre e vénerie royale

Caccia e arte

Clelia ARNALDI DI BALME Jan Miel e la serie delle Cacce per la Reggia di Venaria
Danilo COMINO I ritratti equestri della Sala di Diana alla Reggia di Venaria Reale

Indice dei nomi

 

Introduzione di Paola Bianchi e Pietro Passerin d’Entrèves Saggi di: Clelia Arnaldi di Balme, Giovanni Barberi Squarotti, Paola Bianchi, Francesco Blanchetti, Danilo Comino, Paolo Cornaglia, Mario Gennero, Giorgio Marinello, Andrea Merlotti, Pietro Passerin d’Entrèves, Blythe Alice Raviola, Franca Varallo.

«Corti e principi fra Piemonte e Savoia», 4

15 x 21 cm - 240 pp. 49 tavole f.t. a colori - ISBN 9788871581842 - Euro 36,00

LABORATORIO DI STUDI STORICI SUL PIEMONTE E GLI STATI SABAUDI

Paola Bianchi e Pietro Passerin d’Entrèves (a cura di)

La caccia nello Stato sabaudo
II, Pratiche e spazi (secc. XVI-XIX)

Il volume segue a una precedente raccolta di saggi, dedicati a Caccia e cultura nello Stato sabaudo (secc. XVI-XVIII), in cui il tema venatorio era stato affrontato con attenzione al contesto storico, letterario e artistico: la caccia era stata intesa, in particolare, come metafora della guerra, strumento di governo, oggetto di raffigurazione artistica e rituale ricco di significati nella società dei gentiluomini e degli «uomini di qualità». In questo secondo volume l’obiettivo sulle «cacce reali» nei territori sabaudi si sposta cronologicamente, arrivando a comprendere il secolo XIX, con l’intento di riflettere sulle pratiche e sul rapporto con il territorio. La dimensione storica entra, così, in dialogo stretto con gli spunti offerti anche dall’archeologia, dalla geografia umana, dalla storia del diritto, oltre che dalla storia dell’arte attenta all’uso concreto dei manufatti. Per approfondire il discorso sulle pratiche, per cogliere cioè peculiarità e ricorrenze, è stata dedicata una sezione ad alcuni confronti nel lungo periodo nella dimensione degli antichi Stati italiani: in particolare con gli spazi estensi, medicei e borbonici.

Indice

Paola BIANCHI Premessa

Pratiche e territorio

Pietro PASSERIN D’ENTRÈVES Dalla vénerie royale alle riserve di montagna. Tecniche e uso dello spazio
Anna Maria PIOLETTI Spazi e luoghi delle cacce reali
Davide DE FRANCO La caccia in Altessano Superiore: partecipazione della comunità e mutamenti negli assetti economici e sociali del territorio
Fulvio CERVINI La caccia rappresentata. Armi di lusso per la corte sabauda
Mario GENNERO Il cavallo da caccia: razze e tipologie
Roberta CEVASCO, Anna Maria STAGNO, Robert A. HEARN Archeologia del lupo. Controllo delle risorse animali nella montagna ligure del XIX secolo

Giurisdizioni

Federico Alessandro GORIA «Venatio est cuilibet permissa de iure gentium». La regolamentazione della caccia nella dottrina del tardo diritto comune
Vittorio DEFABIANI La «Misura Reale»: territori e caccia
Alviero SISTRI I distretti riservati di caccia nei dintorni di Torino nel corso del Settecento

Confronti italiani

Enrica GUERRA La caccia nel territorio estense tra pratica e legislazione nel XV secolo
Stefano CALONACI Nello specchio di Diana. La corte e la riforma della caccia nella Toscana di Cosimo III
Domenico CECERE Cacce reali e cacce baronali nel Mezzogiorno borbonico

Indice dei nomi

Saggi di: Paola Bianchi, Stefano Calonaci, Domenico Cecere, Fulvio Cervini, Roberta Cevasco, Vittorio Defabiani, Davide De Franco, Mario Gennero, Federico Goria, Enrica Guerra, Robert A. Hearn, Pietro Passerin d'Entrèves, Anna Maria Pioletti, Alviero Sistri, Anna Maria Stagno.

«Corti e principi fra Piemonte e Savoia», 5

15 x 21 cm - 200 pp., 44 tavole f.t. a colori - ISBN 9788871581910 - Euro 36,00

COLLANA DEL DIPARTIMENTO DI STORIA DELL’UNIVERSITÀ DI TORINO
Paola Bianchi
Onore e mestiere. Le riforme militari nel Piemonte del Settecento
L’etica cavalleresca di ascendenza medievale attraversò profonde trasformazioni nei primi secoli dell’età moderna, parallelamente alla crescente burocratizzazione e commercializzazione della guerra. Con il Settecento il mestiere delle armi, soprattutto quello degli ufficiali, iniziò a configurarsi secondo più evidenti criteri di professionalizzazione e d’istruzione. Affrontando i nodi complessi della dialettica tra inerzie e mutamenti, questo libro si propone di collocare il caso sabaudo in un contesto di riforme, analizzando i tempi della politica e i modi delle sue realizzazioni. Lo studio dell’organizzazione dei ranghi, del procedere delle carriere, del mutare dei percorsi di formazione consente, in tal senso, di scomporre vecchi stereotipi della storiografia in divisa, leggendo l’“eccezione piemontese” non solo rispetto al panorama degli antichi Stati italiani, ma a confronto con altre esperienze di riforma in Europa.
«... two points of special merit should be emphasized: first Dr Bianchi’s alertness to cultural issues... second (and a particular mark of originality) her insistence of placing Piedmontese military development in a European context... Her book enriches our understanding of the one Italian state to create viable military institutions in the last century of the old regime, and breaks decisively with the one-dimensional historiography that so long obscured the understanding of it»
(Geoffrey Simcox, “Journal of Modern Italian Studies”, 3, VIII, 2003)
Paola Bianchi è ricercatrice di Storia moderna presso l’Università della Valle d’Aosta. Studiosa dello Stato sabaudo, si occupa di storia militare e di rapporti fra le corti europee nel Sei e Settecento. Fa parte del Comitato scientifico di «Guerra e pace in età moderna. Annali di storia militare europea», editi da Franco Angeli, di cui ha curato, con Enrico Stumpo e D. Maffi, il primo volume: Italiani al servizio straniero in età moderna (2008). Con Andrea Merlotti è autrice di Cuneo in età moderna. Città e Stato nel Piemonte d’antico regime (Milano, 2002). Fra le curatele: Gioco, società e culture in Europa e in Italia fra Sette e Ottocento (con A. Merlotti, Alessandria, 2001); Il Piemonte come eccezione? Riflessioni sulla «Piedmontese exception» (Torino, 2008). Per Zamorani ha curato, con Luisa Clotilde Gentile, L’affermarsi della corte sabauda. Dinastie, poteri, élites in Piemonte e Savoia fra tardo Medioevo e prima età moderna (2006); con Andrea Merlotti Le strategie dell’apparenza. Cerimoniali, politica e società alla corte dei Savoia in età moderna (2010) e con Pietro Passerin d’Entrèves La caccia nello Stato sabaudo. I, Caccia e cultura (secc. XVI-XVIII) (2010).
15 21 cm - 340 pp. ISBN 88-7158-103-2 - Euro 25,00

COLLANA DEL DIPARTIMENTO DI STORIA DELL’UNIVERSITÀ DI TORINO

Anna Domizia Bianco

Aqua ducta, aqua distributa. La gestione delle risorse idriche in età romana

Gli acquedotti, annoverati tra le più alte manifestazioni della antica civiltà romana, capolavori di architettura che da sempre colpiscono studiosi e viaggiatori, costituiscono la parte visibile di un complesso sistema di approvvigionamento che, sviluppatosi a partire dal IV secolo a.C. con la costruzione del primo acquedotto nella città di Roma, raggiunse in età imperiale un livello qualitativo eguagliato soltanto in tempi moderni.
Meno conosciuta, ma altrettanto evoluta, è la parte invisibile di questo sistema, rappresentata da un articolato complesso di strutture organizzative e di meccanismi operativi, di responsabilità politiche e amministrative, di disciplina dei finanziamenti, di norme civili e penali, finalizzato ad assicurare una efficace distribuzione delle acque e a sanzionare i comportamenti illeciti. La cura aquarum richiedeva l’impiego di risorse umane, tecnologiche e finanziarie che presupponevano a loro volta un’accurata definizione dei compiti: è questo il campo di indagine della ricerca oggetto del presente volume, che affronta il tema in un’ottica originale, cogliendo anche le implicazioni socio-economiche e politico-istituzionali che dall’amministrazione idrica derivavano nella società romana e inserendosi nel dibattito di pressante attualità indotto dalle inquietanti prospettive di carenza di acqua nel mondo.

Anna Domizia Bianco si è laureata in Storia romana presso l’Università di Torino e ha conseguito il titolo di dottore di ricerca in Storia antica presso l’Università di Firenze. È stata borsista della Fondazione Crt occupandosi di culti e religione romana nella Cisalpina occidentale. Cultrice di Storia romana, collabora alle attività di ricerca dell’Ateneo torinese, dedicandosi in particolare alla storia sociale, all’uso dei documenti nella storiografia latina, alla comunicazione politica nella società imperiale e, ultimamente, alla legittimazione dell’uso della violenza nel rapporto tra Romani e barbari.

15 x 21 cm - 270 pp. - ISBN 97888-7158-184-4 - Euro 24,00

"Contesti" 3
Cinzia Bonato
Molto più che pazienti. L’ospedale di Pammatone e la popolazione della Repubblica di Genova nel XVIII secolo
Attraverso lo studio dell’Ospedale Maggiore di Genova, Pammatone, e dei suoi assistiti, questo libro parla della complessa relazione esistente tra gli istituti assistenziali di età moderna e la popolazione che vi si rivolgeva. Essa era composta da un’ampia e intensa gamma di scambi: da una parte l’istituto erogava cure e risorse materiali, professionali, culturali, ma dall’altra era proprio l’ampio consenso concesso dalla popolazione a legittimare il suo potere, e a consentirgli di esercitare una funzione cruciale di controllo sociale attraverso la sua magistratura, la sola a potersi incuneare nei recessi più intimi della vita della gente. Le migliaia di cause criminali aperte, soprattutto quelle concernenti il parto illegittimo, e la ricca documentazione riguardante le doti delle “figlie di casa”, le esposte allevate a spese del nosocomio, ci restituiscono uno spaccato vivo dei rapporti di lavoro, delle relazioni affettive e delle mille strategie di sopravvivenza di una città d’antico regime e del suo contado. Attraverso i verbali degli interrogatori è inoltre possibile ricostruire i diversi contesti in cui si svolgeva l’attività lavorativa degli assistiti. Riusciamo così a cogliere la composizione del variegato mondo di relazioni in cui essi erano coinvolti e la diversità dei loro comportamenti, insieme con le più disparate modalità con le quali gli individui si avvicinavano all’ospedale per usufruire delle sue risorse.
Dall’indice generale:
Prefazione di Luciano Allegra
Introduzione
Parte prima Le persone in ospedale
Capitolo primo. Le radici dell’istituzione
Parte seconda La duplice natura dell’assistenza. Contesti professionali e legami con le attività di Pammatone
Capitolo primo. Il quadro sociale
Capitolo secondo. Cogliere un’opportunità. Il parto illegittimo e la legge del 1481
Capitolo terzo. A proposito di rapporti ambivalenti. Gli esposti
Parte terza Controllo sociale e competenza giudiziaria
Capitolo primo. L’autorità giudiziaria di Pammatone
Epilogo. Un tema classico, un nuovo modello per analizzarlo
Appendice. La legge del 1481
Indice dei nomi

Cinzia Bonato è dottoressa di ricerca in storia moderna. I suoi interessi spaziano tra la storia sociale e quelle dell’assistenza, della criminalità, della povertà e del lavoro. Fa parte del comitato di redazione di «Contesti. Rivista di microstoria».Tra le sue pubblicazioni: L’assistenza come risorsa. Il caso genovese (2009); Una riflessione sulla categoria “generazione”. La rinegoziazione del concetto di onore a Genova nel XVIII secolo (2013); La circolazione dell’informazione nel XVIII secolo e il successo della legge genovese sui parti illegittimi (2014); Des familles aux institutions d’assistance médicale : parcours volontaires, parcours obligés (Gênes, XVIIIe siècle) (2014); Sulla storia. Intervista con Giovanni Levi (2014); Le locande della solidarietà (Genova, XVIII secolo) (2015); Dal documento al racconto. La storia tra attività scientifica e divulgazione (2015).
15 x 21 cm - 246 pp. - 12 cartine - ISBN 9788871582122 - Euro 28,00

PATRIMONIO CULTURALE ARABO CRISTIANO

Emanuela Braida - Chiara Pelissetti (a cura di)

Storia di Rawh al-Qurashi

Un discendente di Maometto che scelse di diventare cristiano

Prefazione di Fabrizio Angelo Pennacchietti

Nel panorama dellagiografia orientale, soprattutto quella in lingua araba, la Passione di S. Antonio Neomartire ovvero di S. Rawh al-Qurashi occupa un posto del tutto singolare. Primo, perché non si presenta come la consueta leggenda edificante dall’intreccio fantastico, bensì come la cronaca sobria ed essenziale, ma nello stesso tempo circostanziata e attendibile, della conversione e del martirio di un personaggio della cui storicità non si può dubitare. Secondo, per la rilevanza e leccezionalità del protagonista della Passione, che è addirittura un quraishita, un rappresentante cioè della nobile stirpe meccana a cui apparteneva lo stesso Muhammad, il profeta dellIslam. Di S. Antonio Neomartire si tramanda infatti che fu un cugino del califfo abbaside Harun al-Rashid, e che si convertì al cristianesimo nel 799, pronunciò i voti come monaco e affrontò eroicamente il martirio lo stesso anno, venendo decapitato per ordine del suo illustre parente.
Questo volume offre la prima edizione italiana della passione di S. Antonio Neomartire assieme a unaccurata e convincente ricostruzione della vicenda sotto il profilo storico, geografico e culturale e con una analisi critica dei rapporti che intercorrono tra questo testo e altri racconti agiografici del cristianesimo orientale.

Emanuela Braida, laureata in Lingua e letteratura araba presso lUniversità di Torino con una tesi sulle versioni cristiane arabe e siriache della Leggenda del Teschio Redivivo. Ha proseguito lo studio della lingua araba presso lIstituto Bourghiba dell’Università di Tunisi. Si occupa di testi manoscritti in lingua neo-aramaica. Nel 2008 ha conseguito il dottorato di ricerca in Semitistica-Arabistica presso lUniversità di Pisa con una tesi su Le annotazioni garšuni nei manoscritti siriaci.
Chiara Pelissetti, laureata in Lingua e letteratura araba presso lUniversità di Torino con una tesi relativa alla versione araba della Leggenda siriaca di Mar Behnam. Ha approfondito lo studio della lingua araba presso lIstituto Bourguiba dell’Università di Tunisi e presso lUniversité Lumière II di Lione.

14,3 x 23 cm - 148 pp. - ISBN 8871580958 - Euro 16,00

Pierluigi Briganti
Il contributo militare degli ebrei italiani alla Grande Guerra 1915-1918
Prefazione di F. Levi, nota tecnica di G. Rochat
“Negli eserciti europei del 1914 gli ebrei erano accettati come soldati, ma come ufficiali erano sottoposti a limitazioni e discriminazioni variabili. Soltanto nell’esercito e nella marina italiana erano accolti senza riserve; dalle pagine di Pierluigi Briganti emerge che le poche diecine di migliaia di ebrei italiani davano più generali e ammiragli, in cifre assolute, delle centinaia di migliaia e milioni di ebrei degli altri stati europei. Una libertà che fa onore alle forze armate dell’Italia liberale; e trova riscontro nella partecipazione ebraica alla Prima guerra mondiale, straordinaria per il numero di ufficiali in rapporto ai militari mobilitati.
Questa partecipazione è il tema principale del volume, che Briganti documenta prima con l’utilizzazione di tutte le fonti note, poi con ricerche di grande accuratezza nelle direzioni più diverse, dai monumenti agli archivi, sempre descritti in modo esemplare.”
Dalla Nota tecnica di Giorgio Rochat
“Ci avrebbe poi pensato Mussolini a reinventare da par suo l’identità ebraica con le leggi persecutorie emanate a partire dal 1938. In quel contesto, imponendo un marchio di inferiorità e di infamia a tanti che pure non avevano esitato a dimostrare sui campi di battaglia la propria lealtà verso la nazione, avrebbe anche creato le condizioni per rendere nuovamente riconoscibile anche per il passato un gruppo altrimenti destinato ad essere, per chi ne studia la storia, sempre meno circoscrivibile. Non è un caso infatti che la ricerca di Pierluigi Briganti si concluda proprio con una disamina delle carte che descrivono il trattamento riservato dal fascismo ai reduci ebrei della prima guerra mondiale, contribuendo in tal modo a farci vedere anche sotto la luce livida e sinistra proiettata dai persecutori un episodio vissuto viceversa dai protagonisti come un’occasione di orgogliosa affermazione di sé.”
Dalla Prefazione di Fabio Levi
15 x 21 cm - 392 pp. - ISBN 9788871581682 - Euro 36,00
Sonia Brunetti - Fabio Levi (a cura di)
C’era una volta la guerra. Racconti e immagini degli anni 1935-1945
Questo libro che vuole essere un libro di storia, ma un po’ diverso da quelli su cui normalmente si studia a scuola, seguendo nella sua struttura le svolte della seconda guerra mondiale, racconta come quel terribile cataclisma sconvolse la vita di milioni di persone. I protagonisti delle vicende descritte sono i nonni che hanno raccontato le loro esperienze degli anni di guerra ai nipoti, nella scuola ebraica di Torino. Il lettore potrà, lasciandosi guidare dalla curiosità, avventurarsi fra i testi e le molte immagini che li illustrano e ascoltare una sorta di coro a più voci che si alternano nel descrivere i tanti episodi significativi, tanti momenti cruciali della vita di ognuno e di tutti.
Recensione all’indirizzo: www.jstor.org/stable/41287531

196 pp., interamente illustrato - ISBN 88-7158-108-3 - 15,00
Marco Buttino e Alessandra Rognoni (a cura di)
Cecenia. Una guerra e una pacificazione violenta
Nel crollo del regime sovietico, la Cecenia intraprende la via dell’indipendenza da Mosca. La Russia manda carri armati e aeroplani, è l’inizio della guerra. Da allora ad oggi, la Russia ha riconquistato la repubblica ribelle e ha favorito la formazione di un’autorità politica locale a cui ha affidato una pacificazione violenta. Oggi la Russia pare uscita da una lunga crisi, ha ricostruito un potere forte nello stato e pretende di ottenere nuovamente un’area di influenza attorno ai propri confini. L’analisi della vicenda cecena suggerisce un ragionamento sulle dinamiche delle violenze, sui modi e sulla legittimità del separatismo, sulla costruzione della mobilitazione nazionale, sugli usi politici dell’Islam, sul terrorismo. Oggi attorno alla periferia meridionale della Russia vi sono nuovamente aspre contese, dal Caucaso alla Crimea. Il caso ceceno è al centro di questo ordine discusso ed è dalla Cecenia che si può partire per comprendere le ragioni e le possibili dinamiche dei conflitti attuali.
Il libro raccoglie saggi di autori di varie provenienze che analizzano gli aspetti storici, politici, sociali, culturali, giuridici dei conflitti che hanno nel corso degli ultimi decenni interessato la Cecenia; presenta inoltre una serie di interviste a persone coinvolte ed è illustrato con le fotografie di Heidi Bradner e Dima Belyakov.
Nel libro:
Marco Buttino Introduzione Alessandra Rognoni Cecenia 1989-1992: la memoria della deportazione Georgi M. Derlughian Dalla rivoluzione alla guerra Matthew Evangelista Le guerre Mairbek Vatchagaev Il fattore ceceno nel movimento di resistenza del Nord Caucaso Aleksandr Cherkasov La Cecenia oggi, tra la guerra e la pace Giovanni Bensi I Kadyrov tra due fronti Svetlana Gannushkina La Russia è grande, ma non vi è un luogo dove rifugiarsi Alexis Berelowitch I russi e le due guerre in Cecenia Anna Zafesova La guerra in Cecenia attraverso lo sguardo dei media russi Lidiya Yusupova La Corte Europea dei Diritti dell’Uomo: una speranza di giustizia Ludovica Poli Le violazioni dei diritti fondamentali in Cecenia al vaglio della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo Alessandra Rognoni Voci dal Caucaso. Interviste
Bibliografia
Cronologia a cura di
Alessandra Rognoni
Marco Buttino
Professore di Storia dell’Europa orientale e dell’Asia centrale all’Università di Torino. Ha pubblicato vari saggi sull’Urss e sull’Asia centrale. È autore di La rivoluzione capovolta, L’Asia centrale tra il crollo dell’impero zarista e la formazione dell’Urss, Napoli, 2003.
Alessandra Rognoni
Ha conseguito il titolo di Dottore di ricerca in slavistica all’Università di Torino; specialista di storia del Caucaso, è autrice di vari articoli sulla storia della Cecenia.
cm 17 x 24 - pp. 224 + 48 di tavole fuori testo a colori con 85 fotografie e una cartina - ISBN 88-7158-158-3 - Euro 24,00

Silvana Calvo

A un passo dalla salvezza. La politica svizzera di respingimento degli ebrei durante le persecuzioni 1933-1945

Prefazione di Fabio Levi

 

PREMIO INTERNAZIONALE VITTORIO FOA 2014

( http://www.premiovittoriofoa.it/ http://www.premiovittoriofoa.it/vincitori.pdf )

Dalla Prefazione:

aspetto essenziale di questo libro, il quale, non a caso, non pone al centro gli atti di rifiuto e di mancata solidarietà, ma viceversa un episodio di apertura spontanea e di slancio amorevole: quello di un gruppo di ragazze di seconda superiore che da Rorschach, la loro cittadina posta sul confine con la Germania, scrissero al Consiglio Federale – il governo svizzero – per sollecitarlo con forza ad adottare una politica meno restrittiva nei confronti dei profughi ebrei. In questa prospettiva, senza sottovalutare le inaudite difficoltà, il senso di profonda impotenza o la pavidità di chi allora dovette misurarsi con l’immensa tragedia degli ebrei – insomma i diversi aspetti dell’estremo divario di cui dicevamo –, il problema si sposta: il confronto è fra chi andò incontro alla sofferenza degli altri, i suoi pensieri, le sue motivazioni e le sue azioni concrete, e dall’altra parte chi invece fece di tutto, con altre motivazioni e altri pensieri, per sprangare la propria porta.

Se la si guarda a partire dall’iniziativa delle ragazzine di Rorschach, una simile alternativa può apparire a prima vista troppo drastica e semplificata: che senso ha – si potrebbe obiettare – comparare una paginetta sottoscritta da venti quattordicenni e le immense responsabilità di un governo impegnato a garantire la sopravvivenza del proprio paese nel pieno di una guerra mondiale? La prima risposta possibile non è tuttavia meno elementare e sta nella reazione abnorme di quello stesso governo, nella persona del suo ministro per la sicurezza interna von Steiger, che non esitò a trasformare quella breve letterina in una vera questione di Stato.

Non è qui il caso di raccontare oltre i dettagli della vicenda, togliendo al lettore il gusto di farsi prendere dalle pagine di Silvana Calvo. Si può però accennare al fatto che quella lettera esprimeva un atteggiamento largamente diffuso nel paese, capace in molti casi di dare luogo ad atti concreti di solidarietà nei confronti dei profughi, spesso in evidente violazione delle disposizioni emanate dalle autorità. A parlare e ad agire non erano solo ragazzine indignate per come una singola famiglia di ebrei era stata maltrattata al confine e riconsegnata nelle mani dei tedeschi. A contravvenire alle leggi che imponevano i respingimenti c’erano anche poliziotti, diplomatici, esponenti dei governi cantonali, autorità preposte a vari livelli alla sicurezza del paese: certo una ristrettissima minoranza, per di più bersagliata dalla repressione, ma una minoranza in grado di produrre atti di immediata efficacia, in poche parole di salvare delle vite e, con questo, di impensierire gravemente le autorità.” Fabio Levi

 

Punto di partenza e perno del libro è una lettera inviata il 7 settembre 1942 dalle scolare della 2.C della Sekundarschule di Rorschach al governo svizzero. In essa le ragazzine facevano osservare alle autorità che respingere i profughi ebrei nelle mani dei tedeschi, ossia ributtare “come bestie oltre la frontiera questi miseri esseri infreddoliti e tremanti”, significava mandarli incontro “a morte sicura”. Per questo motivo supplicavano il Consiglio Federale di cambiare atteggiamento e di accogliere quei “poverissimi senza patria”. Il racconto è strutturato secondo tre filoni principali.
In primo luogo viene ripercorsa la vicenda della lettera. L’effetto che essa suscitò a Palazzo Federale, la reazione del Consigliere Federale Eduard von Steiger il quale non esitò a trasformare quel breve scritto in una “questione di Stato” aprendo consultazioni con colleghi di governo e con parlamentari autorevoli nonché interpellando il Ministero pubblico della Confederazione in vista di punire un docente della classe sospettato di essere stato l’istigatore della lettera. Segue poi l’inchiesta scolastica con relativo interrogatorio del docente e della ragazze.
Per contestualizzare la vicenda viene analizzata la situazione della Svizzera negli anni dal 1933 al 1945: la minaccia per il Paese derivante dalla presenza ai propri confini di regimi totalitari ed espansionisti, quali la Germania e l’Italia, e il pericolo per la coesione nazionale rappresentato dalle teorie razziste che, se avessero prevalso, avrebbero potuto costituire una forza centrifuga tale da indurre le diverse componenti etnico linguistiche a lasciarsi attrarre dai paesi limitrofi per ricongiungersi alla loro cosiddetta “comunità del sangue”. Vi è poi l’esame dei provvedimenti adottati per fronteggiare la situazione: la neutralità e la politica economica per lunghi periodi subalterne alla Germania, le reazioni dei vari soggetti istituzionali e sociali e le aggregazioni sorte all’interno del paese, taluna per perorare la causa della difesa ad oltranza e talaltra per chiedere adattamento e sottomissione alle esigenze dei tedeschi. Questo avveniva mentre veniva promosso un pregante “elvetismo” patriottico nell’ambito della “Difesa spirituale del paese”. Quest’ultima non era però così univoca come generalmente si pensa: essa infatti aveva due anime una nazionalista ed una etica. L’una preconizzava chiusura ed esclusione verso l’esterno, l’altra voleva promuovere valori morali di solidarietà ritenuti fondamenti dello spirito e della tradizione della Svizzera.
L’aspetto più importante che viene trattato nel libro è la politica di asilo della Confederazione nei confronti dei profughi, soprattutto degli ebrei che cercavano scampo dal nazismo. Vengono dunque ripercorse le tappe di questa politica dal 1933 al 1945. Mediante documenti quali protocolli di sedute del governo, rapporti di funzionari del Dipartimento di Giustizia e Polizia e Circolari di istruzioni inviate da Berna ai Cantoni, agli organi di frontiera e alle rappresentanze svizzere all’estero, si cerca di mostrare in quale modo e con quali mezzi tale politica è stata realizzata e quali furono le argomentazioni a monte delle decisioni adottate che portarono ad un’accoglienza estremamente limitata in confronto alla tragica situazione che ci si trovava di fronte.
In appendice vengono analizzate le cifre fornite dalle varie fonti (il Rapporto Ludwig, le Tabelle di Guido Koller, il Rapporto Bergier e il Rapporto Jezler) in vista di chiarire nel limite del possibile le dimensioni e la distribuzione nel tempo dell’accoglienza dei profughi dal 1938 al 1945.

Silvana Calvo si occupa di razzismo e antisemitismo nel Novecento e in particolare di Shoah, della situazione degli ebrei in Svizzera e di stampa ed antisemitismo; ha pubblicato 1938 Anno infame, Antisemitismo e profughi nella stampa ticinese, Bologna, 2005.

Recensione all’indirizzo: http://marioavagliano.blogspot.it/2011/10/un-passo-dalla-salvezza-la-politica.html

15 x 21 cm - 288 pp., con 8 tavole f.t. e 2 cartine - ISBN 9789971581712 - Euro 28,00

COLLANA DEL DIPARTIMENTO DI STORIA DELL’UNIVERSITÀ DI TORINO

Rosa Canosa

Etnogenesi normanne e identità variabili

Il retroterra culturale dei Normanni d’Italia fra Scandinavia e Normandia

«Questo libro ha carattere sperimentale: è il tentativo, riuscito, di applicare a un argomento articolato (e bassomedievale) categorie che la medievistica degli ultimi vent’anni ha collaudato per lo studio dei popoli altomedievali […]. Le pagine di Canosa fanno un uso avvertito e prudente delle categorie aggiornate. Ma senza di esse non ci sarebbe stato il passaggio, qui utilissimo, dal singolare al plurale di alcuni concetti: non l’etnogenesi, ma “le” etnogenesi, non un’identità forte e stabile, ma identità variabili […]. L’angolo d’osservazione principale è certamente la presenza normanna nel sud dell’Italia, nella quale l’autrice ha cercato tracce sia della provenienza dal nord della Francia sia di eventuali e per lo più nascoste “memorie nordiche”. Ma i sondaggi hanno potuto giovarsi delle comparazioni con le altre due regioni dell’insediamento normanno, la Normandia e l’Inghilterra, con una rigorosa avvertenza metodologica: tener conto, cioè, dei tempi successivi e diversi dell’insediamento; e anche dei caratteri peculiari degli incontri fra popoli e tradizioni istituzionali in ciascuna di quelle realtà. Come il lettore potrà constatare, non ne deriva una completa diluizione della nozione di Normannitas, bensì una sua complessa articolazione».
(dalla prefazione di Giuseppe Sergi)

Rosa Canosa, dottore di ricerca in studi storici, fa parte del Centro di Ricerca sulle Istituzioni e le Società Medievali. Attualmente partecipa al progetto di ricerca su “Mobilità e radicamenti di nobili, mercanti e intellettuali fra Mediterraneo ed Europa centrale” presso il Dipartimento di Storia dell’Università di Torino.

15 x 21 cm - 189 pp. - ISBN 9788871581705 - Euro 24,00

Annalisa Capristo
L’espulsione degli ebrei dalle accademie italiane
«Delle Accademie, degli Istituti e delle Associazioni di scienze, lettere ed arti non possono far parte persone di razza ebraica». dal R.D.L. 15 novembre 1938, n. 1779
Con questa ed altre disposizioni il ministero dell’Educazione nazionale dimostrò di voler effettivamente attuare nel settore di propria competenza «un’arianizzazione che può essere definita totalitaria», come indicato da Giuseppe Bottai, eliminando gli ebrei da tutti i centri di produzione intellettuale e di trasmissione culturale che dipendevano dal suo dicastero. Questo libro analizza l’espulsione degli ebrei, a partire dalla documentazione del censimento razzista effettuato da ciascuna accademia nel secondo semestre del 1938. Ma il censimento riguardò tutti gli accademici, anche quelli «di razza ariana». Nel libro si parla anche di questi: del pronto accorrere di molti a proclamarsi talora assolutamente cattolici e talora fieramente «ariani», del rifiuto silenzioso di alcuni di partecipare all’operazione di censimento, individuata come il primo atto della persecuzione e non come un precedente neutro di essa, dell’unica contestazione esplicita del carattere persecutorio del censimento rintracciata tra le risposte degli accademici non ebrei.
Annalisa Capristo, laureata in Filosofia, è stata borsista presso l’Istituto italiano per gli studi storici di Napoli e l’Accademia nazionale dei Lincei. Sul tema della persecuzione antiebraica ha pubblicato nella «Rassegna mensile di Israel» i saggi La Commissione per lo studio dei problemi della razza istituita presso la Reale Accademia d’Italia (1997) e L’esclusione degli ebrei dall’Accademia d’Italia (2001). Lavora come bibliotecaria presso il Centro Studi Americani di Roma.
Recensione e scheda alle pagine
www.jstor.org/stable/41287588
http://www.sissco.it/index.php?id=1293&tx_wfqbe_pi1%5Bidrecensione%5D=697
http://www.cisui.unibo.it/rec/156.htm
cm 15 x 21 - XVI-408 pp. - ISBN 88-7158-101-6 - Euro 28,00
Giuliana, Marisa e Gabriella Cardosi
Sul confine. La questione dei «matrimoni misti» durante la persecuzione antiebraica (1935-1945)
La politica razziale nazista e fascista si trovò di fronte al problema dei “misti”, gli ebrei sposati ad “ariani” e i loro discendenti: tracciare una netta linea di separazione, come cercarono di fare i teorici della razza, si rivelò impresa difficile, che investiva aspetti giuridici, economici, politici e religiosi. La questione dei matrimoni misti assunse caratteristiche peculiari nei diversi paesi d’Europa: alle incertezze nella legiferazione corrispose la diversità della sorte di ciascuno dei perseguitati, in relazione al momento, al luogo e all’autorità che lo identificò. Anche la reazione, o la passività, dell’opinione pubblica ebbe un peso rilevante, in Germania e nei territori occupati. La vastità del complesso piano di distruzione nazista finì col toccare anche quelli che si credevano al sicuro, sia pure sulla linea di confine che distingueva chi era degno o no di vivere.
Il libro affronta la questione sotto due punti di vista: le testimonianze di chi fu direttamente coinvolto e gli aspetti legislativi e normativi, in Italia, in Germania e nei paesi occupati.
Giuliana, Marisa e Gabriella Cardosi hanno svolto una lunga attività di ricerca in archivi e biblioteche in Italia e all’estero; hanno pubblicato Das Problem der “Mischehen” während der Rassenverfolgung in Italien. 1938-1945, Darmstadt 1985 e La giustizia negata. Clara Pirani, nostra madre, vittima delle leggi razziali (Varese, 2005).
Seconda edizione aggiornata
15 x 21 cm - XXXII-297 pp. - ISBN 9788871581415 - Euro 28,00
COLLANA DEL DIPARTIMENTO DI STORIA DELL’UNIVERSITÀ DI TORINO
Filippo Carlà
L’oro nella tarda antichità: aspetti economici e sociali
La tarda antichità è spesso descritta come una “età dell’oro”, intendendo con questa espressione che il sistema monetario dei secoli IV-VII si sarebbe strutturato soprattutto sulle coniazioni nel metallo più prezioso, attraverso cioè un vero e proprio “ancoramento all’oro” dell’intera struttura economica e dei prezzi. Il solido, moneta introdotta da Costantino, diventa così uno dei simboli per eccellenza del tardo Impero romano. Questo volume mira ad analizzare e approfondire in maniera sistematica gli aspetti sociali, economici e amministrativi legati alla produzione, alla diffusione e alla circolazione della valuta aurea, il suo statuto legale, il rapporto con le altre specie monetali, in riferimento alle attività finanziarie e alle tecniche contabili. Lo studio della moneta fornisce una serie di dati essenziali per una più ampia comprensione della struttura della società tardoantica e del potere d’acquisto dei diversi strati sociali e suggerisce importanti riflessioni sul trapasso istituzionale dall’Impero romano a quello bizantino e ai regni romano-germanici dell’Europa occidentale.
Filippo Carlà è dottore di ricerca in Scienze dell’Antichità. Dopo gli studi nelle Università di Torino e di Udine ha collaborato, come cultore di Storia romana e borsista, con l’Università di Torino. Ha svolto attività di ricerca presso la Ruprecht-Karls-Universität di Heidelberg; attualmente è Juniorprofessor all'Historisches Seminar della Johannes Gutenberg-Universität, Mainz. Ha pubblicato numerosi articoli in riviste e volumi italiani e stranieri. I suoi interessi di ricerca si incentrano in particolare sulla storia economica e monetaria del mondo antico, sulla storia sociale di Roma e sulla recezione dell’antico nella letteratura e nelle arti in età moderna e contemporanea.
15 x 21 cm - 558 pp. - ISBN 9788871581644 - Euro 36,00

Alessandro Carrieri

Lagermusik e resistenza. Viktor Ullmann e Gideon Klein a Theresienstadt

La città fortezza di Theresienstadt (Terezín in ceco), a pochi chilometri da Praga, divenne un ghetto-lager nazista dal 1941 al 1945. Esistette con una doppia finalità: da un lato fu istituito per rinchiudervi gli ebrei del Protettorato di Boemia e Moravia e successivamente quelli del Reich, e dall’altro fu sfruttato come strumento di propaganda da mostrare alla comunità internazionale, rappresentando positivamente la vita e le condizioni degli ebrei deportati. Al suo interno si svilupparono attività artistiche e musicali, stimolate dalla presenza di numerosi artisti e musicisti tra i più geniali d’Europa.
Questo libro si incentra sul concetto di resistenza e opposizione culturale e politica al regime hitleriano attraverso l’analisi musicale di alcune composizioni create a Theresienstadt. I due musicisti presi in considerazione sono Viktor Ullmann e Gideon Klein; sono state analizzate in particolare la Sonata per pianoforte di Gideon Klein e le Sonate n. 5 e n. 6 per pianoforte e l’opera Der Kaiser von Atlantis oder die Tod-Verweigerung (L’Imperatore di Atlantide ovvero il rifiuto della Morte) di Viktor Ullmann. Si è cercato così di indagare i significati delle scelte estetiche dei due compositori, in modo da cogliervi il pensiero filosofico e il messaggio di resistenza culturale e politica.
Dopo l’Introduzione il libro è diviso in tre capitoli (I. L’azione resistenziale artistica degli ebrei a Theresienstadt; II. Le Sonate n° 5 op. 45 e n° 6 op. 49 di Viktor Ullmann e la Sonata di Gideon Klein; III. Per un’ermeneutica simbolica dell’opera Der Kaiser von Atlantis oder die Tod-Verweigerung di Viktor Ullmann su libretto di Peter Kein); seguono le Conclusioni, in allegato le riproduzioni di vari documenti (manifesti di concerti, pagine degli spartiti) dell’attività musicale a Theresienstadt, un’ampia bibliografia aggiornata dei testi più recenti sugli argomenti trattati e l’indice dei nomi dei personaggi che compaiono nel volume.

Alessandro Carrieri è assegnista di ricerca presso il Dipartimento di Scienze politiche e sociali dell’Università degli Studi di Trieste. Nel 2010 ha conseguito il titolo di dottore di ricerca in Filosofia delle scienze sociali e comunicazione simbolica presso l’Università degli Studi dell’Insubria. Dal 2007 al 2008 è stato Gastwissenschafter presso il Zentrum für Antisemitismusforschung alla Technische Universität di Berlino. Ha curato con Giuliana Parotto il libro Il pentagramma di ferro. Musica e creatività nei campi di concentramento (Trieste, 2010) e ha di recente pubblicato The Voice of Resistance in Concentrationary Music, in «Political Perspectives» 2013, volume 7 (2).

cm 15 x 21 - 150 pp. - ISBN 9788871582054 - Euro 24,00

COLLANA DELL’ARCHIVIO EBRAICO BENVENUTO E ALESSANDRO TERRACINI

Alberto Cavaglion (a cura di)

Ebrej, via Vico. Mondovì XVI-XX secolo

Testi di R. Artuffo, M. Brendolan, A. Cavaglion, G. Comino, P. S. Comino, M. Levi, A. Merlotti, G. Neppi Modona, R. Segre, L. Tagliacozzo

“Ebrej, via Vico”. Dentro questa sintetica dicitura dei registri dei censimenti settecenteschi riaffiora un piccolo mondo antico. Mondovì Piazza e la contrada di Vico, per circa mezzo millennio, sono state il centro della vita ebraica: qui si trova ancora oggi la piccola Sinagoga con le finestre protese verso le colline; non lontano si scorge la casa Baretti, del professor Riccardo e del notaio Egidio Baretti, dal cui balcone sulla piazza si era affacciato, nel corso di una storica visita nel 1891, Giosuè Carducci in persona, poco dopo aver pubblicato la celebre ode Piemonte e Bicocca di San Giacomo.
Questo volume raccoglie alcuni saggi sulla presenza ebraica a Mondovì fra il XV e il XX secolo. Il lavoro è dedicato alla memoria dell’ultimo ebreo della storica Università israelitica monregalese, Marco Levi, di cui sono riprodotte alcune pagine inedite nella Testimonianza di Marco Levi. La fuga e la salvezza in Val Corsaglia (1943-1945) oltre alla Testimonianza di Maria Vinai vedova Castagnino che l’ospitò negli anni della clandestinità per sfuggire alla deportazione. Renata Segre contribuisce con il saggio Alle origini della presenza ebraica in Piemonte. Spunti e appunti; mentre Giancarlo Comino con Sulle tracce della memoria: Ebrei e comunità urbana a Mondovì (secc. XV-XIX) e Piero Sergio Comino con lo studio Testimoni di una presenza: documenti di vita ebraica nell’Archivio Storico della città di Mondovì, della Curia Vescovile e della confraternita della Misericordia; di Andrea Merlotti è Il dibattito sull’emancipazione ebraica in Piemonte alla fine del Settecento). Seguono studi di storia delle istituzioni scolastiche (Rita Artuffo si è occupata della Comunità di Mondovì. La scuola), delle testimonianze architettoniche – studiate nel saggio La presenza ebraica nei territori piemontesi dello Stato sabaudo (XVIII-XIX secolo) e nel tessuto edilizio di Mondovì Piazza di Mariangela Brendolan e di argomento linguistico (Primo Levi: il glossario per Armand Lunel di Alberto Cavaglion).
Dalle carte degli archivi e dalle planimetrie catastali ritorna alla luce la vivacità di una minoranza attiva, fortemente legata al tessuto economico, sociale e culturale di Mondovì, ma al tempo stesso fedele alle proprie istituzioni, alle proprie consuetudini, alla propria “scola”, al singolarissimo gergo ebraico-piemontese.

15 x 21 cm - 224 pp. - ISBN 9788871581743 - Euro 28,00

COLLANA DEL DIPARTIMENTO DI STORIA DELL’UNIVERSITÀ DI TORINO

Federico Cereja

Memoria e deportazione. Scritti di Federico Cereja

Giovanni Carpinelli e Bruno Maida (a cura di)

In un dopoguerra nutrito di radiose speranze molti preferivano guardare al futuro e di deportazione e sterminio non si parlava molto. Tra gli stessi sopravvissuti alla terribile prova era forte la difficoltà di raccontare ciò che era accaduto. Poi si è aperta una fase diversa, un numero crescente di storici ha avvertito il bisogno di tornare su quelle vicende e le testimonianze hanno preso a moltiplicarsi. Nella rottura del silenzio Federico Cereja ha svolto un ruolo importante anche per la qualità dei rapporti che ha saputo stabilire con gli ex deportati.
Proprio dall’intreccio tra le memorie individuali e le domande che gli storici anche in Italia iniziano a porsi a partire dagli anni Ottanta per avviare una feconda stagione di studi sull’intero dramma emergono gli spunti più interessanti contenuti nel volume: il rapporto tra la deportazione come fenomeno storico e le storie di vita dei suoi protagonisti; la complessità e l’articolazione della “galassia concentrazionaria”; la necessità di ricostruire la dimensione quantitativa del fenomeno e di cogliere le specificità dei diversi soggetti e gruppi: ebrei, politici, internati militari, religiosi, testimoni di Geova.

Federico Cereja (1945-2005), si è occupato a lungo di memoria e deportazione nei Lager nazisti, diventando nel corso degli anni un esperto, riconosciuto e apprezzato conoscitore di quella tragedia nei suoi risvolti individuali oltre che collettivi.

Giovanni Carpinelli, dopo essersi formato come ricercatore studiando l’estrema destra in Francia e in Belgio, ha spesso affrontato nei suoi studi il tema delle esperienze estreme nelle guerre e negli stermini del secolo scorso.

Bruno Maida, ricercatore di storia contemporanea all’Università di Torino, coordina il Comitato scientifico della Fondazione Memoria della Deportazione e si è occupato, nello specifico, dell’infanzia ai tempi della persecuzione antisemita e della Shoah.

cm 15 x 21 - 210 pp. - ISBN 97888-7158-149-1 - Euro 22,00

COLLANA DEL DIPARTIMENTO DI STORIA DELL’UNIVERSITÀ DI TORINO

Catherine Chiavia

Programmata

Manifesti elettorali nella colonia romana di Pompei

Il sito archeologico di Pompei, oggetto di scavi ormai più che bicentenari, vanta l’eccezionale restituzione di oltre duemilaseicento programmata di tipo elettorale: si tratta di iscrizioni parietali in lingua latina, quasi sempre dipinte a vernice rossa e disseminate tra le vie cittadine a maggior frequenza di pubblico. L’arco cronologico di afferenza va dall’anno della deduzione coloniaria (80 a.C.) al momento in cui l’eruzione vesuviana sigillò la vita della comunità in un abbraccio di ceneri e lapilli (24 agosto 79 d.C.). Se è vero che le vicende pompeiane, in quanto storia cittadina all’interno del grande mosaico imperiale, fanno luce sulla plurisecolare regia messa a punto dallo stato romano, è altrettanto vero che i manifesti elettorali, oltremodo ricchi a livello onomastico, si offrono come osservatorio di raro pregio sui diversi aspetti della vita pubblica dell’antica città: il potere, le gerarchie, l’amministrazione, l’economia, il costume.

Catherine Chiavia è dottore di ricerca in Storia Antica. Cultrice di Storia Romana e borsista post-dottorato, continua ad occuparsi di tematiche socio-politiche e di acquisizione del consenso nella città imperiale romana; collabora altresì all’attività di ricerca dell’Ateneo torinese, rivolgendo specifica attenzione all’uso dei documenti nelle fonti storiografiche del mondo classico e alla romanità nell’area cisalpina tra alto e basso impero.

15 x 21 cm - 416 pp. - ISBN 9788871581064 - Euro 25,00

"Contesti" 2

Renata Ciaccio

«L’inferno è dirupato»

I valdesi di Calabria tra resistenza e repressione

L’autrice ricostruisce il contesto nel quale vissero le prime generazioni di discendenti dei valdesi calabresi sopravvissuti alla strage del 1561 perpetrata dalle truppe spagnole e costretti poi con la forza ad abiurare il loro credo. Il libro descrive i modi e i tentativi di resistenza al completo assorbimento nella società più ampia adottati da una minoranza “ridotta” a vivere in un contesto sociale, politico ed economico particolarmente ostile. Attraverso lo studio di una ampia gamma di fonti, fra le quali un ruolo di primo piano è assolto dagli atti notarili, si ricostruiscono le minute strategie dei discendenti della minoranza per conciliare il mantenimento dei propri tratti originari con l’adattamento alle continue pressioni all’omologazione esercitate dall’ambiente circostante. Si analizzano la loro capacità di inventarsi ogni possibile escamotage per resistervi, le forme di negoziazione e di compromesso con i poteri locali, l’abilità nel giostrare fra gli interstizi normativi e i conflitti fra i poteri baronali e il ceto ecclesiastico, la loro tenacia nel volersi garantire la sopravvivenza in quanto gruppo.
Al centro dell’indagine stanno la natura e la specificità dei meccanismi di funzionamento di una società di antico regime in un arco di tempo in cui, nel Mezzogiorno d’Italia, la crisi economica e politica aveva indebolito i nuclei dissidenti, giungendo talvolta ad annullarli definitivamente. Emerge un quadro molto mosso e vivo, nel quale i rapporti di forza mutano continuamente nel tempo e nello spazio a seconda degli interessi in gioco e delle alleanze del momento. Un quadro in cui le forme di collaborazione, le solidarietà e i conflitti oscillano costantemente fra i poli dell’opportunismo politico e dell’attaccamento alle radici.

Renata Ciaccio insegna Storia economica e sociale dell’età moderna nell’Università della Calabria. Nei suoi studi si è dedicata alla ricostruzione delle dinamiche economiche e sociali nel Mezzogiorno tra Settecento e Ottocento, esaminando in particolare i sistemi di trasmissione dei patrimoni familiari, i meccanismi del credito e dell’usura e il ruolo della donna nella società calabrese. Tra le sue pubblicazioni: Famiglie e denaro. Mobilità sociale e attività creditizie a Cosenza tra Settecento e Ottocento (2001), Risorse femminili. Storie di donne nella società calabrese tra Settecento e Ottocento (2002), La doppia identità del clero calabrese (2008), Mobilità sociale e mobilità professionale in periferia: il caso Calabria (2013).

15 x 21 cm - 190 pp. - ISBN 9788871582092 - 20,00 Euro



Elisabetta Corradini

Il difficile reinserimento degli ebrei
Itinerario e applicazione della legge Terracini
n. 96 del 10 marzo 1955

In Italia, dal ’38 al ’45, rimase in vigore una normativa duramente discriminatoria contro tutti gli ebrei residenti nel paese, che divenne progressivamente sempre più drastica fino a sfociare nella deportazione e nell’assassinio. Quell’esperienza lasciò un segno indelebile sulla vita dei sopravvissuti e incise in profondità sulla storia del paese nel suo insieme.
La drammatica rilevanza di quegli eventi permette di misurare il clamoroso contrasto fra la loro effettiva dimensione e – a parte pochissime eccezioni – il tono cauto, sfuggente e sommesso con cui se ne discusse nel dibattito parlamentare sviluppatosi intorno alla Legge Terracini del 1955, che avrebbe dovuto offrire un risarcimento alle vittime della persecuzione voluta da Mussolini. L’autrice ne rende conto attraverso le parole dei protagonisti e analizza poi, riportando alcuni casi esemplari, come in sede amministrativa e giurisprudenziale la condizione degli ebrei perseguitati fosse non solo sottovalutata e mal compresa, ma esplicitamente misconosciuta; propone infine un quadro puntuale di quanti furono nei vari periodi, compresi gli anni più vicini a noi, i perseguitati “razziali” riconosciuti meritevoli delle provvidenze stabilite sia dalla legge Terracini nel suo testo iniziale sia dalle leggi di modifica approvate poi.
Il libro offre così uno squarcio illuminante sul modo in cui le diverse culture politiche del secondo dopoguerra si sono misurate con le persecuzioni antiebraiche e con le loro conseguenze di più lungo periodo.

Dall’Indice

Introduzione Fabio Levi

Capitolo primo Per i perseguitati politici e razziali
Capitolo secondo Per i “ragazzi di Salò”
Capitolo terzo La svolta delle elezioni politiche del 1953
Capitolo quarto Legiferare a “denti stretti”
Capitolo quinto Perseguitati e persecutori: provvidenze per due opposti fronti
Capitolo sesto La legge Terracini e i perseguitati razziali
Capitolo settimo Un profilo quantitativo: l’applicazione della Legge Terracini

Appendice
Legge 8 novembre 1956, n. 1317
Legge 3 aprile 1961, n. 284
Legge 24 aprile 1967, n. 261
Legge 22 dicembre 1980, n. 932

Indice dei nomi

Elisabetta Corradini si è laureata a Torino in Scienze politiche e ha frequentato il master in Didattica della Shoah presso l’Università di Roma Tre. Dal settembre 2010 fa parte, come rappresentante dell’A.N.P.P.I.A., della commissione ministeriale preposta all’esame delle pratiche avviate in applicazione della normativa risarcitoria a favore dei perseguitati razziali. Ha svolto attività d’insegnamento a Torino e a Roma dove attualmente vive e lavora.

Recensione all’indirizzo: http://www.hakeillah.com/3_12_19.htm

15 x 21 cm - 219 pp. - ISBN 9788871581903 - Euro 28,00

LABORATORIO DI STUDI STORICI SUL PIEMONTE E GLI STATI SABAUDI
Paolo Cozzo, Filippo De Pieri, Andrea Merlotti (a cura di)
Valdesi e protestanti a Torino (XVIII-XX secolo)
saggio introduttivo di G. P. Romagnani
A Torino presenze valdesi e, più in generale, protestanti risalgono già all’Antico regime. Fu solo nell’Ottocento, però, che il mutare delle condizioni politiche e sociali consentì il radicarsi nella capitale sabauda di vere e proprie comunità. Il simbolo più evidente di ciò fu la costruzione nel 1853 del Tempio valdese sul Viale del Re (l’attuale Corso Vittorio Emanuele II). A un secolo e mezzo di distanza dall’inaugurazione di quell’edificio, il volume raccoglie una serie di saggi – presentati al Convegno per i 150 anni del Tempio valdese (Torino, 12-13 dicembre 2003)che riflettono sul rapporto tra Torino e la presenza valdese e protestante fra Otto e Novecento. La costruzione del Tempio è ricollocata nel contesto dei contemporanei dibattiti dell’eclettismo europeo e discussa in relazione alle sue implicazioni simboliche, liturgiche e politiche. Altri saggi si soffermano sulla presenza valdese all’interno del quartiere di San Salvario, sulla costruzione di nuovi templi (come quello valdese di San Donato e quello metodista di via Lagrange), sulle alleanze imprenditoriali e matrimoniali e sulle divisioni di culto di una comunità protestante in forte crescita, sulla presenza di queste élite nelle reti massoniche locali, sulle reazioni del cattolicesimo piemontese, sulle rappresentazioni dei valdesi in ambito letterario. L’analisi storica si incentra soprattutto sui decenni a cavallo fra Otto e Novecento, quando importanti esponenti delle comunità valdesi e protestanti si affermarono tra i protagonisti della vita economica e sociale di Torino. Nel volume storici e studiosi di diversa formazione e competenze si confrontano in un felice dialogo interdisciplinare. Il risultato, mentre s’inserisce in modo originale ed autorevole nel rinnovamento da tempo auspicato della storiografia sul mondo valdese, nello stesso tempo apporta numerosi elementi nuovi alla storia di Torino nei decenni in cui la città ridefinì la propria identità dopo la perdita del ruolo di capitale.
Nel volume:
Andrea Merlotti - Mauro Pons Premessa
Gian Paolo Romagnani Verso una nuova storia dei valdesi? Questioni di storiografia a mo’ di introduzione
Paola Bianchi Militari, banchieri, studenti. Presenze protestanti nella Torino del Settecento
Adriano Viarengo I democratici subalpini e la libertà religiosa in età carloalbertina
Sergio Pace L’ultima impresa del generale. Il progetto e la costruzione del Tempio valdese in Torino (1850-1853)
Fulvia Grandizio I valdesi a San Salvario. L’insediamento della comunità torinese in un quartiere ottocentesco in crescita
Paolo Cozzo «Profani delubri» e «beata tolleranza». Reazioni e riflessioni del cattolicesimo piemontese di fronte alla nascita del Tempio valdese di Torino
Nicola Del Corno «Il Piemonte noi non possiamo che compiangerlo». La polemica antiprotestante nella pubblicistica reazionaria: «La Bilancia» di Milano (1850-1858)
Gabriella Ballesio Due comunità per una Chiesa? Divisioni sociali e divisioni di culto nella comunità valdese di Torino nel secondo Ottocento
Ivan Balbo Networks per la fiducia: strategie imprenditoriali e reti di relazione dei cotonieri protestanti a Torino (1883-1907)
Marco Novarino La presenza protestante nella massoneria torinese fra Otto e Novecento
Davide Dalmas I valdesi nella letteratura piemontese dell’Ottocento
Alessandro Zussini Minoranze cattoliche e mondo protestante fra Otto e Novecento
Maria Canella Riti funebri e sepolture nella comunità valdese di Torino
Filippo De Pieri Due templi protestanti a Torino alla fine dell’Ottocento
Collana “Saggi e studi” 1
cm 15 x 21 - 256 pp. + 16 pp. di tavole a colori fuori testo- ISBN 88-7158-133-4 - Euro 30,00

PATRIMONIO CULTURALE ARABO CRISTIANO

Mariam De Ghantuz Cubbe

I Maroniti d’Aleppo nel XVII secolo attraverso i racconti dei missionari europei

Aleppo, grande emporio della Siria del Nord, dove, fino alle soglie dell’età contemporanea, affluivano merci dall’interno dell’Asia per essere distribuite sui mercati del Mediterraneo. È questo lo sfondo delle vicende che questo libro evoca, nelle quali è coinvolto un piccolo gruppo di abitanti nella variegata società dell’Aleppo del XVII secolo: i Cristiani Maroniti, originari del Libano ed emigrati in quella città con la speranza di condizioni di vita meno dure.
Le loro vicende assumono un significato esemplare poiché vengono ricostruite attraverso quel che di quei Cristiani scrivevano i missionari europei dell’epoca della Controriforma: gli Orientali vengono quindi visti attraverso gli occhi degli Europei che, proprio in quell’epoca, per il ravvivarsi dell’attività missionaria, affluirono come mai era avvenuto precedentemente nel Vicino Oriente. Nuovi al rapporto con i Cristiani orientali, Gesuiti, Carmelitani e Cappuccini guardano ai Maroniti, anch’essi, come loro, cattolici, ma di rito orientale, sudditi dell’impero ottomano, vissuti per secoli in una società diversa e scondo una cultura diversa, con la mentalità degli Europei dell’epoca, abituati a vivere in una società culturalmente omogenea. Si dipana, così, la storia di un incontro-scontro fra due mondi diversi, pur accomunati dall’unica fede religiosa, che ci spinge, oggi, a riflettere sull’identità culturale dei Cristiani orientali e sul valore del loro apporto al patrimonio comune.

Mariam De Ghantuz Cubbe, laureata in lettere all’Università di Roma nel 1983 con una tesi sui Maroniti al tempo delle Crociate, poi pubblicata, si è formata alla scuola di Giuseppe Sorge e si dedica da vari anni allo studio dei Cristiani di rito orientale, basandosi prevalentemente su materiale d’archivio inedito. Su questi temi è intervenuta in numerosi articoli e in contributi a volumi collettivi.

14,3 x 23 cm - pp. 236 Euro 18,00

 

COLLANA DEL DIPARTIMENTO DI STORIA DELL’UNIVERSITÀ DI TORINO

Marco Di Giovanni

Scienza e potenza. Miti della guerra moderna, istituzioni scientifiche e politica di massa nell’Italia fascista 1935-1945

L’incontro tra scienza e potenza, tra istituzioni di ricerca e sviluppo della pratica bellica, costituisce una eredità essenziale dalla Grande Guerra. La consapevolezza di tale fusione e dei suoi paurosi, o magici, contenuti, appartiene all’intero contesto europeo ed anima, con segni diversi, tanto le ipotesi operative e dottrinali dei teorici della guerra tecnologica, quanto le politiche nazionali della scienza quanto, infine, le attese ed i timori delle popolazioni nel ventennio interbellico. In questo contesto, alla scienza ed a particolari applicazioni della tecnologia bellica si attribuivano virtualità insieme terribili e liberatorie, tali cioè da decidere con magica rapidità delle sorti di un eventuale conflitto, attraverso una irruzione improvvisa e risolutiva sul campo di battaglia o sul corpo vivo del nemico. Il mito di armi decisive scaturite direttamente da applicazioni belliche di scoperte o invenzioni impensate è parte di quel clima e percorre contesti sociali e nazionali diversi per almeno un decennio prima della nuova guerra mondiale.
Partendo da questo dato generale e comune, il volume affronta la peculiare tematizzazione dell’incontro tra scienza e potenza che il regime fascista opera attraverso una consapevole politica, tesa a valorizzare gli elementi capaci di legittimare, ed in certo senso garantire, la plausibilità del volto di un’Italia nuova e imperiale, chiamata ad imporre la sua funzione storica nell’agone delle potenze. Il fascismo parla insieme il linguaggio della tradizione e della romanità, e quello di una modernità in parte superficiale e posticcia, orientata comunque a mobilitare e dare respiro al nazionalismo scientifico scaturito dall’esperienza bellica precedente. La valorizzazione fascista della tradizione scientifica nazionale incontra la disponibilità di tecnici e studiosi, animando una specifica e loquace sfera pubblica che funge anche, su un altro piano, da volano per il radicamento e l’uso politico di una versione mitico-magica della scienza. La tradizione e lo stereotipo del genio italiano vengono così animati in chiave di mobilitazione delle categorie tecniche e di “nazionalizzazione” degli inventori, e suggeriscono e legittimano l’illusione di esiti insieme gratificanti e liberatori alle istanze nazionali di potenza che avrebbero condotto alla guerra. In particolare, l’animazione del mito di Guglielmo Marconi costituisce uno dai cardini della politica di massa del regime, e la figura del grande bolognese diviene garante, con le misteriose potenzialità dischiuse dalle sue ricerche, degli esiti generali della spinta revisionista dell’Italia di Mussolini. La dimensione carismatica del potere mussoliniano troverà in questa risorsa prodigiosa uno dei suoi elementi di base.
Quella così analizzata costituisce una politica ricca di riscontri sul piano della comunicazione pubblica e di ricadute organizzative per le istituzioni scientifiche del paese che lo studio affronta anche nei suoi effetti fra la popolazione, nella sua capacità di orientare gli atteggiamenti e le attese degli italiani.
La periodizzazione trova nel 1935 uno spartiacque che opera a molti livelli. Esso fissa una decisiva confluenza di tensioni internazionali e dimostrazioni di forza, sviluppi istituzionali sul piano dell’organizzazione scientifica ed effettiva sperimentazione di modelli di mobilitazione collettiva, accelerando processi in parte già annunziati negli anni precedenti. Il riferimento finale al 1945 individua il passaggio in cui, a partire dalla sconfitta, rovinosa, si profila un approccio rivisto del paese alla modernità ed una derubricazione dei suoi pur recenti rapporti con il mito della potenza. Un disincanto che passa attraverso la constatazione della affluente e inarrivabile potenza dei liberatori e si nutre della speranza che da essa in questa chiave scaturisce, relegando la tradizione del “primato” e del genio nazionale a più modeste e pacificanti contestualizzazioni.

Marco Di Giovanni ha conseguito il dottorato di ricerca in Storia contemporanea all’Universtà di Torino, presso la quale, fino al 2004, è stato titolare di un corso a contratto in “Storia delle istituzioni militari” nell’ambito delle attività del Corso di studi interfacoltà in Scienze strategiche. Ha condotto un’ampia serie di studi sulle istituzioni militari e la società italiana nella seconda guerra mondiale. Fra questi, il volume I paracadutisti italiani. Volontari, miti e memoria della seconda guerra mondiale, (prefazione di Giorgio Rochat, Gorizia, Ed. Goriziana, 1991), il saggio Il 10 giugno nel volume I luoghi della memoria. Personaggi e date dell’Italia unita (a cura di Mario Isnenghi, Roma-Bari, Laterza, 1997) e, in collaborazione con Nicola Labanca, il volume Fantasmi di guerra totale. Studi di storia della guerra chimica (Firenze, Forum per i problemi della pace e della guerra, 1998). Si occupa attualmente del rapporto tra violenza, tecnica e istituzioni militari nel secolo ventesimo (si ricorda il saggio Violenza e tecnica. Fenomenologia bellica e coscienza collettiva nel Novecento, in “Parole chiave”, n. 20/21, 1999) anche in funzione del nuovo profilo assunto dai quadri ufficiali delle istituzioni militari (affrontato nel saggio Ufficiali “comandanti” o tecnocrati? La formazione dei quadri della Marina Militare italiana nel secondo dopoguerra. Tradizioni culturali, scienza e management nell’età della guerra tecnologica, in “Mélanges de l’Ecole Française de Rome”, 2003).

Dall'indice:
Presentazione
Mario Isnenghi
Introduzione

Prologo
La Crociera atlantica della modernità fascista

Parte prima. Verso una scienza nazionale
Capitolo primo. L’eredità della Grande Guerra: il volto militare della scienza, i simboli della potenza e la politica del fascismo
Capitolo secondo. Autarchia, scienza e guerra: la mobilitazione di istitu zioni e di uomini
Capitolo terzo. Mostre autarchiche, guerra e ideologia: l’uso politico del mito inventivo
Capitolo quarto. La scienza organizzata e la potenza nazionale: il CNR da Marconi a Badoglio
Capitolo quinto. Il mito di Marconi
Parte seconda. L’attesa della guerra
Capitolo sesto. L’immaginario tecnologico e la futura guerra totale
Capitolo settimo. Guerra aerea, minaccia chimica e militarizzazione collettiva. La dimensione passiva della guerra del futuro
Capitolo ottavo. Una nazione povera e forte?
Capitolo nono. Un popolo di inventoriParte terza. Naufragi ed approdi
Capitolo decimo. Mito e tecnologia bellica tra Blitzkrieg e guerra indu striale
Capitolo undicesimo. Una sconfitta moderna

15 x 21 cm - 308 pp. - ISBN 8871581326 - EAN 9788871581323 - Euro 24,00

COLLANA DELL’ARCHIVIO EBRAICO BENVENUTO E ALESSANDRO TERRACINI

Marco Francesco Dolermo

La costruzione dell’odio

Ebrei, contadini e diocesi di Acqui dall’istituzione del ghetto del 1731 alle violenze del 1799 e del 1848

Introduzione di Luciano Allegra

«E il povero mio padre dové traversare tutta la città accompagnato dalle maledizioni di quella folla briaca di avidità del saccheggio, che gli lanciava l’accusa infame dell’assassinio rituale! […] Cento volte sentii dalla sua voce rievocare quegli episodi del triste fanatismo! Per tre giorni stettero le povere nostre famiglie Ebree chiuse nelle loro case».
(Raffaele Ottolenghi sugli avvenimenti di Acqui dell’aprile 1848)

La guerra sostenuta dai Savoia contro gli eserciti repubblicani nell’ultimo decennio del Settecento lascia profondi segni nelle campagne della provincia
d’Acqui. L’inasprimento fiscale per sostenerne le spese e le continue somministranze dovute ai vari eserciti di occupazione mettono in ginocchio l’economia
locale. Nel corso del 1799, una popolazione esasperata, appoggiandosi alla secolare propagandaantiebraica della diocesi locale, assalta ripetutamente il ghetto.
Cinquant’anni più tardi, la percentuale degli ebrei presenti in città è cresciuta sino al 12 per cento. L’antigiudaismo del vescovado di Acqui giunge ad insinuare
tra la popolazione cattolica l’accusa antiebraica di omicidio rituale: il 23 e 24 aprile 1848, ad emancipazione ormai acquisita. si verifica un nuovo, violento assalto al ghetto.

15 x 21 cm 204 pp. ISBN 887158130X Euro 21,00

Giorgio Fabre

L’elenco

Censura fascista, editoria e autori ebrei

«Per eliminare dalla circolazione gli scrittori ebrei, ebraizzanti, o comunque di tendenze decadenti, occorre impartire ai direttori di giornali e riviste, e agli editori un ordine perentorio e preciso, compilando una lista di autori da evitare». Con questa indicazione riservata, dell’aprile 1938, Mussolini e il ministero della Cultura Popolare davano avvio in Italia alla bonifica degli «scrittori ebrei», in largo anticipo rispetto alle prime vere e proprie leggi antiebraiche emanate cinque mesi dopo. Fu una vicenda censoria poco lineare, ma preparata a lungo; formulata come un’iniziativa «culturale» o «spirituale», in breve si trasformò in un’operazione puramente razzista che coinvolse editori, librai, autori. Venne messa in atto con estrema riservatezza, tanto che per ricostruirla è stato necessario consultare numerosi fondi archivistici e bibliotecari, italiani e stranieri. Al termine, ottenne risultati assai efficaci e destinati a riflettersi sulla cultura italiana del dopoguerra.

Giorgio Fabre ha pubblicato studi sull’apparato repressivo fascista e sugli intellettuali negli anni Trenta e i volumi D’Annunzio esteta per l’informazione (1880-1900) (Napoli, 1981);, Roma a Mosca. Lo spionaggio fascista in Urss e il caso Guarnaschelli (Bari, 1993); Il contratto. Mussolini editore di Hitler (Bari, 2004); Mussolini razzista. Dal socialismo al fascismo: la formazione di un antisemita (Milano, 2005).

Recensioni:

www.jstor.org/stable/41287277

http://archivio.panorama.it/Quand-era-proibito-leggere-autori-ebrei

http://archiviostorico.corriere.it/1999/gennaio/03/Fascismo_vil_razza_editori_co_0_9901031553.shtml

15 x 21 cm - XIV-500 pp. ISBN 8871580710 Euro 32,00

COLLANA DEL DIPARTIMENTO DI STORIA DELL’UNIVERSITÀ DI TORINO

Luca Fanelli

La scelta dalla terra

Studio di un insediamento rurale del Movimento Sem Terra in Brasile

 

In questo libro è raccontata la vita di circa trenta persone che oggi risiedono e lavorano insieme in un insediamento rurale organizzato dal Movimento Sem Terra nel nord dello stato del Paraná, in Brasile. Il Movimento dos Trabalhadores Rurais Sem Terra do Brasil è uno dei movimenti contadini più interessanti a livello mondiale. Pur coagulando intorno a sé un numero di partecipanti inferiore ad altre organizzazioni che operano nelle campagne del Brasile, in poco più di vent’anni è diventato un punto di riferimento fondamentale nel panorama dei movimenti sociali, sia rurali, sia urbani. La ricostruzione della vita delle persone che oggi vivono nell’insediamento Santa Maria permette di affrontare temi molto diversi: l’esodo rurale e la fine del mondo contadino, il legame tra i fenomeni di abbandono delle campagne e lo sviluppo economico, il mutamento nel tempo del ruolo delle aree rurali, la natura famigliare o capitalistica dell’economia contadina negli insediamenti di riforma agraria. Tali questioni sono attraversate da un interrogativo dal quale ha preso le mosse questa ricerca: “è possibile un equilibrio tra città e campagna differente da quello affermatosi nei paesi altamente industrializzati?”. A questa domanda l’autore ha voluto rispondere con strumenti storici e più precisamente microstorici, adottando quindi un metodo multidisciplinare mediante l’analisi approfondita di un caso circoscritto nello spazio e nel tempo.

Luca Fanelli (Torino, 1976) si è laureato in Storia Contemporanea presso l’Università di Torino con la tesi che è alla base di questo volume. Ha illustrato i temi affrontati nella ricerca partecipando al congresso Latin American Studies Association a Washington nel 2002. Lavora nel campo dell’editoria; collabora con organizzazioni non governative di cooperazione allo sviluppo. Si è anche occupato di fotografia come fonte storica, pubblicando articoli e saggi sull’argomento.

15 x 21 cm - 160 pp. - ISBN 8871581105 Euro 20,00

Luca Fenoglio

Angelo Donati e la «questione ebraica» nella Francia occupata dall’esercito italiano

Prefazione di Fabio Levi

Nel dicembre 1942, nella Francia meridionale occupata dagli italiani, un facoltoso e ben introdotto banchiere d’origine italiana si oppose al tentativo delle autorità francesi di consegnare ai nazisti alcune migliaia di ebrei stranieri rifugiati in Costa Azzurra. Si chiamava Angelo Donati e gli sforzi che sino alla disfatta italiana dell’8 settembre 1943 egli compì tra Nizza e Roma per salvare migliaia di suoi correligionari dai campi di sterminio sono al centro del libro di Luca Fenoglio. In esso, sulla base di una vasta documentazione, in larga parte inedita, l’autore si sofferma altresì sulla vicenda personale di Donati: sulla sua ascesa professionale e sociale nella Parigi degli anni venti e trenta, sugli incarichi di prestigio da parte delle istituzioni, sulla sua vasta e variegata rete di relazioni con i vertici politici ed economici – francesi e italiani, sionisti e fascisti –, ma anche sugli effetti delle persecuzioni antiebraiche, sino alla fuga di fronte all’invasione tedesca e al complicato approdo in Costa Azzurra prima dell’arrivo dell’esercito italiano.
Il libro di Fenoglio, tuttavia, non si esaurisce nella ricostruzione della vicenda di Donati prima e durante l’occupazione italiana del sud-est della Francia. Essa, al contrario, rappresenta l’inedita chiave di lettura attraverso cui l’autore ripropone un problema centrale negli studi sugli anni della seconda guerra mondiale: quello del comportamento assunto dalle forze italiane di occupazione nella Francia meridionale fra il novembre del ’42 e l’8 settembre del ’43. Un problema dalle molte implicazioni di ampio respiro: riguardo più in generale alla politica di Mussolini e ai rapporti fra Italia e Germania, ma soprattutto al modo in cui il regime fascista gestì la politica antiebraica in un periodo ancora precedente all’armistizio con gli Alleati. La figura e l’azione di Donati in Costa Azzurra consentono così all’autore di fare nuova luce sui protagonisti di quel convulso periodo: sui diplomatici e sui funzionari di polizia italiani incaricati di gestire la “questione ebraica” nella Francia occupata; sui membri delle organizzazioni ebraiche di soccorso; sui servizi di polizia tedeschi impegnati a dare la caccia a Donati; ma anche sull’aura leggendaria via via formatasi attorno alla figura del Donati “salvatore di ebrei”.
Nel confrontarsi con la dimensione del mito, Fenoglio ha però resistito alla tentazione di ribaltare il punto di vista e procedere semplicemente alla sua demolizione. Piuttosto, ha scelto di attenersi rigorosamente ai fatti, senza però perdere mai di vista il senso più generale degli avvenimenti. Il risultato finale è dunque uno studio rigoroso, sebbene incentrato su un orizzonte più limitato, parziale – il contributo appunto di un personaggio importante ma non risolutivo come Angelo Donati – tale però da garantire una solida testa di ponte dalla quale poi poter ripartire per procedere con pazienza alla conquista di una visione più ampia e generale del periodo.

Luca Fenoglio si è laureato in Storia all’Università degli Studi di Torino, dove è stato allievo di Fabio Levi. Dal gennaio 2012, è Ph.D. Student presso la School of History, Classics and Archaeology, University of Edinburgh. La sua tesi di dottorato, finanziata da una borsa di studio triennale della University of Edinburgh, indaga la politica italiana verso gli ebrei nei territori francesi occupati durante la seconda guerra mondiale.

Materiali e recensioni:https://www.academia.edu/4819397/Angelo_Donati_e_la_questione_ebraica_nella_Francia_occupata_dallesercito_italianoGiorgia Greco, in "Letti e commentati", "Informazioen corretta" http://www.informazionecorretta.com/main.php?mediaId=&sez=80&id=51315

15 x 21 cm - 192 pp., con 3 cartine - ISBN 9788871582009 - Euro 28,00

Gabriele Ferluga

Il processo Braibanti

Luglio 1968: in un clima oscurantista e nella quasi totale assenza di voci critiche, il Tribunale di Roma condanna Aldo Braibanti a 9 anni di prigione per plagio. Quel reato, che successivamente verrà cancellato dal Codice Penale italiano, è chiamato a giustificare, nella sua abnorme ambiguità, la reazione istintiva e violenta dell’Italia benpensante contro ogni anticonformismo e inoltre contro il fantasma dell’omosessualità. Proprio quest’ultimo aspetto rappresenta la chiave di lettura privilegiata attraverso cui il libro ricostruisce le diverse fasi del processo, le cronache di stampa dell’epoca, la mentalità e il comportamento di protagonisti e spettatori della vicenda.

«A proposito di vergogne anche noi abbiamo le nostre. E una delle più aspre è quella che ha visto coinvolto Aldo Braibanti, filosofo e poeta, drammaturgo e ceramista (e altro ancora), che nel luglio 1968 fu al centro di un processo infame. Gabriele Ferluga, giovane e coltissimo studioso di quel processo, è ora l’autore di “Il processo Braibanti” dove riassume e spiega quella che troppo facilmente rubrichiamo tra le “faccende” di un’epoca e che invece è costata un prezzo insopportabile alla vittima» (Daniele Scalise, “Il foglio quotidiano”, 24 gennaio 2004).

Gabriele Ferluga (Gorizia, 1973), studioso e autore di documentari, vive a Parigi dal 2001; si è laureato in Scienze della comunicazione all’Università di Torino. Ha orientato i suoi studi sulla storia dell’omosessualità; sul tema del libro ha pubblicato Le cas Braibanti: un procès contre l’homosexualité, nel numero 5 della rivista «Inverses» (2005).

15 x 21 cm - 276 pp. - ISBN 88-7158-116-4 - Euro 18,00

Antonella Filippi - Lino Ferracin

Deportati italiani a Majdanek

Presentazione di Fabio Levi

«Questo libro intende restituire un nome e una storia ai molti italiani deportati nel lager di Majdanek negli anni della seconda guerra mondiale, contribuendo in tal modo a contrastare, pur nei limiti di un ricordo postumo, la volontà annientatrice dei nazisti, che si abbatté su milioni di vite spezzandole e cancellandone programmaticamente anche solo la più piccola traccia», come si legge nella Prefazione di Fabio Levi al volume.
È il risultato del compito che si sono posti Antonella Filippi e Lino Ferracin, professori a Torino, arrivati nel lager nazista di Majdanek con i loro studenti per un Viaggio della Memoria: rintracciare tutti i prigionieri italiani che passarono attraverso quel campo nella Polonia occupata (e che in gran parte non fecero ritorno). La loro ricerca ha portato, dalle prime analisi dei documenti rimasti e di una copia conservata presso il Museo di Majdanek del Totenbuch – il registro in cui venivano elencati di giorno in giorno i decessi dei prigionieri –, alla scoperta di informazioni sempre più precise sulla vita dei deportati, fino all’incontro più diretto con i loro volti e le loro voci attraverso le memorie conservate in famiglia.
Gli autori al contributo del direttore del Museo, Tomasz Kranz, sulla storia del lager e a quello dell’archivista Marta Jablonska sulla documentazione relativa alla presenza di prigionieri italiani a Majdanek, fanno seguire l’elenco di 227 deportati, ad ognuno dei quali hanno dedicato una scheda biografica con tutti i riferimenti ai documenti che ne ricostruiscono i percorsi attraverso il sistema concentrazionario; in un capitolo specifico – dando conto di alcune importanti scoperte rispetto all’attuale storiografia della deportazione – analizzano i trasporti (dall’Italia e tra un lager e l’altro in Germania e nei Paesi occupati); approfondiscono le vicende di alcune decine di deportati per i quali è stato possibile ritrovare testimonianze più dirette (da lettere, documenti di famiglia e dai ricordi di chi li conobbe); ripercorrono la storia della conoscenza in Italia del lager di Majdanek e infine propongono al lettore le memorie di Carmelo Arno Marino, uno dei pochi che riuscirono a fare ritorno e che ci ha lasciato, in un testo di estrema vivezza, la testimonianza della sua deportazione.

Dall’indice

Prefazione di Fabio Levi
Capitolo 1. Storia di una ricerca
Capitolo 2. Il lager di Majdanek
1. Storia del lager di Tomasz Kranz
2. Gli Italiani nei documenti d’archivio del Museo Statale di Majdanek di Marta Jablonska
Capitolo 3. L’elenco dei deportati italiani nel lager di Lublin-Majdanek
Capitolo 4. Geografia dei trasporti
Capitolo 5. Storie di uomini
Capitolo 6. Che cosa si sapeva di Majdanek in Italia?
Appendice. Memorie di Carmelo Arno Marino
Bibliografia

Gli autori
Antonella Filippi, docente di Lettere in un Istituto superiore di Torino, responsabile del Progetto Memoria della scuola, ha dedicato largo spazio della sua attività didattica all’insegnamento della deportazione. Ha curato l’organizzazione e la preparazione storica dei Viaggi e delle Giornate della Memoria.
Lino Ferracin, docente di Lettere in un Istituto superiore di Torino, ha condiviso tutti i lavori del Progetto Memoria, occupandosi della preparazione storica dei viaggi, di mostre fotografiche nella scuola e presso la Comunità ebraica di Torino (2011) e della conservazione multimediale della memoria dei testimoni.

Vedi anche: La Stampa del 21/05/2013; http://www.hakeillah.com/3_13_22.htm

15 x 21 cm - 304 pp., con una cartina e 78

illustrazioni in b/n - ISBN 9788871581972 - Euro 32,00

Anna Foa (a cura di)

Elio Toaff. Un secolo di vita ebraica in Italia

Rabbino capo di Roma per cinquant’anni, Elio Toaff è stato colui che ha spinto il mondo ebraico italiano, nel dopoguerra ancora marginale, su posizioni culturalmente e politicamente sempre più egemoni, traghettandolo nell’Italia di oggi. Colui che ha saputo essere al tempo stesso un personaggio fondamentale della vita ebraica e un protagonista indiscusso della storia italiana del Novecento, interpretandone con intelligenza cambiamenti, tendenze e speranze. Nel volume

Nel volume:

Ermanno Tedeschi Prefazione

Riccardo Pacifici Premessa

Anna Foa Introduzione

Tommaso Dell’Era Elio Toaff tra Livorno e Ancona: contributo a un’analisi storica

Riccardo Di Segni Il magistero rabbinico di Rav Elio Toaff a Roma
Gadi Luzzatto Voghera La cultura ebraica italiana nel dopoguerra (1945-1965)
Marco Morselli «Oggi che il cristianesimo mostra di voler tornare alle origini». Il contributo di Rav Elio Toaff al dialogo ebraico-cristiano
Andrea Riccardi La storia di un’amicizia
Alberto Melloni Rav Toaff e la ricezione del Concilio. Il papa e il Vaticano II nella sinagoga di Roma
Alain Elkann Elio Toaff
Giovanni Maria Vian Elio Toaff, un uomo di apertura

Bibliografia degli scritti di Elio Toaff

 

Anna Foa insegna Storia moderna all’Università di Roma La Sapienza. Si è occupata di storia della cultura nella prima età moderna, di storia della mentalità, di storia degli ebrei. Tra le sue pubblicazioni: Ateismo e magia (Roma 1980); Giordano Bruno (Bologna, 1998); Eretici. Storie di streghe, ebrei e convertiti (Bologna, 2004); Ebrei in Europa. Dalla Peste Nera all’emancipazione XIV-XIX secolo (Roma-Bari, 2009); Diaspora. Storia degli ebrei nel Novecento (Roma-Bari, 2009).

 

15 x 21 cm - 144 pp. ISBN 9788871581781 Euro 18,00
Chiara Foà

Gli ebrei e i matrimoni misti

L’esogamia nella comunità torinese (1866-1898)

I matrimoni misti tra ebrei e non ebrei nella seconda metà dell’Ottocento crebbe a Torino in misura consistente fino a raggiungere una percentuale di circa il 25 per cento. Il fenomeno viene qui analizzato in rapporto alle trasformazioni indotte nel mondo ebraico piemontese e italiano a partire dall’emancipazione decretata da Carlo Alberto nel 1848. A questo si aggiunge un’attenta rassegna del dibattito sviluppatosi in proposito sulle principali riviste ebraiche dell’epoca: molte infatti furono le voci che si levarono allora per criticare – ma anche per apprezzare – la tendenza sempre più diffusa fra gli ebrei ad operare scelte matrimoniali anche al di fuori del gruppo ebraico, magari al prezzo di una evidente rottura con la tradizione. La varietà e la ricchezza delle motivazioni addotte in quelle discussioni si presentano con grande vivacità e sollecitano l’interesse anche per l’attualità di un problema che si ripropone con tanta maggior frequenza nella complessa realtà odierna.

15 x 21 cm - 204 pp. - ISBN 88-7158-098-2 - Euro 20,00

Paolo Foa

Nascita di una coscienza ebraica

La guerra, gli affetti, lo studio, l’impegno nelle istituzioni

Presentazione di Michele Luzzati

Dalla coscienza di un bambino ebreo al centro della guerra e delle persecuzioni antisemite, alla sua crescita nella famiglia e nella Comunità Ebraica, dagli innamoramenti giovanili alla laurea, all’impegno nelle istituzioni ebraiche, in un percorso che attraversa Torino e le sue montagne.

«Raccontarsi significa analizzare il proprio passato, e questa analisi serve anche per conoscere meglio se stessi, per capirsi meglio, e per trasmettere alla generazione dei nipoti quelle esperienze, che gli anni consentono ora di comporre in un quadro più organico».

Paolo Foa (Torino, 1938) dopo la guerra, frequenta la scuola ebraica di Torino e si è laureato in ingegneria al Politecnico nel dicembre 1961.
Negli anni dal 1955 al 1972 è stato attivo nelle organizzazioni giovanili ebraiche, nella Federazione Sionistica Italiana, nel Centro di Documentazione ebraica Contemporanea. Negli anni ’90, a Milano, fa parte del consiglio del “Nuovo Convegno” e del Gruppo di Studi Ebraici “Keillah”.

12 x 17 cm - 136 pp. ISBN 8871581342 Euro 10,00

Umberto Fortis

La “bella ebrea”. Sara Copio Sullam, poetessa nel ghetto di Venezia del ’600

Con la tua scorta, ecco, Signor, m’accingo / A la difesa, ove m’oltraggia e sgrida / Guerrier, che ardisce querelar d’infida / L’alma, che, tua mercé, di fede i’ cingo. / Entro senz’armi in non usato aringo, / Né guerra io prendo contra chi mi sfida. / Ma, poiché tua pietà, mio Dio, m’affida, / Col petto ignudo i colpi suoi respingo.

La produzione poetica di Sara Copio Sullam nasce dal suo desiderio di raggiungere la fama nel mondo letterario per compensare, in tal modo, lo stato di inferiorità sofferto come donna e come ebrea, reclusa entro i portoni del ghetto e infrangere, così, le mura della segregazione. Unendosi al tentativo di mediazione culturale tra lo spazio interno e le prospettive esterne, operato, al suo tempo, da una minoranza intellettuale del quartiere ebraico veneziano, la Copio seppe fondere nei suoi sonetti e nella prosa del suo Manifesto le esperienze della poesia contemporanea e la tradizione dei padri, nell’intento di conseguire almeno nella città delle lettere la dignità e la libertà continuamente negate dall’emarginazione sociale imposta dalla Serenissima. I ripetuti inviti alla conversione, però, e le costanti accuse dei suoi interlocutori costrinsero i suoi versi a trasformarsi, con il tempo, in vere armi di difesa dell’ebraismo e della moralità di chi, come lei, vedeva contratta ogni reale possibilità di dialogo con la società circostante: testimonianza dell’incapacità di un’epoca di comprendere le ragioni dell’altro o di chi era ritenuto inferiore o diverso.

Umberto Fortis, oltre a saggi e volumi su Leopardi, la narrativa minore dell’Ottocento, le parlate giudeo-italiane e la cultura ebraica in Italia, ha pubblicato, tra l’altro, Ebrei e sinagoghe (1973); La parlata giudeo-veneziana (1979) con P. Zolli; Il ghetto sulla laguna (1987); Il ghetto in scena. Teatro giudeo-italiano del Novecento (1989); Editoria in ebraico a Venezia (1991). Ha curato Venezia ebraica (1982); Vita di Jehudà. Autobiografia di Leon Modena (2000) con altri; Adolfo Ottolenghi (2003).

15 x 21 cm - 168 pp. - ISBN 8871581113 - Euro 20,00

Umberto Fortis (a cura di)

Dall’antigiudaismo all’antisemitismo 1
Lantigiudaismo antico e moderno

Ha schernito la mia nazione, s’è messo di traverso nei miei affari, ha gelato i miei amici, ha riscaldato i miei nemici. E tutto questo perché? Perché sono un ebreo. Un ebreo non ha occhi? Un ebreo non ha mani, membra, sensi, affetti, passioni? Non si nutre dello stesso cibo, non è ferito dalle stesse armi, non va soggetto alle stesse malattie, non si guarisce con gli stessi mezzi, non ha il freddo dello stesso inverno e il caldo della stessa estate d’un cristiano?
(W. Shakespeare, Il mercante di Venezia, atto III, scena I)

Uno dei nodi sui quali s’interroga la storiografia contemporanea è quello dei rapporti di continuità tra la millenaria discriminazione nei confronti degli ebrei e i movimenti antisemiti dell’Ottocento e del Novecento.
La cultura antica ha prodotto una vasta gamma di stereotipi antiebraici, destinati a durare nel tempo. Il rifiuto del particolarismo ebraico (ebreofobia, giudeofobia, antigiudaismo), nei secoli precedenti l’era volgare, costituì un supporto di forte rilevanza, sul quale il cristianesimo poté più facilmente sviluppare la propria percezione negativa nei confronti degli ebrei. Le accuse di deicidio, di omicidio rituale, di usura, i massacri di massa durante le crociate, l’imposizione del segno distintivo, come pure eventi di valore epocale, quali l’inquisizione, la cacciata dalla penisola iberica e l’istituzione dei ghetti, sono i tragici riscontri storici di un’avversione, che ha condizionato nei secoli la vita degli ebrei nella diaspora europea.

Nel volume:

Lucio Troiani, L’antigiudaismo nel mondo ellenico
Carlo Franco, Il mondo romano e l’ebraismo
Piero Stefani, Le origini dell’antigiudaismo cristiano
Giacomo Todeschini, L’evoluzione degli stereotipi antiebraici fra Medioevo ed Età Moderna
Documenti e testimonianze, a cura di Umberto Fortis

15 x 21cm - 128 pp. - ISBN 88-7158-125-3 - Euro 18,00

A cura di Umberto Fortis

Dall’antigiudaismo all’antisemitismo 2
Lantisemitismo moderno e contemporaneo

Se un uomo attribuisce tutte o parte delle disgrazie del paese e delle proprie disgrazie alla presenza di elementi ebraici nella comunità, se egli propone di rimediare a questo stato di cose privando gli ebrei di alcuni dei loro diritti o escludendoli da certe funzioni economiche e sociali o espellendoli dal territorio o sterminandoli tutti, si dice che egli è di opinioni antisemite. J. P. Sartre, Réflexions sur la question juive, 1947

I rapporti di continuità e gli elementi di diversità fra l’antiebraismo dell’Ottocento e l’antisemitismo nazista; la valenza denigratoria della pratica della caricatura, supporto non secondario al diffondersi dell’odio antiebraico soprattutto nella Francia del primo Novecento; l’esito estremo della Shoah nella prospettiva odierna di revisionisti e negazionisti; la riattivazione di moduli e di stereotipi dell’archivio antiebraico da parte di politici e saggisti; la diffusione di siti violentemente antisemiti nella rete internet nazionale e i problemi legati all’insegnamento della storia ebraica e dell’antisemitismo nelle scuole e nelle università sono i temi trattati nelle relazioni raccolte in questo volume e presentate alla XXVIII giornata di studio, organizzata dalla Comunità Ebraica di Venezia il 30 novembre 2003, in occasione del LX anniversario delle deportazioni nazifasciste dall’Italia.

Nel volume:

Umberto Fortis, Premessa
Giovanni Miccoli, L’antisemitismo fra Otto e Novecento: continuità e mutamenti
Marie-Anne Matard-Bonucci, La caricature, temoin et vecteur de l’internationalisation de l’antisémitisme? La figure du «juif monde»
Riccardo Calimani, L’antisemitismo in Francia negli anni Trenta
Valentina Pisanty, Come ragionano i negazionisti
Simon Levis Sullam, L’archivio antiebraico. Contributo all’analisi dell’antisemitismo
Adriana Goldstaub, L’antisemitismo nei siti internet italiani
Gadi Luzzatto Voghera, Antisemitismo, Shoah e questioni di didattica
Appendice
Umberto Fortis, Tra i nipoti di Shylock. L’usuraio ebreo nella letteratura dell’Italia liberale

15 x 21 cm - 164 pp. - ISBN 88-7158-126-1 - Euro 18,00

COLLANA DEL DIPARTIMENTO DI STORIA DELL’UNIVERSITÀ DI TORINO

Massimiliano Franco

I giorni del vino e del coltello

Analisi della criminalità in un distretto industriale di fine ’800

Sul finire dell’Ottocento uno dei più importanti distretti industriali italiani, il Biellese, accanto alla accelerazione del processo di fabbrica e al progresso economico, conobbe un aumento della delinquenza tale da destare vive preoccupazioni presso il ceto dirigente e industriale, le classi borghesi e la popolazione tutta. Biella, la “Manchester d’Italia”, sembrò divenire un palcoscenico dove, in mezzo a strati sociali in parziale frantumazione e ricomposizione, il vento della modernità avanzava vischiosamente segnato da residui culturali antichi e da nuovi antagonismi. In questo contesto, medici e criminologi, magistratura e forze di polizia cercarono di individuare e affrontare, neutralizzare e alle volte capire criminali e devianti, sovversivi veri e presunti o semplici marginali, restituendoci uno spaccato storico e sociale ricco di sfumature e di contrasti.

Massimiliano Franco ha conseguito il dottorato di ricerca in Storia delle società contemporanee presso l’Università di Torino. Specializzato in storia sociale e del lavoro, si è occupato soprattutto di storia criminale e dei problemi legati ai regimi alimentari delle classi popolari ottocentesche.

15 x 21 cm - 232 pp. - ISBN 9788871581507 - Euro 24,00

Lucia Frattarelli Fischer

Vivere fuori dal ghetto. Ebrei a Pisa e Livorno (secoli XVI-XVIII)

Per sfuggire alle Inquisizioni di Spagna e Portogallo, numerosi conversos accettarono le opportunità offerte dai privilegi dei granduchi di Toscana. Alcuni arrivarono come cristiani nuovi e si inserirono con ruoli di prestigio quali professori universitari e giudici di Rota, pur condividendo vita e aspirazioni della Nação. Altri si integrarono e finirono con l’ottenere titoli nobiliari. Nella maggior parte si presentarono come ebrei e fondarono la Nazione di Pisa e di Livorno con il privilegio di non essere chiusi in ghetto e poter acquistare proprietà immobiliare. A Livorno si costituì, a partire dalla fine del Cinquecento, una delle comunità sefardite più dense e vivaci d’Europa. Gli ebrei mercanti e imprenditori si dedicarono ai commerci, producevano ed esportavano merci come il corallo e importavano nuovi generi di consumo come il tabacco, promossero l’attività di una stamperia a caratteri ebraici e stabilirono reti mercantili e intellettuali a largo raggio.
Non sempre il ruolo economico e la protezione granducale furono sufficienti a preservare nuovi cristiani ed ebrei dagli attacchi dell’Inquisizione. Il ritorno al giudaismo fu anzi irto di ostacoli e forti pressioni spinsero ad aderire al cattolicesimo, come testimoniano alcuni percorsi “esemplari”. Notevole, d’altro canto, è l’attrazione verso la cultura europea: lo dimostra il catalogo della biblioteca dell’ebreo Giuseppe Attias (1669-1739), ricca di oltre 1300 titoli, molti dei quali all’Indice.
I documenti tratti dagli archivi toscani e da quelli dell’Inquisizione permettono di cogliere uomini e donne alle prese con i problemi dell’integrazione e della coesistenza. Ne deriva un quadro denso, mosso e variegato, della Nazione di Livorno, studiata anche nelle sue tensioni interne e nei rapporti con i poteri civili e religiosi.

Lucia Frattarelli Fischer collabora con il Dipartimento di Storia dell’Università di Pisa anche come membro del Centro Interdipartimentale di Studi Ebraici (CISE). Si è occupata dell’insediamento di minoranze non cattoliche (Armeni, Greci, Ebrei) nel porto franco di Livorno e in Toscana. Ha pubblicato studi di storia urbana e sociale in «Quaderni Storici», «Storia Urbana», «Società e Storia», in Atti di Convegni nazionali e internazionali. Socia della Società Storica Pisana, della Società per lo studio della storia moderna (SISEM), della Società di Demografia Storica (SIDeS), della Associazione Italiana per lo studio del giudaismo (AISG), della Associazione Livornese di Storia Lettere e Arti, è nel Comitato scientifico e nel Comitato redazionale di «Nuovi Studi Livornesi».

15 x 21 cm - 384 pp. - ISBN 9788871581620 - Euro 30,00

LABORATORIO DI STUDI STORICI SUL PIEMONTE E GLI STATI SABAUDI

Luisa Clotilde Gentile

Riti ed emblemi
Processi di rappresentazione del potere principesco
in area subalpina (XIII-XVI secc.)

Negli ultimi secoli del medioevo i conti e duchi di Savoia, i principi di Savoia Acaia signori del Piemonte, i marchesi di Monferrato e di Saluzzo rappresentarono in maniera differente il proprio potere per via emblematica e cerimoniale, entro un contesto regionale sito tra le Alpi e la pianura padana occidentale, favorevole per sua natura a contatti e scambi. Modelli e codici d’espressione furono attinti dalla cultura cortese e cavalleresca internazionale e declinati secondo il diverso peso economico e politico, le congiunture e le personalità di singoli principi; il tutto entro quel processo generale di costruzione e consolidamento dello Stato, cui la medievistica d’Oltralpe riconduce ormai da tempo il discorso sull’espressione simbolica del potere principesco. Facendo mostra di duttilità e capacità d’innovazione a fronte dei momenti di crisi, i principi di quest’area geografica si servirono di cerimonie ed emblemi per esprimere la legittimità del proprio potere – in riferimento all’Impero o in continuità con tradizioni politiche più antiche –, la successione dinastica, la sacralità della propria persona, le relazioni con le aristocrazie e le comunità, i rapporti d’intesa o conflitto con potenze vicine quali i principi francesi o i duchi di Milano. A riprova della loro validità sulla lunga durata, le forme della rappresentazione sarebbero sopravvissute a grandi linee sino all’età moderna.

Luisa Clotilde Gentile, dottore di ricerca in Storia medievale presso l’Università di Torino e l’Université de Savoie (Chambéry) e archivista storica, si occupa di corti e aristocrazie alla fine del medioevo in Piemonte e in Savoia e dei vari ambiti della rappresentazione rituale ed emblematica (araldica, sigillografia, cerimoniale). Ha pubblicato il volume Araldica saluzzese. Il Medioevo (Cuneo, 2004) e curato L’affermarsi della corte sabauda. Dinastie, poteri ed élites in Piemonte e Savoia fra tardo medioevo e prima età moderna (Torino 2006, insieme a P. Bianchi, in questa stessa collana); ha curato inoltre cataloghi di mostre, tra cui «Gentilhuomini christiani e religiosi cavalieri». Nove secoli dell’Ordine di Malta in Piemonte (Torino 2000, insieme a T. Ricardi di Netro).

“Corti e principi fra Piemonte e Savoia”, 2

15 x 21 cm - 292 pp. + 48 di tavole f.t. - ISBN 9788871581545 - Euro 36,00

Fabio L. Grassi

L’Italia e la questione turca (1919-1923)

Opinione pubblica e politica estera

Alla fine della prima guerra mondiale, le potenze alleate vincitrici si trovarono a dover risolvere il problema dell’impero ottomano in disfacimento. Tra esse, anche l’Italia si apprestò a godere in Turchia dei frutti della vittoria. Ma le cose andarono molto diversamente. Questo libro racconta quale fu, all’esterno, il ruolo dell’Italia nell’azione politico-diplomatica alleata nei confronti della Turchia e come, all’interno, il perseguimento e il fallimento delle ambizioni orientali contribuì all’ascesa del fascismo. L’autore fa costante riferimento, nel ricostruire la vicenda, a quanto pubblicato sulla stampa italiana contemporanea. Illustra così con quali presupposti ideologici e culturali i più rappresentativi e influenti organi di informazione di quell’epoca abbiano trattato la questione, contribuendo alla riflessione sul grado di cultura politica e sulla capacità di intervento, di sollecitazione e di critica delle forze che in quell’epoca riflettevano e formavano le idee degli italiani.

Fabio L. Grassi è dottore di ricerca in Storia dell’Italia contemporanea; insegna Storia contemporanea presso l’Università Yildiz di Istanbul. Ha pubblicato saggi e articoli, prevalentemente sulla storia turca moderna e contemporanea, tra cui La strana alleanza: Turchia kemalista e Russia sovietica, 1919-1922 (1989), Il kemalismo: un’esperienza fuori dagli schemi (1991), Atatürk. Il fondatore della Turchia moderna (2008).

15 x 21 cm - 272 pp. - ISBN 88-7158-055-9 - Euro 24,00

 

L’insegnamento di Auschwitz. Pensieri e linguaggi contro l’oblio

Gli interventi al convegno “Quel che resta di Auschwitz” hanno sollevato le domande cruciali sul rapporto che intercorre tra il passato, lo studio storico, le memorie e i linguaggi interdisciplinari con cui si confronta la nostra società ma, soprattutto, la scuola. Gli ultimi testimoni diretti degli eventi vanno scomparendo, i temi e le modalità di trasmissione sempre più si affidano alla rappresentazione figurata e le arti visive, così come il cinema, il teatro, la musica e la letteratura divengono la nuova espressione della coscienza, a supporto della storiografia.
In cosa consiste oggi l’“eredità di Auschwitz”, in un’epoca in cui il senso del tempo e il significato delle cose si basano essenzialmente sulla comunicazione veloce compiuta dai mezzi di informazione? Quale rapporto intercorre tra quel passato e le memorie che negli anni sono andate definendosi? E ancora, possiamo individuare il sottile filo rosso che separa mitologia, strumentalizzazione e coscienza civile riguardo al genocidio ebraico? Si tratta di domande accompagnate dalla consapevolezza che il tema della Shoah ha carattere fortemente emotivo ed è veicolo di un dibattito politico e religioso all’interno della società in generale e di quella ebraica in particolare.

Nel volume:

Foglie d’autunno Sarah Kaminski
Premessa Alberto Cavaglion
Ancora sul Giorno della Memoria. Chi ricorda chi Marco Brunazzi
Auschwitz, la memoria e il presente Stefano Levi Della Torre
Primo Levi antropologo. Istruzioni per il corretto uso della memoria Ernesto Ferrero
Il futuro della memoria. 65 anni dopo la liberazione del campo di sterminio di Auschwitz Barbara Distel
Dare corpo all’assenza. I testimoni del non-provato Raffaella Di Castro
L’antisemitismo di carta Daniele Rocca
La nota dolente. Come insegnare la Shoah attraverso la musica Maria Teresa Milano
Una questione di genere Claudio Gaetani
Abitare le emozioni per ricordare. L’esperienza del progetto di teatro della memoria a cura di Francesca Guglielmino e Roberto Nigrone
C’è una conclusione? La storia delle memorie e i linguaggi dei silenzi Claudio Vercelli
Percorso bibliografico a cura di Claudio Vercelli
Bibliografia. Saggistica a cura di Claudio Vercelli e Sarah Kaminski
Bibliografia. Narrativa a cura di Sarah Kaminski
Musicografia a cura di Maria Teresa Milano
Il cinema e la Shoah. Filmografia scelta e ragionata a cura di Claudio Gaetani

15 x 21 cm - 140 pp. - ISBN 9788871581736 - Euro 16,00

 
Fabio Levi (a cura di)

L’ebreo in oggetto

L’applicazione della normativa antiebraica a Torino (1938-1943)

La spinta dall’alto alla persecuzione degli ebrei nell’Italia fascista pervase via via le istituzioni e la società per il tramite delle leggi, di un gran numero di circolari e disposizioni amministrative. Il libro descrive come la legislazione e la regolamentazione “razziale” venne recepita e applicata.

Nel volume:

Fabio Levi, Il censimento antiebraico del 22 agosto 1938 Daniela Adorni, Modi e luoghi della persecuzione (1938-1943) Giuseppe Genovese, Profilo quantitativo del gruppo ebraico torinese nel 1938 Fabio Levi, Il signor questore e gli ebrei. Dalle relazioni periodiche del questore di Torino al capo della Polizia (1938-1942) Liliana Picciotto Fargion, Gli ebrei di Torino deportati: notizie statistiche (1938-1945).

Fabio Levi insegna Storia contemporanea all’Università di Torino ed è direttore del Centro Internazionale di Studi Primo Levi. Ha pubblicato fra l’altro: L’idea del buon padre. Il lento declino di un’industria familiare (1984); Un mondo a parte. Cecità e conoscenza in un istituto di educazione (1940-1975), seconda edizione Torino, 1997; Le case e le cose. La persecuzione degli ebrei torinesi nelle carte dell’EGELI. 1938-1945 (1998); I ventenni e lo sterminio degli ebrei. Le risposte a un questionario proposto presso la Facoltà di Lettere di Torino (1999); Auschwitz, il presente e il possibile. Dialoghi sulla storia tra infanzia e adolescenza (2004, con Maria Bacchi); In viaggio con Alex. La vita e gli incontri di Alexander Langer (2007). Per le edizioni Zamorani ha pubblicato inoltre L’identità imposta. Un padre ebreo di fronte alle leggi razziali di Mussolini (1996); Dodici lezioni sugli ebrei in Europa. Dall’emancipazione alle soglie dello sterminio (2003); La persecuzione antiebraica. Dal fascismo al dopoguerra (2009) e ha curato i volumi C’era una volta la guerra. Racconti e immagini degli anni 1935-1945 (2002, con Sonia Brunetti); Il mondo di Marcello (2006, con Alice Rolli).

15 x 21 cm - 208 pp. - ISBN 88-7158-007-9 - Euro 18,00

 
Fabio Levi

L’identità imposta

Un padre ebreo di fronte alle leggi razziali di Mussolini

“Salvo così la mia famiglia”. Con queste parole, lasciate scritte nel messaggio alla moglie e ai figli, si congedava Emilio Foà, funzionario dell’Unione industriale di Torino, suicida il 4 maggio 1939. Per il regime fascista l’ascendenza ebraica era diventata una colpa incancellabile: non aveva scampo neppure chi da tempo si era allontanato dalla tradizione dei padri e si vedeva imporre improvvisamente un’identità in cui stentava ormai sempre più a riconoscersi. Il libro descrive i percorsi di vita di Emilio Foà e del fratello Arturo, fra vicende pubbliche e famigliari. Sulla base di un’attenta ricostruzione storica e dando ampio spazio nella narrazione al linguaggio diretto e coinvolgente dei documenti, esso ripercorre tutto il periodo che va dall’ultimo scorcio dell’Ottocento fino ai drammatici anni delle persecuzioni antisemite culminate nelle deportazioni e a quelli, pieni di speranze e di contraddizioni, dell’immediato dopoguerra.

Fabio Levi insegna Storia contemporanea all’Università di Torino ed è direttore del Centro Internazionale di Studi Primo Levi. Ha pubblicato fra l’altro: L’idea del buon padre. Il lento declino di un’industria familiare (1984); Un mondo a parte. Cecità e conoscenza in un istituto di educazione (1940-1975), seconda edizione Torino, 1997; Le case e le cose. La persecuzione degli ebrei torinesi nelle carte dell’EGELI. 1938-1945 (1998); I ventenni e lo sterminio degli ebrei. Le risposte a un questionario proposto presso la Facoltà di Lettere di Torino (1999); Auschwitz, il presente e il possibile. Dialoghi sulla storia tra infanzia e adolescenza (2004, con Maria Bacchi); In viaggio con Alex. La vita e gli incontri di Alexander Langer (2007). Per le edizioni Zamorani ha pubblicato inoltre L’ebreo in oggetto (1991); Dodici lezioni sugli ebrei in Europa. Dall’emancipazione alle soglie dello sterminio (2003); La persecuzione antiebraica. Dal fascismo al dopoguerra (2009) e ha curato i volumi C’era una volta la guerra. Racconti e immagini degli anni 1935-1945 (2002, con Sonia Brunetti); Il mondo di Marcello (2006, con Alice Rolli).

Recensioni alle pagine

www.jstor.org/stable/41287119

http://www.silvanacalvo.ch/DD%20RECENSIONI%20E%20SCHEDE/23%20RECENSIONI%20E%20SCHEDE%20-%20c%20Levi%20Fabio/23%20c%2004%20Identita%20imposta.htm

 

15,5 x 21 cm - 216 pp. - ISBN 88-7158-049-4 - Euro 20,00

 

 Fabio Levi

Un mondo a parte

Cecità e conoscenza in un istituto di educazione (1940-1975)

Nella prima parte il libro analizza il processo che, a partire dal XVIII secolo, ha condotto in Europa al superamento della concezione pre-moderna di cecità, sul piano sociale e su quello filosofico, con l’affermarsi di speciali pedagogie e lo sviluppo degli istituti per ciechi, in relazione al rinnovamento delle teorie e dei sistemi educativi tra il Settecento e il Novecento. La seconda parte è dedicata all’Istituto per i ciechi di Torino: sulla base dei documenti d’archivio e di numerose testimonianze dirette, vengono descritte le pratiche pedagogiche adottate per tutto il secondo dopoguerra e le esperienze dei ragazzi ricoverati. Più in generale, lo studio offre spunti di riflessione su come la cecità influisca, a seconda degli individui e delle diverse situazioni, sul modo di conoscere il mondo circostante e sui rapporti con gli altri.

Fabio Levi insegna Storia contemporanea all’Università di Torino ed è direttore del Centro Internazionale di Studi Primo Levi. Ha pubblicato fra l’altro: L’idea del buon padre. Il lento declino di un’industria familiare (1984); Le case e le cose. La persecuzione degli ebrei torinesi nelle carte dell’EGELI. 1938-1945 (1998); I ventenni e lo sterminio degli ebrei. Le risposte a un questionario proposto presso la Facoltà di Lettere di Torino (1999); Auschwitz, il presente e il possibile. Dialoghi sulla storia tra infanzia e adolescenza (2004, con Maria Bacchi); In viaggio con Alex. La vita e gli incontri di Alexander Langer (2007). Per le edizioni Zamorani ha pubblicato inoltre L’ebreo in oggetto (1991); L’identità imposta. Un padre ebreo di fronte alle leggi razziali di Mussolini (1996); Dodici lezioni sugli ebrei in Europa. Dall’emancipazione alle soglie dello sterminio (2003); La persecuzione antiebraica. Dal fascismo al dopoguerra (2009) e ha curato i volumi C’era una volta la guerra. Racconti e immagini degli anni 1935-1945 (2002, con Sonia Brunetti); Il mondo di Marcello (2006, con Alice Rolli).

15 x 21 cm - 240 pp. - ISBN 8871580583 - Euro 24,00

 

Fabio Levi

Dodici lezioni sugli ebrei in Europa

Dall’emancipazione alle soglie dello sterminio

In una forma agile ed essenziale il libro descrive lo sviluppo del rapporto fra ebrei e società di maggioranza nei diversi stati d’Europa dal Settecento alle soglie dello sterminio nazista. Vengono così proposte all’attenzione del lettore le diverse facce del processo di integrazione e di differenziazione del mondo ebraico, sollecitato a reagire e ridefinirsi da una realtà in rapido mutamento e attraversata nel corso del tempo da profonde contraddizioni: fra volontà di emancipazione e nuove forme di discriminazione, fra spinte alla secolarizzazione e tendenze a riaffermare il ruolo pervasivo della religione, fra democrazie dell’Ovest, autocrazie dell’Est e nuove tendenze totalitarie.

Fabio Levi insegna Storia contemporanea all’Università di Torino ed è direttore del Centro Internazionale di Studi Primo Levi. Ha pubblicato fra l’altro: L’idea del buon padre. Il lento declino di un’industria familiare (1984); Le case e le cose. La persecuzione degli ebrei torinesi nelle carte dell’EGELI. 1938-1945 (1998); I ventenni e lo sterminio degli ebrei. Le risposte a un questionario proposto presso la Facoltà di Lettere di Torino (1999); Auschwitz, il presente e il possibile. Dialoghi sulla storia tra infanzia e adolescenza (2004, con Maria Bacchi); In viaggio con Alex. La vita e gli incontri di Alexander Langer (2007). Per le edizioni Zamorani ha pubblicato inoltre L’ebreo in oggetto (1991); L’identità imposta. Un padre ebreo di fronte alle leggi razziali di Mussolini (1996); La persecuzione antiebraica. Dal fascismo al dopoguerra (2009) e ha curato i volumi C’era una volta la guerra. Racconti e immagini degli anni 1935-1945 (2002, con Sonia Brunetti); Il mondo di Marcello (2006, con Alice Rolli).

15 x 21 cm - 148 pp. ISBN 8871581148 Euro 18,00 

Fabio Levi

La persecuzione antiebraica

Dal fascismo al dopoguerra

I saggi contenuti nel libro e in parte inediti sono stati scritti nel corso degli ultimi dieci anni. Essi costituiscono lo sviluppo e l’approfondimento di ricerche condotte dall’autore sin dalla fine degli anni ’80, dal momento cioè in cui finalmente le persecuzioni antiebraiche in Italia e in Europa hanno cominciato ad assumere anche nel nostro paese una nuova centralità nell’attenzione degli studiosi e nel dibattito pubblico.
I testi raccolti offrono nel loro insieme un percorso di lettura articolato e ricco di spunti spesso inediti delle vicende vissute dal mondo ebraico italiano fra gli ultimi anni ’30 e il periodo immediatamente successivo alla Liberazione.
In una prima parte si tracciano a grandi linee i caratteri della relazione fra ebrei e società di maggioranza nella storia dell’Italia unitaria, per poi delineare i passaggi principali della persecuzione fra ’38 e ’45. A questo si aggiungono alcuni approfondimenti sul contesto internazionale, su temi come la visibilità degli ebrei nella realtà politica e sociale del nostro paese o sul dibattito storiografico degli ultimi anni.
Un secondo gruppo di saggi mette in relazione la storia degli ebrei – da quelli apertamente schierati con il regime agli oppositori più strenui del fascismo – in una realtà specifica come Torino con il più generale contesto europeo, visto da angolature poco studiate sinora come la vicenda dei coniugi di matrimonio “misto” o il trattamento riservato dalla Svizzera ai perseguitati in fuga.
L’ultima parte guarda al dopo, considerando il tema della memoria e presentando vicende emblematiche quali il difficile rientro dei professori ebrei cacciati dalle Università nel 1938 o quelle non meno complesse relative alle restituzioni dei beni sottratti ai perseguitati.
Complessivamente il libro offre un punto di vista organico sulla storia delle persecuzioni antiebraiche in Italia, così come l’autore lo ha via via sviluppato nel corso di un lungo lavoro di ricerca e curando nello stesso tempo la pubblicazione di lavori realizzati da altri studiosi proprio nella stessa collana presso cui trova, non a caso, la propria collocazione anche questo volume.

Fabio Levi insegna Storia contemporanea all’Università di Torino ed è direttore del Centro Internazionale di Studi Primo Levi. Ha pubblicato fra l’altro: L’idea del buon padre. Il lento declino di un’industria familiare (1984); Le case e le cose. La persecuzione degli ebrei torinesi nelle carte dell’EGELI. 1938-1945 (1998); I ventenni e lo sterminio degli ebrei. Le risposte a un questionario proposto presso la Facoltà di Lettere di Torino (1999); Auschwitz, il presente e il possibile. Dialoghi sulla storia tra infanzia e adolescenza (2004, con Maria Bacchi); In viaggio con Alex. La vita e gli incontri di Alexander Langer (2007). Per le edizioni Zamorani ha pubblicato inoltre L’ebreo in oggetto (1991); L’identità imposta. Un padre ebreo di fronte alle leggi razziali di Mussolini (1996); Dodici lezioni sugli ebrei in Europa. Dall’emancipazione alle soglie dello sterminio (2003); e ha curato i volumi C’era una volta la guerra. Racconti e immagini degli anni 1935-1945 (2002, con Sonia Brunetti); Il mondo di Marcello (2006, con Alice Rolli).Bacchi - 2004); In viaggio con Alex. La vita e gli incontri di Alexander Langer (2007).

15 x 21 cm - 204 pp. - ISBN 9788871581767 - Euro 18,00

COLLANA DELL’ARCHIVIO EBRAICO BENVENUTO E ALESSANDRO TERRACINI

Fabio Levi (a cura di)

Gli ebrei e l’orgoglio di essere italiani.
Un ampio ventaglio di posizioni fra ’800 e primo ’900

Il libro, pensato in forma di antologia, intende offrire uno sguardo articolato sul rapporto fra mondo ebraico e processo di costruzione dello Stato unitario a partire dal Risorgimento, mostrando vari modi di sentire e presentare l’affezione per la patria italiana frutto di condizioni storiche, sociali e individuali diversissime, ma pur sempre confrontabili fra di loro per il fatto di essere situati nel quadro di un processo comune e di avere tutti uno stesso retroterra ebraico. Per Samuel David Luzzatto (Shadal), David Levi, Flaminio Servi, Luigi Luzzatti e Amelia Rosselli a ognuno dei quali, dopo l’introduzione di Fabio Levi, dedicano un saggio – seguito da un’ampia serie di brani tratti dai loro scritti – rispettivamente Gadi Luzzatto Voghera, Francesca Sofia, Carlotta Ferrara degli Uberti, Ilaria Pavan e Tullia Catalan, molto diverso è il rapporto con la tradizione e la religione dei padri non meno che con le culture e le condizioni del momento; proprio per questo però si tratta di esperienze che esemplificano in modo straordinariamente vivo la ricchezza dell’incontro fra culture che si realizza in coincidenza con la nascita dell’Italia contemporanea.

Nel volume:

Introduzione Fabio Levi

Samuel David Luzzatto Gadi Luzzatto Voghera

David Levi Francesca Sofia

Flaminio Servi Carlotta Ferrara degli Uberti

Luigi Luzzatti Ilaria Pavan

Amelia Rosselli Tullia Catalan

Parole chiave: Ebrei e risorgimento; ebrei e unità d’Italia; ebrei e prima guerra mondiale; ebrei e fascismo; ebrei e antifascismo; ebrei e interventismo; ebrei ed emancipazione; ebrei e nazionalismo; ebrei e sionismo; assimilazione; emancipazione; Luzzatti Luigi; Luzzatto Samuel David; Servi Flaminio; Rosselli Amelia; Levi David; fratelli Rosselli; scuola rabbinica di Padova; Shadal

15 x 21 cm - 168 pp. - ISBN 9788871581880 - Euro 20,00
 

Fabio Levi, Alice Rolli (a cura di)

Il mondo di Marcello. Operaio per scelta nella Torino del ’68

Il mondo di Marcello, descritto nel libro attraverso piccoli frammenti documentari e illuminato da brevi squarci storici, si estende dall’Italia delle leggi contro gli ebrei del 1938 all’Argentina di Perón e, dopo, dei desaparecidos, passando per Londra, la Tunisia e la Calabria. Ma il suo centro è la Torino del lungo sessantotto che vede sollevarsi prima gli studenti e poi gli operai ammassati in città dalle esigenze produttive della Fiat. Lui, Marcello Vitale, è un ragazzo di buona famiglia, intelligente, determinato. Partecipa alle lotte nella sua scuola e all’esperienza politica di Lotta Continua. È fra i pochissimi a decidere nel ’73 di andare a lavorare in fabbrica per condividere la realtà esistenziale e le speranze della classe operaia. È orgoglioso di conquistare giorno per giorno una vita diversa, interpretando in modo originale le idee diffuse fra molti della sua generazione. Gli piacciono la musica, la matematica e vive con Roberta le gioie e le difficoltà di un modo più libero di misurarsi con le cose di tutti i giorni.

15 x 21 cm - 176 pp. - interamente illustrato - ISBN 88-7158-144-X - Euro 14,00

 

Enrico Luzzati (a cura di)

Dalla parte degli ultimi. Padre Prosperino in Mozambico

Questo libro in memoria di Padre Prosperino, ideato da Enrico Luzzati, raccoglie le testimonianze di amici, religiosi, collaboratori che gli sono stati vicini nelle fasi della sua vita.
Padre Prosperino è stato un uomo generoso e totalmente dedito al prossimo. Scelse di lasciare la sua terra natia, la Basilicata, per prendere la strada della missione, che lo condusse in Mozambico. La sua fede religiosa fu la sorgente costante della sua instancabile energia, ma di fronte ai problemi drammatici della povertà in Africa, egli decise che prima di tutto si doveva ridare dignità alle persone, preoccupandosi di dare loro da mangiare, vestire ed abitare, di offrire istruzione e sanità. Maturò così la sua scelta radicale, che lo portò a vivere direttamente al servizio dei più poveri, anzi dei più poveri tra i poveri, le donne spesso abbandonate o maltrattate dai loro mariti. Accanto a loro egli avviò la più straordinaria delle sue iniziative, la creazione di quella che sarebbe diventata, nel giro di 20 anni, una delle maggiori cooperative africane.
Le voci del testo evocano, insieme alla grandezza dell’uomo, al suo instancabile operare, allo slancio ideale che guidò l’espansione delle attività cooperative, anche le difficoltà della sua ambiziosa costruzione. Confidiamo che la sincerità nel ricordare, la pluralità delle voci e dei giudizi, consegnino al lettore un’immagine vera e viva di padre Prosperino, come ci era caro.

Nel volume:

Introduzione Enrico Luzzati L’altra Africa Cristoforo Magistro Il periodo in Zambézia Padre Francesco Monticchio Gli anni di Maputo Enrico Luzzati

Interviste e testimonianze: Intervista a Celina Cossa - Intervista a Ismail Ossemane - Testimonianza di Yussuf Adam - Testimonianza di Rocco Di Cillo - Testimonianza di Giuseppe Bartolomeo (Padre Fedele) - In ricordo di Padre Prosperino Walter Veltroni

Biografia di Padre Prosperino Gallipoli

Il Mozambico negli ultimi cinquant’anni

15 x 21 cm 136 pp. + 48 tavole e una cartina - ISBN 9788871581675 - Euro 14,00

 

Bruno Maida

Dal ghetto alla città 

Gli ebrei torinesi nel secondo Ottocento

Questo libro offre un’immagine nuova e ricca di numerose sfaccettature degli ebrei di Torino nella seconda metà dell’Ottocento. La ricerca era particolarmente difficile perché l’archivio della Comunità ebraica è stato distrutto da un bombardamento nel 1942. Ciò nonostante l’autore, valendosi di un gran numero di altre fonti, è riuscito a ricostruire un quadro articolato delle istituzioni comunitarie, delle attività economiche, delle idee che sostennero le strategie di emancipazione e di ascesa sociale degli ebrei dopo l’emancipazione del 1848.
Nel delineare la specificità del caso torinese, il libro rappresenta un contributo di rilievo alla storia del rapporto fra gli ebrei e la società italiana dell’Ottocento.

Bruno Maida svolge attività di ricerca presso il Dipartimento di Storia dell’Università di Torino. Ha pubblicato Il futuro spezzato. Il nazismo contro i bambini (Firenze, 1997) con Lidia Beccaria Rolfi; Il prezzo dello scambio. Commercianti a Torino (Torino, 1998); Prigionieri della memoria. Storia di due stragi della Liberazione (Milano, 2002); La stampa del regime. Le veline del Minculpop per orientare l’informazione (Milano, 2005), con Nicola Tranfaglia; Proletari della borghesia. I piccoli commercianti dall’Unità a oggi (Roma, 2009); La Shoah dei bambini. La persecuzione dell’infanzia ebraica in Italia 1938-1945 (2013). Per le edizioni Zamorani ha curato con Giovanni Carpinelli Memoria e deportazione. Scritti di Federico Cereja (Torino, 2008).

15,5 x 21 cm - XVII-375 pp. - ISBN 88-7158-091-5 - Euro 30,00

 
Frida Malan e il segno del suo tempo

a cura di Mina Radeschi

Personalità originale e di singolare valore umano nel mondo politico e culturale piemontese, Frida Malan ha incarnato le molte stagioni di un impegno etico-civile, sempre coerente nel travaglio di un’epoca tormentata. Coraggiosa antifascista combattente, insegnante, politicamente attiva prima nel Partito d’Azione e poi sino alla morte nel Partito socialista, eletta per tre volte nel Consiglio comunale di Torino e quindi assessore per anni all’Igiene e Sanità e successivamente al Patrimonio e Lavori Pubblici, portò nel suo agire l’impronta di una sensibilità umana e culturale affatto particolare. Si distinguevano le sue forti radici morali evangelico-protestanti, peraltro abbinate ad un impegno rigorosamente laico, e la vivace sintonia con il nascente movimento delle donne.
Sono qui raccolti una serie di contributi e di testimonianze, corredate da un’antologia degli interventi nel Consiglio comunale torinese, che offrono un ritratto sintetico ma di notevole interesse storico.

Nel volume:

Sabrina Gambino Cericola Premessa Mina Radeschi Frida Malan: le ragioni di una ricerca Ersilia Ricatti Lisi Presentazione. Frida e la Commissione Regionale Pari Opportunità (CRPO) Marco Brunazzi Prefazione
Parte Prima. Il contesto storico-politico. La vita pubblica di Frida Malan
Caterina Simiand Frida: la Resistenza è donna Ottavia Mermoz L’impegno sociale e politico per una società paritaria Claudio Bellavita La politica a Torino negli anni del boom Ivetta Fuhrmann Frida Malan, insegnante Piera Egidi Bouchard Una cristiana indipendente
Parte Seconda. Le tante anime di Frida Malan attraverso le parole degli altri. Tra Consiglio comunale e impegno assessorile
Alessia Martelliano Frida attraverso i racconti
Interviste e testimonianze a cura di Mina Radeschi e Alessia Martelliano: Testimonianza di Mirella Antonione Casale - Intervista a Sergio Pistone - Testimonianza di Carla Spagnuolo - Intervista a Annibale Crosignani - Testimonianza di Mirella Argentieri Bein - Testimonianza di Marziano Marzano - Testimonianza di Liliana Ponsero - Testimonianza di Graziella Ansaldi Fresia - Intervista a Luigi Sergio Ricca - Intervista a Giuseppina (detta Pinin) Restellini - Intervista a Giovanni Caracciolo - Testimonianza di Maddalena Rigat - Intervista a Giovanni Picco
Parte Terza. Antologia
Mina Radeschi - Stefano Scabellone Introduzione all’Antologia
IV Tornata Amministrativa 1960-1964 - V Tornata Amministrativa 1964-1970 - VI Tornata Amministrativa 1970-1975
Indice dei nomi

288 pp. + 16 pp. di tavole fuori testo in b/n - ISBN 9788871581774 - Euro 28,00

LABORATORIO DI STUDI STORICI SUL PIEMONTE E GLI STATI SABAUDI

Andrea Merlotti (saggio introduttivo e cura di)

Il silenzio e il servizio

Le «Epoche principali della vita» di Vincenzo Sebastiano Beraudo di Pralormo

Vincenzo Sebastiano Beraudo di Pralormo (1721-1783), protagonista di questo libro, fu un tipico esponente di quella nobiltà di servizio, tradizionalmente considerata una delle componenti principali del secondo stato nei domini sabaudi d’Antico regime. La sua famiglia, anzi, con sette generazioni ininterrotte di funzionari fra Sei ed Ottocento, può esser vista come un esempio quasi da manuale di tale nobiltà. Dal 1760 Pralormo fu tra i principali realizzatori dell’azione riformatrice di Carlo Emanuele III e del ministro Bogino. Da un lato egli ideò e guidò l’Azienda ponti e strade, costruendo la rete d’infrastrutture vitale per un Piemonte che usciva da decenni di guerre. Dall’altro realizzò il censimento delle province «di nuovo acquisto» (conquistate al Ducato di Milano nella prima metà del Settecento), che riprendeva la grande tradizione dei catasti amedeani, saldandoli con l’esperienza lombarda di Pompeo Neri (cui, anzi, Pralormo guardò direttamente). Alla caduta di Bogino, nel 1773, Pralormo, forte della sua indiscussa abilità, continuò a ricevere importanti compiti tecnici – come la stesura del Regolamento dei pubblici (legge quadro dell’ordinamento comunale dello Stato) e la realizzazione del censimento del Monferrato –, ma non ebbe incarichi politici. A fronte di questa situazione, egli scrisse le Epoche principali della vita di me. Si tratta d’una sorta di autobiografia ideale, destinata ai propri discendenti, che, in un complesso gioco di silenzi e sottointesi, costituisce una preziosa e inedita testimonianza sul Piemonte degli ultimi decenni dell’Antico regime.

Andrea Merlotti, PhD in Storia della società europea presso l’Università degli studi di Torino, dove ha anche svolto attività di post-dottorato e d’assegnista di ricerca, è attualmente responsabile dell’Ufficio studi della Reggia di Venaria Reale. È autore di lavori sulla storia dei ceti dirigenti dello Stato sabaudo (L’enigma delle nobiltà. Stato e ceti dirigenti nel Piemonte del Settecento, Firenze, 2000). Su tale tema ha inoltre curato Nobiltà e Stato in Piemonte. I Ferrero d’Ormea (Torino, 2003). È stato fra i curatori de La Reggia di Venaria e i Savoia. Arte, magnificenza e storia di una corte europea (2007-2008) e con Alessandro Barbero della mostra Cavalieri. Dai Templari a Napoleone (2009-2010). Per Zamorani ha curato con Paola Bianchi Le strategie dell’apparenza. Cerimonie e società alla corte dei Savoia (Torino, 2010)e ha pubblicato i saggi Disciplinamento e contrattazione. Dinastia, nobiltà e corte nel Piemonte sabaudo da Carlo II alla Guerra civile nel volume L’affermarsi della corte sabauda. Dinastie, poteri, élites in Piemonte e Savoia fra tardo medioevo e prima età moderna (Torino, 2006), Una «muta fedeltà»: le cerimonie di baciamano fra Sei e Ottocento in Le strategie dell’apparenza. Cerimoniali, politica e società alla corte dei Savoia in età moderna (Torino, 2010) e Il gran cacciatore di Savoia nel XVIII secolo nel volume La caccia nello Stato sabaudo. I. Caccia e cultura (secc. XVI-XVIII) (Torino, 2010).

15 x 21 cm - 256 pp. - ISBN 88-7158-121-0 - Euro 26,00

 

LABORATORIO DI STUDI STORICI SUL PIEMONTE E GLI STATI SABAUDI

 

Andrea Merlotti (a cura di)

Nobiltà e Stato in Piemonte. I Ferrero d’Ormea

 

Nel Piemonte d’Antico regime non vi fu un unico tipo di nobiltà. Il secondo stato, anzi, si declinò in una pluralità di definizioni di cui nobiltà feudali e patriziati costituirono solo alcuni casi. In diverse città, soprattutto del Piemonte meridionale, nel Basso medioevo si costituirono de facto patriziati che, pur non venendo mai riconosciuti de jure dalla Corona sabauda, sopravvissero sino al XVIII secolo. Si tratta, in buona sostanza, di quelle che lo storiografo seicentesco Francesco Agostino della Chiesa definiva «nobiltà civili». Di queste uno dei casi più interessanti fu certo quello monregalese. Nel convegno – svoltosi a Torino e Mondovì tra il 3 e il 5 ottobre 2001 – di cui questo volume raccoglie gli atti sono analizzate le vicende della famiglia Ferrero, esponente del patriziato di Mondovì dal XV al XVIII secolo. Nonostante sin dall’inizio del Cinquecento diversi suoi esponenti avessero servito i Savoia a corte e nell’esercito, solo alcuni rami di essa, alla metà del XVII secolo, erano entrati a far parte della feudalità sabauda. Nel 1680, anzi, i Ferrero guidarono la «Guerra del sale», la grande rivolta che contrappose la Civitas Montisregalis all’assolutismo sabaudo. Nel XVIII secolo, mentre alcuni rami della famiglia restarono a Mondovì, un altro si trasferì a Torino, dando a Vittorio Amedeo II ed a Carlo Emanuele III il più celebre dei loro ministri: Carlo Vincenzo Ferrero, marchese d’Ormea (1680-1745). Il volume, dopo i contributi che si occupano dell’attività del ministro, prosegue l’analisi giungendo sino alla fine del XIX secolo ed all’inserimento dell’antica famiglia nel Piemonte liberale.

Introduzione di Andrea Merlotti
Saggi di: Paola Bianchi, Anthony L. Cardoza, Patrizia Chierici, Giancarlo Comino, Paolo Cozzo, Filippo De Pieri, Claudio Donati, Enrico Genta, Giuseppe Griseri, Giorgio Lombardi, Maria Gattullo, Pierpaolo Merlin, Andrea Merlotti, Cesare Morandini, Maria Paola Niccoli, Laura Palmucci, Luciano Pezzolo, Blythe Alice Raviola, Giuseppe Ricuperati, Gian Paolo Romagnani, Christopher Storrs, Stefania Taranto, Marco Violardo.

15 x 21 cm - 540 pp., con 28 tavole f.t. e 3 cartine - ISBN 88-7158-115-6 - Euro 35,00

Vita di Jehudà

Autobiografia di Leon Modena rabbino veneziano del XVII secolo

Si dica che non facevo parte degli ipocriti, che il mio interno è come il mio esterno; sono stato timorato di Dio, mi sono tenuto lontano dal male più in segreto che in palese e non ho avuto riguardi ad amico o parente e neanche a me stesso o a ciò che mi poteva esser utile quando si trattava di quello che mi sembrava fosse la verità...

Predicatore acclamato nelle sinagoghe e additato come esempio dai sacerdoti nelle chiese, maestro illustre di Torà, autorità spesso consultata da comunità italiane e straniere per questioni attinenti alla normativa ebraica, intellettuale aperto alle proposte della cultura contemporanea, il rabbino veneziano Leon Modena (1571-1648) può essere considerato l’anello di congiunzione tra lo spazio chiuso della tradizione rabbinica e la dimensione fluida e mutevole della società secentesca. Nell’autobiografia egli non esita a svelare il profondo contrasto di tutta la sua esistenza: il dissidio di un uomo timorato di Dio ma tormentato dai sensi di colpa di chi non ha la costanza di aderire pienamente al sistema di vita nel quale crede fermamente e che la Legge, tante volte commentata e spiegata al pubblico, gli impone.

La traduzione dall’ebraico, opera di Emanuele Menachem Artom, è qui presentata a cura di Elena Rossi Artom e di Ariel Viterbo, corredata dalle note di Daniel Carpi e dall’introduzioone di Umberto Fortis.

15 x 21 cm - 146 pp. - ISBN 978-88-7158-080-7 - Euro 18,00

Morris M. Mottale

Wading Through Conflict. America and the Middle East

This book outlines and develops the past and contemporary threads that run through American policies toward the Middle East at large. The analysis is focused on Washington’s national interests being set in a context that seeks equilibrium between ideological, religious, and territorial conflicts in the area. The more critical and problematic aspects of American foreign policy making derive from the difficulty of Washington’s decision makers to balance American strategic and economic interests with ideational values that in turn clash with the political and religious experiences of the area. As the prospects of conflict resolution in the Middle East become increasingly complex, American foreign policy in the area seems to be faced with ever more critical challenges compounded by terrorism, the Arab-Israeli conflict, religious cleavages, and political instability confronting many of the states in the area.

MORRIS M. MOTTALE is professor of International Relations and Comparative Politics and chair of the Department of Political Science at Franklin College, Switzerland. His main teaching and research interests lie in international relations, comparative politics, Middle Eastern politics, international political economy, strategic studies, and energy. He has taught in the United States, Canada, and England and has been a research scholar at universities across North America, Europe, and the Middle East, including the Harvard Center for Middle Eastern Studies. His books include The Origins of the Gulf Wars, and Iran: The Legacy of the Islamic Revolution both published by University Press of America and Rowman & Littlefield. He is also the author of several articles and reviews on international and Middle Eastern politics. He is also a senior research associate at the International Security Forum in Cyprus and a consultant on international security and energy. He holds a B.A. and M.A. from San Diego State University in California and a Ph.D. from York University in Toronto, Canada.

15 x 21 cm - 160 pp. - ISBN 9788871581996 - Euro 24,00

Irma Naso
“Magistri, scholares, doctores”.
Il mondo universitario a Torino nel Quattrocento

Il libro ripercorre la storia dell’Università di Torino dalla fondazione nel 1404 fino all’inizio del secolo XVI. Alle difficoltà iniziali segue nel pieno Quattrocento una fase caratterizzata da maggiore dinamismo e stabilità istituzionale, ma sempre alternando fasi più fortunate a momenti di sensibile declino. Per i decenni centrali del secolo i documenti segnalano un incremento del numero delle cattedre che trova riscontro nella crescita della popolazione studentesca. Quei giovani scolari forestieri trasferiti nella Torino tardomedievale ne animano con la loro presenza la vita sociale in vario modo. Ai riti e alle cerimonie di laurea, solenne palcoscenico per maestri e dottori delle tre facoltà, (diritto, arti e medicina, teologia) fanno eco le rivendicazioni da parte del mondo universitario dei tradizionali privilegi fiscali e giuridici. Con il sostegno del potere signorile gli studenti invocano dall’amministrazione comunale soluzioni a problemi concreti, come quello dell’ospitalità, che incessantemente affiora nelle fonti del tempo quale motivo di contestazioni anche vivaci, quando non violente: problemi dell’università dei secoli passati, problemi dell’università di oggi.


Irma Naso insegna storia medievale all’Università di Torino, Dipartimento di Filosofia e Scienze dell’Educazione. La storia dell’università rientra tra i suoi principali interessi scientifici, che riguardano anche la storia della medicina e dell’alimentazione nel tardo medioevo. Dopo alcuni saggi sulle origini e il primo secolo di attività dello Studium generale di Torino, editi nel corso degli anni novanta in momenti successivi e sedi diverse tra le quali la Storia di Torino (Einaudi, 1997), ha curato il volume Alma felix Universitas Studii Taurinensis. Lo Studio generale dalle origini al primo Cinquecento (Università degli Studi di Torino, 2004) per il sesto centenario dell’Ateneo. Ha poi pubblicato fra l’altro il volume Insignia doctoralia. Lauree e laureati all’Università di Torino tra Quattro e Cinquecento (Università degli Studi di Torino, 2008, con P. Rosso). Fa parte del Comitato scientifico della “Rivista di storia dell’Università di Torino” e del Consiglio direttivo del Centro per lo studio della storia dell’Università di Torino - CSSUT.

15 x 21 cm - 166 pp. - ISBN 9788871582146 - Euro 24,00

Irma Naso (a cura di)

Le parole della frutta.
Storia, saperi, immagini tra medioevo ed età contemporanea

Argomento di studio abbastanza trascurato dalla storiografia, la frutta rivela in questo libro l’importante ruolo che essa assume nei diversi ambiti culturali, indagati in una prospettiva di lungo periodo. Lo studioso potrà ricavarne suggestioni e stimoli per nuove e più puntuali ricerche, mentre il lettore si sorprenderà di trovare risposta a interrogativi e curiosità intorno alle “storie” della frutta.
Attraverso la voce del pensiero medico-dietetico, delle pratiche gastronomiche, della letteratura, dell’arte e della scienza, ma anche attraverso la storia del diritto, della simbologia, della religiosità, sarà possibile riscoprire il significato più autentico di un cibo prezioso: un vero “dono della natura” oggi sempre più spesso sacrificato alle leggi del mercato.

Dall’indice:

IRMA NASO Frutta tra passato e presente. Ricerche pluridisciplinari

Gli alberi e la storia

ALFIO CORTONESI Produzioni e paesaggi dell’arboricoltura italiana medievale
GIUSEPPE GULLINO Alberi da frutto negli statuti comunali piemontesi
ALESSANDRO CARASSALE La coltivazione degli agrumi in Liguria tra tardo medioevo e prima età moderna: varietà e normative di raccolta
FRANCESCO AIMERITO Frutta e piante da frutto nei bandi politici e campestri del Piemonte sabaudo

I saperi e la tavola

GABRIELE ARCHETTI «Parvula poma sumebat». Suggestioni dal mondo monastico
MARILYN NICOUD I medici medievali e la frutta: un prodotto ambiguo
IRMA NASO Frutta e gastronomia. Libri di cucina tra Italia e Francia nel tardo medioevo
MARÍA DE LOS ÁNGELES PÉREZ SAMPER La fruta en la corte española de la edad moderna
ALBERTO CAPATTI Pellegrino Artusi: la frutta, le ferrovie, le conserve

Il racconto e l’immagine

MARINA MONTESANO Frutta avvelenata, frutta stregata
ADA QUAZZA Pomi, fragole, mirtilli… Dai «Tacuina» ai margini dei libri di preghiera
PAOLO ROSSO Tra immagine e testimonianza. La frutta nella letteratura tardomedievale e umanistica
AVE APPIANO Frutta e cibi disposti nella natura morta fiamminga e italiana. Seduzioni estetiche e artifici simbolici

La memoria e la scienza

LAURA PROSPERI Catalogare i pomi nel tardo medioevo. Tracce di classificazioni pre-scientifiche nella tradizione enciclopedica latina
TOMMASO ECCHER La Pomologia artificiale e l’opera di Francesco Garnier Valletti
OSVALDO FAILLA Origine ed evoluzione della biodiversità nelle specie arboree da frutto
ISABELLA DALLA RAGIONE Archeologia Arborea: ricerca e conservazione di vecchie varietà di fruttiferi nel Centro Italia, tra storia, paesaggio e arte

Irma Naso insegna storia medievale presso l’Università degli Studi di Torino. Ha pubblicato, tra l’altro, vari saggi in cui la storia dell’alimentazione si intreccia con la storia della cultura medico-dietetica in età premoderna. Presiede il Centro per la storia del-l’alimentazione e della cultura materiale - CeSA.

“Fatta eccezione per la viticoltura, la cui importanza economica ha da sempre suscitato l’interesse degli studiosi, la frutta, come soggetto storiografico, non ha per il resto riscosso molta fortuna, forse anche a causa della penuria di testimonianze che ne documentino il consumo. Tanto piú meritorio appare dunque questo volume, che raccoglie gli atti di un recente convegno sull’argomento, organizzato dal Centro Studi per la Storia dell’alimentazione e della cultura materiale di Torino, intitolato alla studiosa Anna Maria Nada Patrone, prematuramente scomparsa. Grazie al contributo di specialisti appartenenti ad ambiti disciplinari diversi, viene delineato un quadro multiforme di tematiche, che affrontano le molteplici chiavi di lettura alle quali l’argomento si presta. Il volume si divide perciò in quattro sezioni, ciascuna dedicata a uno dei numerosi settori d’indagine applicabili alla frutta: quello storico, in primo luogo, comprendente saggi volti a chiarire le origini e la diffusione delle colture frutticole, la loro tipologia, la normativa a tutela della produzione edel commercio e quella concernente le prescrizioni igienico-sanitarie. La seconda sezione tratta dell’impiego alimentare della frutta, e quindi della sua utilizzazione in conserve, alimenti e medicine, con implicazioni riguardanti il pensiero medico-dietetico che, da un lato, considerava la frutta dannosa come alimento e nociva all’organismo, e, per altro verso, ne faceva largo impiego nelle confetture medicinali. I trattati scientifici del tardo Medioevo, infatti, attribuivano alla maggior parte dei frutti, specie se succosi e zuccherini e soprattutto se consumati crudi, varie controindicazioni per la loro facilità a fermentare nello stomaco. Nella realtà quotidiana, però, i libri di cucina utilizzavano abbondantemente questo prodotto, cotto e debitamente manipolato, per numerose ricette. Soprattutto la frutta secca, e le mandorle in particolare, occupavano un ruolo di primaria importanza nei ricettari medievali, utilizzate talvolta nella preparazione di salse, talvolta come componente importante dei piatti di magro, tanto che, durante la Quaresima, si producevano persino ricotta e burro col latte di mandorle, per non parlare degli onnipresenti alimenti in pasta di mandorle. Argomenti della terza parte sono lasimbologia (la mela avvelenata o emblema della tentazione nel Paradiso terrestre, l’uso simbolico della frutta nella letteratura medievale eumanistica) e l’iconografia: dai Tacuina sanitatis lombardi tardo-trecenteschi, in cui è frequente la raffigurazione di alberi da frutto, ai «libri d’ore» quattrocenteschi italiani, francesi e fiamminghi, con cornici ricche di fiori e di frutti dal significato simbolico, o recanti la narrazione delle attività agricole di ogni mese, alle nature morte fiamminghe e italiane come meditazione sulla fragilità e transitorietà dell’esistenza. Il volume si chiude con una quarta e ultima sezione, in cui il soggetto «frutta» viene analizzato dal punto di vista scientifico, sviluppandone i vari aspetti: dalla classificazione vegetale delle specie arboree utilizzate nel Medioevo, a quelle in vigore nell’età moderna, fino all’epoca contemporanea, e alla ricerca e e alla ricerca e conservazione delle varietà frutticole antiche. Vanno segnalate, in particolare, le pagine dedicate alla coltura del pesco, che, originario della Cina, si diffuse in Italia dall’epoca romana (I secolo d.C.)”.
Maria Paola Zanoboni, in «Medioevo», febbraio 2013.

17 x 24 cm - 256 pp. - 16 tavole f.t. a colori - ISBN 9788871581941 Euro 36,00

 

LABORATORIO DI STUDI STORICI SUL PIEMONTE E GLI STATI SABAUDI

Paolo Palumbo

Un confine difficile

Controversie tra la Repubblica di Genova e il Regno di Sardegna nel Settecento

Questo volume racconta le controversie di confine avvenute tra la Repubblica di Genova e lo Stato sabaudo nel corso del XVIII secolo. L’aggressiva politica estera intrapresa da Vittorio Amedeo II e proseguita dai suoi successori impresse un senso nuovo a dispute che spesso avevano già secoli di storia alle spalle. I sempre più frequenti incidenti alla frontiera liguro-piemontese furono affrontati così più come affari di Stato che come questione di carattere puramente locale. Il governo di Torino fu abile ad utilizzarli per cercare di aprirsi quella via al mare che dopo l’espansione verso la Lombardia imperiale e l’annessione della Sardegna avrebbe dato nuovo impulso militare ed economico al Paese. Da parte sua, il governo di Genova, pur senza metter in discussione l’ormai tradizionale immobilismo politico, fece tutto quanto in suo potere per evitare un nuovo sbocco sabaudo sul Mediterraneo che sarebbe stata una vera e propria tragedia per la Repubblica. Si trattava, comunque, di una politica puramente difensiva, come avrebbe mostrato la sconfitta sul tema dei feudi imperiali degli Appennini, rivendicati ed infine ottenuti da Carlo Emanuele III. La storia è ricostruita attraverso un’attenta lettura dei fitti carteggi degli inviati genovesi e sabaudi con i rispettivi governi. In tal modo viene per la prima volta ricostruita una pagina forse secondaria, ma certo non priva d’importanza della storia politica dell’Italia del Settecento.

Paolo Palumbo si è laureato presso l’Università di Genova con una tesi di storia militare successivamente pubblicata con il titolo Al fianco della Francia. I battaglioni di fanteria ligure dal 1797 al 1805. Ha conseguito il titolo di dottore in ricerca presso l’Università di Torino sviluppando un tematica legata alle questioni frontaliere tra la Repubblica di Genova e il Regno di Sardegna nel Settecento. Lavora in qualità di redattore presso il Consorzio di Valorizzazione Culturale “La Venaria Reale”.

Collana “Saggi e studi” 2

15 x 21 cm - 224 pp., con due mappe - ISBN 9788871581811 - Euro 25,00

Alessia Pedio

Costruire l’immaginario fascista

Gli inviati del «Popolo d’Italia» alla scoperta dell’altrove (1922-1943)
Il «Popolo d’Italia» per il periodo che va dalla Marcia su Roma al 25 luglio 1943, nella sua veste di vetrina ufficiale del fascismo, può essere esemplarmente considerato lo «specchio» di un insieme di questioni: dalle aspirazioni e dai contenuti della politica culturale del regime alle strategie messe in atto per creare il consenso nell’opinione pubblica.
Nel libro di Alessia Pedio vengono analizzati, attraverso gli elzeviri e gli articoli “culturali”, apparsi per lo più nella terza pagina del giornale, i modelli e i paradigmi più diffusi nella rappresentazione dell’altro, dell’altrove e degli italiani stessi. Oltre agli articoli celebrativi della storia d’Italia sono presi a tal scopo in esame le corrispondenze o meglio, i reportage narrativi, pubblicati da un nucleo piuttosto articolato di giornalisti e pubblicisti (fra i principali, Mario Appelius, Mirko Ardemagni, Luigi Barzini, Franco Ciarlantini, Mario dei Gaslini, Arnaldo Cipolla, Roberto Suster, Augusta Perricone Violà, Ain Zara Magno, Pier Luigi Barbato) che si impegnarono nel portare i lettori italiani a conoscenza di vari luoghi e popoli d’Africa e d’Asia (con particolare attenzione a India, Cina e Giappone), delle dottrine e dei sistemi produttivi affermatisi nella Russia sovietica e negli Stati Uniti.
Si scoprirà inevitabilmente che più che cooperare a un’au-tentica conoscenza, i giornalisti de «Il Popolo d’Italia» divulgano una “presunzione di conoscenza” racchiusa in immagini schematiche, a volte paradossali o in interpretazioni strumentalmente ideologizzate di fenomeni e realtà che, per la loro lontananza geografica, vengono banalmente percepiti come esotici o inaccessibili all’uomo occidentale.
Spesso foriero non di reale comprensione della diversità, ma compresso in una griglia semplicistica e dalle maglie strettissime, l’immaginario fascista che ne deriva risulta per molti aspetti debitore della tradizione culturale ottocentesca e nazionalista, di cui perfeziona ed esaspera meccanismi e categorie interpretative. Letto da questa angolatura e concepito come una parte non irrilevante del primo grande progetto di educazione nazionale, «Il Popolo d’Italia» permette di aggiungere un ulteriore tassello all’interpretazione della “prismatica” ideologia fascista e di cogliere quest’ultima nelle sue molteplici pieghe e sfaccettature.


Alessia Pedio, dopo aver conseguito il diploma di perfezionamento in Scienze politiche presso la Scuola superiore di studi universitari e perfezionamento Sant’Anna dell’Università di Pisa, nel 2012 ha concluso un post-dottorato biennale presso il Centre de recherches historiques dell’École des Hautes Études en Sciences Sociales di Parigi. Tra le sue pubblicazioni La cultura del totalitarismo imperfetto. Il Dizionario di politica del Partito nazionale fascista (1940), Milano 2000 e La divulgazione storica sulla terza pagina de «Il Popolo d’Italia» (1922-1943), «Annali della Fondazione Ugo La Malfa», 2008-2009. Ha curato I volti del consenso. Mass media e cultura nell’Italia fascista, Roma 2004 e attualmente collabora, per la parte di ricerca, alla ristampa anastatica delle opere della casa editrice di Piero Gobetti, in uscita dal 2011 per le Edizioni di storia e letteratura di Roma.

Materiali e recensioni:

http://aperto.unito.it/handle/2318/143573#.U3Ruqtgripo

Leggi parte del capitolo 2 e capitolo 3 all'indirizzo: http://www.docsity.com/it-docs/A__Pedio__Costruire_l_immaginario_fascista

15 x 21 cm - 240 pp., con 6 cartine - ISBN 9788871582023 - Euro 28,00

LABORATORIO DI STUDI STORICI SUL PIEMONTE E GLI STATI SABAUDI

Saggio introduttivo e cura di Blythe Alice Raviola

«Il più acurato intendente»

Giuseppe Amedeo Corte di Bonvicino e la “Relazione dello stato economico politico dell’Asteggiana” del 1786

Prefazione di Giuseppe Ricuperati

Giuseppe Amedeo Corte di Bonvicino, figlio del ministro Giuseppe Vincenzo, fu costituito intendente della Provincia di Asti nel 1783, a soli ventisei anni. Dopo un intenso triennio di attività e di puntuale osservazione della realtà territoriale affidatagli, scrisse la Relazione che qui si pubblica, profonda e articolata riflessione di un precoce amministratore che dovette misurarsi con tempi e spazi difficili da gestire e che toccò con mano la dicotomia tra i principi delle leggi, talora, peraltro, troppo farraginose, e la loro effettiva applicazione. Il documento è, però, anche un vero e proprio manifesto delle tensioni progettuali della generazione di giovani funzionari di cui fecero parte, tra gli altri, Giovanni Francesco Galeani Napione e Prospero Balbo. Membro, come costoro, della Reale Accademia delle Scienze sin dalla sua fondazione, con la Relazione Corte volle non solo rendere conto dello stato dell’Astigiano, restituendo puntuali informazioni sull’economia dell’epoca, ma anche proporre concrete riforme burocratico-amministrative che portassero a un ulteriore accentramento nel controllo delle province a discapito degli organi comunali locali. Il secondo mandato ad Asti (1786-1790) e le successive esperienze professionali e biografiche di Giuseppe Amedeo ricostruite dalla curatrice dall’incarico presso l’Intendenza di Novara negli anni delle rivolte piemontesi a quello all’Intendenza di Torino del 1798, dal silenzio di età napoleonica allo spento ritorno in politica con la Restaurazione avrebbero finito con l’infrangere tali aspettative e, con esse, quelle di un’intera stagione dello Stato sabaudo.

Blythe Alice Raviola è dottore di ricerca in Storia della Società europea in età moderna e assegnista di ricerca presso il Dipartimento di Storia dell’Università di Torino. È autrice di alcuni saggi sul Piemonte sabaudo, tra i quali Le rivolte del luglio 1797 nel Piemonte meridionale («Studi storici», 1998), ha curato con altri l’edizione degli Annali casalesi (1613-1693) di Giovanni Battista Vassallo e pubblicato i volumi Il Monferrato gonzaghesco. Istituzioni ed élites di un micro-stato (1536-1708) (Firenze, 2003), Cartografia del Monferrato: geografia, spazi interni e confini in un piccolo stato italiano tra Medioevo e Ottocento (Milano, 2007), L’Europa dei piccoli stati. Dalla prima età moderna al declino dell’Antico Regime (Roma, 2008). Svolge attività di ricerca per la Compagnia di San Paolo di Torino, nell’ambito di un progetto legato alla stesura di una nuova Storia della Compagnia. Per le edizioni Zamorani ha pubblicato anche i saggi Servitori bifronti. La nobiltà del Monferrato fra Casale, Mantova e Torino nel volume L’affermarsi della corte sabauda. Dinastie, poteri, élites in Piemonte e Savoia fra tardo medioevo e prima età moderna (Torino, 2006) e «A caval donato…». Regali e scambi di destrieri fra le corti di Torino, Mantova e Vienna (secc. XVI-XVII) nel volume La caccia nello Stato sabaudo. I. Caccia e cultura (secc. XVI-XVIII) (Torino, 2010).

15 x 21 cm - 280 pp. - ISBN 88-7158-123-7 - Euro 26,00

LABORATORIO DI STUDI STORICI SUL PIEMONTE E GLI STATI SABAUDI

 

Saggio introduttivo e cura di Tomaso Ricardi di Netro

«Fidel amant, sincer ami, tendre époux»

Uomini, valori e patrimoni delle nobiltà d’Antico regime nella corrispondenza di Casimiro e Marianna San Martino di Cardè (1795)

Premessa di Daniela Maldini Chiarito

Le lettere che Casimiro e Marianna, sposi da sei mesi, si scambiarono nel corso del 1795, nel pieno della Guerra delle Alpi (1792-1796) che contrappose il Piemonte sabaudo alla Francia rivoluzionaria, li consegnano al lettore giovani e innamorati nella vivacità delle loro espressioni e dei loro sentimenti. Il tema della lettera, recentemente rivalutato dalla storiografia, risulta qui confermato come inesauribile fonte di umanità nelle pieghe della storia, specie quando le carte emergono inedite da un archivio.
Nell’introduzione, trascendendo la vicenda privata, viene ricostruito il contesto familiare delle famiglie degli sposi, i San Martino d’Agliè ed i Birago di Vische, attraverso la fitta rete di parentele e di amicizie, facendo emergere identità, frontiere culturali e aspirazioni di una delle diverse anime della nobiltà piemontese di antico regime, cui sia Casimiro che Marianna appartengono. La dimensione storica, infatti, che compare solo di scorcio nelle loro lettere, contribuisce non solo a definire il loro contesto, ma ne valorizza anche la vicenda umana e sentimentale.

Tomaso Ricardi di Netro ha lavorato presso l’Archivio Storico Italgas. Ricopre attualmente il ruolo di responsabile dell’attività espositiva presso la Reggia di Venaria Reale, dove ha iniziato la propria attività nel 2002 partecipando al comitato curatoriale e a quello organizzativo della mostra La Reggia di Venaria e i Savoia. Arte, magnificenza e storia di una corte europea. Si è occupato di nobiltà e di ceti dirigenti d’antico regime, con particolare attenzione agli spazi piemontesi. Nel 2000 ha curato la mostra Gentilhuomini Christiani e Religiosi Cavalieri. Nove secoli dell’Ordine di Malta in Piemonte. Per le edizioni della Zamorani ha contribuito con il saggio Servir due principi. Giacomo Piossasco de Feys tra le corti dei Farnese e dei Savoia al volume L’affermarsi della corte sabauda. Dinastie, poteri, élites in Piemonte e Savoia fra tardo medioevo e prima età moderna (Torino, 2006) e con Il duca diventa re. Cerimonie di corte per l’assunzione del titolo regio (1713-1714) al volume Le strategie dell’apparenza. Cerimoniali, politica e società alla corte dei Savoia in età moderna (Torino, 2010).

15 x 21 cm - 172 pp. - ISBN 8871581229 - Euro 20,00

 

Elena Rossi Artom

Gli Artom

Storia di una famiglia della Comunità ebraica di Asti attraverso le sue generazioni (XVI-XX secolo)

Il libro ricostruisce la storia della famiglia Artom, presentandone anche la genealogia dalla fine del XVI secolo al XX, attraverso lo studio di documenti notarili e altri inediti. La storia di una famiglia diventa immediatamente lo specchio fedele della complessa e poliedrica vita economica e sociale della comunità ebraica di Asti, dei suoi rapporti con la città, le sue istituzioni e la sua gente.
Alcuni capitoli sono dedicati alla sinagoga e alle istituzioni della comunità ebraica di Asti. La pubblicazione di vari documenti per intero, e di un indice dei documenti relativi alle famiglie ebraiche connesse con la comunità, rende il libro uno strumento indispensabile per ulteriori ricerche sulla vita ebraica in Asti.

Elena Rossi Artom, nata ad Ancona, non potendosi iscrivere all’Università a causa delle leggi razziali emigrò nel 1939 e frequentò l’Università ebraica di Gerusalemme. Ha curato il volume Scritti sull’ebraismo in memoria di Emanuele Menachem Artom (Gerusalemme, 1996) e un volume in ebraico sullo stesso argomento.

cm 15,5 x 21 - 298 pp. - ISBN 88-7158-063-X - Euro 28,00

Anna Rossi-Doria

Sul ricordo della Shoah

Nei saggi raccolti in questo libro si pongono interrogativi e si suggeriscono spunti di riflessione su alcuni dei difficili nodi della trasmissione della memoria della Shoah nella fase della sua crescente istituzionalizzazione. Fra i temi affrontati, il rapporto di contrapposizione o di intreccio tra memoria e storia, le specificità della memoria ebraica, la necessità di universalizzare sia il ricordo che la storia della Shoah.
L’ultimo saggio esamina alcuni diari e memorie di donne ebree relativi alla loro vita nei ghetti e nei Lager nel contesto degli studi recenti sulla questione della specificità femminile all’interno della comune catastrofe.


Nel volume:

Prefazione
Il difficile uso della memoria ebraica: la Shoah
Invocazioni della memoria e ragioni della storia: a proposito del Giorno della memoria
Il “dovere di memoria”
Memorie di donne

Anna Rossi-Doria, già professore associato di Storia contemporanea, fa parte del Comitato direttivo dell’IRSIFAR (Istituto romano per la storia d’Italia dal fascismo alla Resistenza) e della direzione della rivista «Passato e presente». Tra le sue ultime pubblicazioni: Memoria e storia: il caso della deportazione, 1998; Antisemitismo e antifemminismo nella cultura positivistica, in A. Burgio (a cura di), Nel nome della razza. Il razzismo nella storia d’Italia 1870-1945, 1999; Dare forma al silenzio. Scritti di storia politica delle donne, 2007.

15 x 21 cm - 124 pp. - ISBN 9788871581804 - Euro 18,00

Paolo Rosso

Studio e poteri

Università, istituzioni e cultura a Vercelli fra XII e XIV secolo

Studio e poteri contiene una doppia chiave di lettura: l’espressione del forte rapporto tra università (Studium generale) e i centri di potere da un lato, e, dall’altro, l’applicazione allo studio (studere) per la realizzazione di un percorso di formazione scolastica che diventa un efficace strumento di promozione sociale e di accesso, con ruoli di primo piano, ai quadri del potere politico. La storia delle università nel medioevo legittima entrambe le interpretazioni, e non fa eccezione l’esperienza universitaria vercellese, avviatasi con la convenzione stipulata a Padova, nella primavera del 1228, tra i delegati del comune di Vercelli e i rappresentanti della corporazione degli studenti, la quale prevedeva la migratio, realizzatasi solo parzialmente, dell’universitas scholarium.
La fondazione di una università è sempre il risultato di una convergenza di aspetti culturali e di progetti politici. Gli attori del trasferimento di uno Studium dal quadrante nord-orientale della Penisola, dove alcuni Studia erano già attivi da decenni, all’Italia nord-occidentale, ancora priva di fondazioni universitarie, sono molteplici: non solo il comune di Vercelli, tra i più importanti dell’Italia settentrionale, ma anche le autorità politiche superiori (l’impero, negli anni seguenti la fondazione dell’università, e i Visconti, nell’ultima fase) e le istituzioni ecclesiastiche cittadine.
Questo saggio ricostruisce l’impianto istituzionale assunto dallo Studium generale in una fase ancora sperimentale dell’organismo universitario, e il suo ruolo come centro di formazione per gli esponenti delle maggiori famiglie cittadine e della piccola nobiltà rurale e urbana cui si aggiunsero, dalla metà del Trecento, anche le dinastie dell’antica nobiltà che aspiravano a esercitare le professioni intellettuali, in particolare quelle giuridiche, andando in buona parte a costituire una importante componente dell’area di reclutamento dei quadri delle amministrazioni laiche ed ecclesiastiche.

Paolo Rosso è assegnista di ricerca presso il Dipartimento di Storia dell’Università degli Studi di Torino. I suoi studi riguardano soprattutto le istituzioni culturali nel basso medioevo: è autore di diversi saggi sulle Università dell’Italia settentrionale (Torino, Pavia e Vercelli) e sui centri scolastici preuniversitari nei secoli XIII-XV. Tra le sue pubblicazioni: Documenti per la storia dell’Università di Pavia nella seconda metà del ’400. II. (1456-1460), in collaborazione con Agostino Sottili, Milano 2002; «Rotulus legere debentium». Professori e cattedre all’Università di Torino nel Quattrocento, Torino 2005; Insignia doctoralia. Lauree e laureati all’Università di Torino tra Quattro e Cinquecento, in collaborazione con Irma Naso, Torino 2008.

15 x 21 cm - 320 pp. - ISBN 9788871581835 - Euro 32,00

 

Federica Ruspio 

La nazione portoghese. Ebrei ponentini e nuovi cristiani a Venezia

Dalla fine del Cinquecento, Venezia ospita l’insediamento degli ebrei “ponentini”, ovvero di quegli ebrei che erano stati cacciati dalla Spagna e dal Portogallo dopo il 1492. A questa comunità si affianca una presenza, esigua ma significativa, di mercanti di origine portoghese che, pur essendo per la maggior parte nuovi cristiani, venivano percepiti come marrani, ovvero ebrei che continuavano la professare la loro fede nonostante la conversione al cristianesimo. Origine e idioma comuni, pratiche sociali ed economiche condivise definiscono una sfera preferenziale di rapporti ruotante intorno alla “portoghesità”. Tutti utilizzano un nome cristiano, parlano portoghese, instaurano rapporti commerciali e di parentela preferibilmente tra loro: si riconoscono come membri della nazione portoghese, a Nação, espressione che coniugava insieme a una specifica provenienza geografica la connotazione socioprofessionale e quella religiosa. Le due componenti tesero col tempo a confondersi, tanto da essere percepite come un gruppo unico, formato esclusivamente di ebrei ponentini. Lo studio delle pratiche di interazione e di integrazione di questi mercanti consente di evidenziare il ruolo cruciale dell’appartenenza simbolica e affettiva a una dimensione che trascende le coordinate di tempo e di spazio usate tradizionalmente per le comunità mercantili. Al tempo stesso porta a riflettere sulla posizione occupata da Venezia nella nuova geografia politica ed economica del Seicento, restituendole un ruolo tutt’altro che marginale.

Federica Ruspio si è laureata con una tesi sulla comunità marrana a Venezia a fine Cinquecento. Successivamente ha esteso la ricerca al Seicento, con attenzione ai rapporti tra Serenissima e Penisola iberica. Nel 2004 ha studiato in Spagna come European Fellow. Nel 2006 ha conseguito i titoli di dottore di ricerca in Storia sociale europea, di Doctor Europaeus e lo European Doctorate title con una tesi sulle pratiche di interazione e integrazione dei mercanti di origine portoghese a Venezia. Attualmente partecipa a un progetto di ricerca sulla demografia ebraica in Italia.


15 x 21 cm - 358 pp. - ISBN 9788871581521 - Euro 30,00

 

Anna Segre

Un coraggio silenzioso

Leonardo De Benedetti, medico, sopravvissuto ad Auschwitz

 

Prefazione di Stuart Woolf

“Possedeva anche, oltre alla fortuna, un’altra virtù essenziale in quei luoghi: una illimitata capacità di sopportazione, un coraggio silenzioso, non nativo, non religioso, non trascendente, ma deliberato e voluto ora per ora, una pazienza virile, che lo sosteneva miracolosamente al limite del collasso”.
Primo Levi, da La tregua.

“Siamo stati liberati insieme; insieme abbiamo percorso migliaia di chilometri in terre lontane, ed anche in questo viaggio interminabile ed inspiegabile la sua figura gentile ed indomabile, la sua contagiosa capacità di speranza, ed il suo zelo di medico senza medicine sono stati preziosi non solo a noi pochissimi reduci da Auschwitz, ma ad un migliaio di altri italiani, uomini e donne, sulla dubbia via di ritorno dall’esilio”. È così che Primo Levi ricordava su «La Stampa» del 21 ottobre 1983 la figura di Leonardo De Benedetti pochi giorni dopo la sua scomparsa: parole semplici ma molto efficaci, capaci di rendere in tutta la sua grandezza la dimensione di un uomo davvero straordinario.
Un uomo cui la vita ha riservato le esperienze più dolorose: riuscire a fuggire in Svizzera e venire poi respinto in Italia; essere deportato ad Auschwitz con la moglie e perderne immediatamente le tracce; apprendere a posteriori della sua immediata uccisione; sopravvivere ad un anno di indicibili sofferenze e privazioni; ritornare a casa e ritrovarsi solo perché nel frattempo anche la madre era deceduta. Un uomo che ciò nonostante ha saputo conservare la fiducia nell’umanità e ha voluto spendere, così prima come dopo la tragedia, la sua vita al servizio del prossimo; un uomo di grande cultura ed umanità che ha lasciato un ricordo indelebile in chi ha avuto la fortuna di conoscerlo.

Nel libro vengono riprodotte le lettere di Leonardo e della moglie Jolanda dalla prigionia (dicembre 1943 - marzo 1944), la corrispondenza della famiglia alla ricerca di Leonardo e Jolanda (giugno 1944) e le lettere di Leonardo dopo la liberazione di Auschwitz (gennaio-maggio 1945). In appendice il Rapporto sulla organizzazione igienico-sanitaria del campo di concentramento per Ebrei di Monowitz (Auschwitz - Alta Slesia) scritto da Leonardo De Benedetti assieme a Primo Levi e l’intervista a Leonardo De Benedetti a cura dell’ANED (30 settembre 1982).

Anna Segre, docente di lettere al liceo classico, intervistatrice per la Survivors of the Shoah Visual History Foundation, direttrice di «Ha Keillah», ha pubblicato Cent’anni di carta. Vita e lavoro della famiglia Diena, Torino 1998; La Pasqua ebraica. Testo e contesto dell’Haggadà, Torino 2001; Il mondo del 61. La casa grande dei Vita, Torino 2007.

15 x 21 cm - 134 pp. - ISBN 9788871581514 - Euro 18,00

COLLANA DEL DIPARTIMENTO DI STORIA DELL’UNIVERSITÀ DI TORINO

Francesca Somenzari

I prigionieri tedeschi in mano statunitense in Germania (1945-1947)

L’autrice – che si è avvalsa della documentazione dei National Archives di Washington, del Comité International de la Croix Rouge di Ginevra, del Bundesarchiv di Coblenza e dell’Archivio Segreto Vaticano – ricostruisce nel libro la prigionia tedesca in mano statunitense in Germania nel triennio 1945-1947, in un momento di transizione particolarmente delicato che assiste alla resa incondizionata del Terzo Reich e all’occupazione di uno stato che si è completamente dissolto. Uno sconvolgimento politico di tali dimensioni si è riversato inevitabilmente su coloro che hanno combattuto la “guerra del Führer”. Il lavoro mette al centro le direttive del War Department di Washington in materia di prigionieri tedeschi e il ruolo ricoperto dall’esercito americano, stabilendo fin da subito una distinzione ben precisa tra campi temporanei, totalmente disorganizzati e senza strutture di accoglienza, e campi permanenti, “figli” di una politica occupazionale matura e consapevole.

Francesca Somenzari è dottore di ricerca in Storia Contemporanea. Ha svolto le sue ricerche in Svizzera, Germania e Stati Uniti. Attualmente lavora presso il Dipartimento di Storia dell’Università di Torino. Ha pubblicato diversi saggi, tra cui La lunga odissea tedesca di fine guerra («Storia e Futuro. Rivista di storia e storiografia», Siena-Bologna 2006), Americani e francesi uniti da un desiderio comune di vendetta? I prigionieri di guerra tedeschi alla fine del secondo conflitto mondiale («Storia e Futuro», 2007), Il Comitato Internazionale della Croce Rossa e le sfide del biennio 1945-1946 («Storia e Futuro», 2009), L’Ufficio informazioni vaticano e i prigionieri di guerra tedeschi nel dopoguerra («Le Carte e la Storia», 2009), German Prisoners of War in American Hand in Germany 1945-1947 (Torino 2010).

Recensioni:

http://www.sissco.it/index.php?id=1293&tx_wfqbe_pi1%5Bidrecensione%5D=4937

http://www.recensio.net/rezensionen/zeitschriften/il-mestiere-di-storico/2012/1/ReviewMonograph298881947

http://www.storiaefuturo.com/it/numero_28/scaffale/4_prigionieri-tedeschi~1490.html

15 x 21 cm - 176 pp. - ISBN 9788871581859 - Euro 24,00

LABORATORIO DI STUDI STORICI SUL PIEMONTE E GLI STATI SABAUDI

Enrico Stumpo

Dall’Europa all’Italia. Studi sul Piemonte in età moderna

Il volume, corredato da un’ampia introduzione di Paola Bianchi, raccoglie una serie di saggi – oggi di difficile reperibilità – comparsi su riviste e in volumi e presenta uno studio inedito, tuttora ricco di notevoli spunti per gli studiosi della prima età moderna, su Girolamo Federici nel periodo della sua nunziatura nel Ducato di Savoia (1573-1577). Enrico Stumpo, ha dedicato molta attenzione alla storia del Piemonte nei primi secoli dell’età moderna per almeno due ragioni: l’attività svolta dallo studioso, all’inizio della sua carriera, come funzionario dell’Archivio di Stato di Torino, e l’attenzione per una serie di dinamiche economiche, sociali, politiche e culturali tipiche del “modello sabaudo”. Tale modello è stato declinato con uno sguardo costantemente aperto al confronto con la realtà degli antichi Stati italiani ed europei, a dimostrare lo straordinario spettro d’interessi e di contatti dello storico con istituzioni culturali nazionali e straniere. Oltre alla completa bibliografia degli scritti di Enrico Stumpo, non comune per varietà di temi, utilissimo strumento che correda il volume è il ricco indice dei nomi.

Dall’indice:
Introduzione di Paola Bianchi
Scritti di Enrico Stumpo:
Gli aiuti finanziari di Venezia al duca Carlo Emanuele I di Savoia nella Guerra contro la Spagna (1616-1617)
La distribuzione sociale degli acquirenti dei titoli del debito pubblico in Piemonte nella seconda metà del Seicento
Credito privato e credito pubblico. Due esempi diversi di diffusione (Toscana e Piemonte tra ’500 e ’600)
Finanze e ragion di Stato nella prima età moderna. Due modelli diversi: Piemonte e Toscana, Savoia e Medici
I ceti dirigenti in Italia nell’età moderna. Due modelli diversi: nobiltà piemontese e patriziato toscano
A proposito di rifeudalizzazione: il caso del Piemonte
Guerra ed economia. Spese e guadagni militari nel Piemonte del Seicento
Vel domi vel belli. Arte della pace e strategie di guerra fra Cinque e Seicento. I casi del Piemonte sabaudo e della Toscana medicea
Tra mito, leggenda e realtà storica: la tradizione militare sabauda da Emanuele Filiberto a Carlo Alberto
Introduzione alla Nunziatura di Savoia. Il nunzio Federici (1573)
Bibliografia di Enrico Stumpo
Indice dei nomi
Enrico Stumpo (Brindisi 1946 - Firenze 2010), laureatosi nel 1969 a Roma con Rosario Romeo, vinse nel 1971 un concorso per la carriera direttiva degli Archivi di Stato, prendendo servizio a Torino e Firenze. Il suo percorso accademico iniziò presso l’Università di Sassari (dal 1983) e continuò presso l’ateneo di Siena, nella sede di Arezzo (dal 1988). Docente di Storia economica, dal 2001 passò alla cattedra di Storia moderna. Dedicatosi alla storia degli antichi Stati italiani in età moderna, in particolare il Ducato di Savoia, lo Stato della Chiesa e il Granducato di Toscana, è stato autore di una ricca bibliografia, tra cui si possono ricordare la monografia I bambini innocenti. Storia della malattia mentale nell’Italia moderna. Secc. XVI-XVIII (Firenze, 2000), la collana, da lui voluta e diretta, «Guerra e pace in età moderna. Annali di storia militare europea» (Milano, dal 2008), e il nucleo di saggi che stava prendendo corpo dopo l’uscita di Per una storia del mercato dell’arte nell’Italia moderna. Aspetti teorici e problemi di ricerca (in La storia e l’economia, Varese 2003) .

Paola Bianchi, curatrice del volume, è docente di Storia moderna presso l’Università della Valle d’Aosta. Ha dedicato diversi studi alla storia degli spazi sabaudi in antico regime.
Collana “Saggi e studi” 3
15 x 21 cm - 312 pp. - ISBN 9788871582139 - Euro 30,00
 

“CONTESTI” 1

Il libro che inaugura una nuova collana di studi prodotti da giovani ricercatori di storia moderna e contemporanea ha vinto il

Premio ANCI-Storia 2014

( http://www.sissco.it/articoli/premio-anci-storia-863/premio-anci-storia-2014/ )

 

Davide Tabor

Il cerchio della politica
Notabili, attivisti e deputati a Torino tra ’800 e ’900

Tra Ottocento e primo Novecento le trasformazioni sociali cominciarono a modificare il sistema politico dell’Italia liberale; furono gli anni in cui iniziò ad allargarsi il corpo elettorale e dunque si estese la gamma degli interlocutori sociali dei candidati e delle associazioni, e tanto le istituzioni quanto le organizzazioni cominciarono ad affrontare il problema della partecipazione delle masse alla vita politica italiana. Il libro parla di politica “alta” e di politica “bassa”, di persone importanti, deputati, senatori e ministri, di individui comuni, artigiani, operai, membri di associazioni popolari, e di notabili di quartiere. Tra tutti questi attori, infatti, c’erano nessi, contatti e scambi, e la politica di massa sembrava il frutto, più che di una nazionalizzazione o di una mobilitazione dall’alto, dell’interazione tra i vari soggetti che da più parti contribuivano a costruire le organizzazioni e a definire i messaggi politici, in “alto” come in “basso”. Dalle celebrazioni pubbliche alle campagne elettorali, dalla costituzione di associazioni e comitati elettorali l’analisi di Tabor si sofferma così su alcuni protagonisti eminenti della cultura, della politica, dell’impresa e dell’amministrazione nella Torino – e non solo – a cavallo tra i due secoli: tra gli altri Leonardo Bistolfi, Giuseppe Durio, Tommaso Villa, Emilio Sineo, Francesco Crispi, Sidney Sonnino, Edoardo Daneo, Oddino Morgari.

Davide Tabor è dottore di ricerca in storia contemporanea e collabora col Dipartimento di Studi Storici dell’Università di Torino. Nei suoi studi si è dedicato in particolare ad analizzare la politica da una prospettiva sociale. Tra i suoi indirizzi di ricerca ci sono: l’adesione e l’opposizione degli individui al fascismo, la partecipazione dal basso alla politica, la relazione tra locale e nazionale nella costruzione delle culture politiche, le politiche pubbliche dell’abitare, le forme di trasmissione dei valori tra le generazioni, la composizione dei gruppi sociali. Ha pubblicato vari saggi, tra cui: Operai in camicia nera? La composizione operaio del fascio di Torino, 1921-1931 in «Storia e problemi contemporanei», n. 36, 2004; Luoghi della memoria: uso simbolico dello spazio urbano nella periferia torinese. 1880-1906 in «Bollettino Storico-Bibliografico Subalpino», vol. XVII, 2009; Il popolo alle urne. Un’analisi del comportamento elettorale a Torino tra la fine dell’Ottocento e la Grande Guerra in «Quaderni Storici», n. 1, 2011; L’arte della propaganda. Il modello di proselitismo del Psi tra fine Ottocento e inizio Novecento, in «Contemporanea», n. 4, 2011; Giovani partigiani e legami intergenerazionali. Una mappa generazionale del artigianato torinese, in «Quaderni di Storia Contemporanea», n. 53, 2013.

15 x 21 cm - 288 pp. - ISBN 9788871582016 - Euro 32,00

Carla Tallone - Vera Vigevani Jarach (a cura di)

Il silenzio infranto

Il dramma dei desaparecidos italiani in Argentina

Prologo di Ernesto Sábato

«Senza oggetto del dolore non c’è dolore possibile e le ferite continueranno a sanguinare indefinitamente... Quando naufraga un peschereccio e “scompaiono” persone i cui corpi non sono recuperati in mare, i famigliari continuano a cercarli, aspettando contro ogni ragionevole speranza; e fantasticano con le ipotesi più cervellotiche... Per questo, non inganniamoci, le madri e i famigliari ... continueranno a muoversi nella storia del nostro paese e non solo in Plaza de Mayo, fino a che non riusciremo a trovare fra tutte una forma effettiva di giustizia legale, storica e sociale.»
In copertina: automobile Ford modello Falcon.
«Il giorno del sequestro arrivarono tre o quattro macchine, quei famosi Ford Falcon, da cui uscirono tipi con facce truculente e armati che ci apostrofarono: “Questo è un arresto!”»

Il volume raccoglie preziose testimonianze sui desaparecidos italiani attraverso il racconto diretto dei pochi sopravvissuti, dei famigliari e di testimoni che vissero quei tragici anni in Argentina.

Vera Vigevani Jarach è nata a Milano nel 1928 ed emigrata in Argentina nel 1939 dopo le leggi razziali. È stata per 40 anni redattrice dell’agenzia ANSA di Buenos Aires e per lungo tempo collaboratrice del supplemento letterario «Tuttolibri» della «Stampa» di Torino. È coautrice dei libri Tante voci, una storia. Italiani ebrei in Argentina 1938-1948 e Los chicos del exilio. Argentina (1975-1984). Fa parte delle “Madri di Plaza de Mayo - Línea Fundadora”, della “Fundación Memoria Histórica y Social Argentina” e della “Asociación de familiares de desaparecidos judíos”.

Carla Tallone è nata a Buenos Aires nel 1959 da genitori italiani. Dopo la scomparsa del fratello Renato si è trasferita in Italia dove si è laureata in Lingue all’Università di Milano. Ha tradotto libri di poesia e teatro, e testi per bambini ed adolescenti. Rientrata in Argentina, dirige l’azienda creata dal padre.

15 x 21 cm - 232 pp. - ISBN 9788871581316 - Euro 18,00

 

COLLANA DELL’ARCHIVIO EBRAICO BENVENUTO E ALESSANDRO TERRACINI

Bruno Taricco

Gli ebrei di Cherasco

Prefazione di Alberto Cavaglion

«Il Sindaco informa il Consiglio Comunale di Cherasco che due Ebrei, Anselmo Montagnana e Benedicto De Benedictis, lo hanno appena incontrato e gli hanno fatto presente che il Principe di Piemonte gli ha concesso il permesso di vivere nell’area circostante Asti. Poiché intendono stabilirsi in Cherasco, essi sperano nella benevolenza del comune.
[…] Il giorno seguente il Sindaco conferma l’autenticità della patente… i rappresentanti comunali esprimono il loro consenso e convengono di ammettere i due Ebrei in città». Cherasco, Ordinati di Consiglio, 1547

L’8 luglio 1547 due ebrei arrivarono a Cherasco e chiesero di poter risiedere in città. Il giorno dopo il permesso fu accordato. È l’inizio di una storia destinata a superare i secoli. La comunità ebraica cheraschese creò in fretta le strutture essenziali, si sviluppò numericamente, si radicò così profondamente da poter ovviare alle difficoltà e così largamente nel tessuto sociale ed economico che nell’Ottocento un conte poteva osservare: “si sa che da noi si famigliarizza di troppo cogli ebrei, perciò ci chiamano gli ebrei di Cherasco”.
Il libro ripercorre la storia della presenza ebraica a Cherasco, piccola città piemontese, dal primo insediamento documentato a metà del XVI secolo fino ai giorni nostri. Sono acclusi alberi genealogici elaborati da Marco Luzzati delle principali famiglie ebraiche cheraschesi: De Benedetti, Segre, Lattes.

Bruno Taricco, docente di Italiano e Latino, da oltre trent’anni è conservatore del museo Adriani di Cherasco e da qualche anno fa parte del consiglio del CISIM (Centro internazionale per gli studi sugli insediamenti medievali). Si interessa di storia locale e in questo settore ha pubblicato alcuni libri relativi soprattutto alle vicende cheraschesi (Cherasco Urbs firmissima pacis, Cherasco medievale, Cherasco barocca, Guida di Cherasco) e verdunesi (Documenti e appunti per una storia di Verduno) oltre a numerosi saggi su personaggi, palazzi, avvenimenti della città in cui risiede.

15 x 21 cm - 288 pp. + 8 tavole f.t. a colori e 7 alberi genealogici di Marco Luzzati - ISBN 9788871581699 - Euro 28,00

 

Bruno Taricco

Cronache cheraschesi del secondo periodo francese (1796-1815)

Il ventennio del secondo “periodo francese”, iniziato nella primavera del 1796 con la campagna d’Italia del Bonaparte e conclusosi in quella del 1814 con la distruzione dell’impero napoleonico, fu indubbiamente straordinario e rimane essenziale per comprendere i successivi sviluppi della storia di Cherasco, in quanto si pone come uno spartiacque ineludibile tra la vecchia concezione e la nuova, che proprio quei fatti determinarono.
Anche se la Restaurazione tentò di farne dimenticare le vicende, come se quegli anni non fossero mai esistiti, la realtà cheraschese del 1815 era totalmente diversa da quella del 1796 e non solo perché le fortificazioni erano state spianate, si erano costruiti e abbattuti tanti alberi della libertà e, ancora, Narzole era diventata indipendente, ma soprattutto perché cambiata era la funzione storica della città, mutate erano la mentalità, il modo di ragionare, il bagaglio di esperienze che le persone si portavano appresso, anche se molte non lo avrebbero mai ammesso.

Bruno Taricco, docente di Italiano e Latino, da oltre trent’anni è conservatore del museo Adriani di Cherasco e da qualche anno fa parte del consiglio del CISIM (Centro internazionale per gli studi sugli insediamenti medievali). Si interessa di storia locale e in questo settore ha pubblicato alcuni libri relativi soprattutto alle vicende cheraschesi (Cherasco Urbs firmissima pacis, Cherasco medievale, Cherasco barocca, Guida di Cherasco) e verdunesi (Documenti e appunti per una storia di Verduno) oltre a numerosi saggi su personaggi, palazzi, avvenimenti della città in cui risiede.

15 x 21 cm - 374 pp. - ISBN 9788871581866 - Euro 32,00

 

Bruno Taricco

Il ghetto delle Cherche. Appunti per una storia della comunità ebraica di Carmagnola

Prefazione di Alberto Cavaglion - Appendice di Ilaria Curletti


«La linea sinuosa, ma invisibile che unisce Saluzzo-Carmagnola-Torino è più marcata di altre che legano le relazioni umane, i rapporti commerciali, i reticoli famigliari, fin dalle origini quattro-cinquecentesche. [...] Non un triangolo, ma un segmento curvo unisce le tre comunità ebraiche di Saluzzo, Carmagnola e Torino, che hanno avuto storie dissimili fra loro, ma unite da questo filo vettoriale, che indica una direzione, un percorso di migrazione: dalla periferia al centro». (dalla Prefazione al volume di Alberto Cavaglion)

Con questo libro Bruno Taricco continua la sua indagine sulla storia degli ebrei in Piemonte: dopo Cherasco sono gli archivi di Carmagnola a ridare la trama della presenza ebraica nella città, dai primi documenti che risalgono agli anni dell’ultimo Medioevo (nel 1467 un atto notarile vi attesta la residenza di un ebreo), all’ampliarsi a più famiglie nel Cinquecento e nei secoli successivi. Alcuni capitoli percorrono la storia della comunità: gli insediamenti nel XVI secolo, il Seicento, il passaggio alla segregazione nel ghetto, la svolta della prima emancipazione francese e la successiva entrata, dopo il 1848, a pieno titolo nella vita del Regno, fino alla partecipazione alla guerra del 1915-18 e al graduale esaurirsi della comunità a Carmagnola – con le trasformazioni economiche e sociali da un lato e lo sprofondare del Paese nelle leggi razziste del 1938, nella Seconda guerra mondiale, nella deportazione degli ebrei e, dall’altro lato, la loro partecipazione alla Resistenza. Parte essenziale del volume è il ricco apparato documentario che sorregge sempre la descrizione delle attività, strutture e dinamiche sociali della comunità e fornisce un’ampia base di riferimento per approfondimenti e confronti.
L’Appendice, a cura di Ilaria Curletti, riporta il testo delle visite all’Università ebraica dei vescovi nel 1702 e nel 1746.

Bruno Taricco docente di Italiano e Latino, da oltre trent’anni è conservatore del museo Adriani di Cherasco e da qualche anno fa parte del consiglio del CISIM (Centro internazionale per gli studi sugli insediamenti medievali). Si interessa di storia locale e in questo settore ha pubblicato alcuni libri relativi soprattutto alle vicende cheraschesi – tra gli altri Cherasco Urbs firmissima pacis, Cherasco medievale, Cherasco barocca, Guida di Cherasco, Cronache cheraschesi del secondo periodo francese (1796-1815) – e verdunesi (Documenti e appunti per una storia di Verduno) oltre a numerosi saggi. Ha approfondito la storia plurisecolare dell’insediamento ebraico nella città in cui risiede con il volume Gli ebrei di Cherasco, pubblicato dalla Silvio Zamorani nel 2010.

15 x 21 cm - 536 pp. - 80 illustrazioni nel testo - ISBN 9788871582269 - 42,00 Euro

 

Giuliana Tedeschi

Memoria di donne e bambini nei Lager nazisti

«Ecco il ritratto di una donna al suo primo impatto con la realtà del Lager, cinquanta e più anni or sono. A quel tempo una donna teneva più di oggi alla propria riservatezza fisica, alla cura del proprio corpo, perfino alla ricerca estetica di armonia nel vestiario e non esibiva senza traumi la propria nudità. Eccola nel Lager: ha appena subito sul suo corpo la violenza di mani estranee che, con rasoi poco affilati, le hanno depilato le parti intime, le è stato impresso un marchio sul braccio sinistro, ha provato l’orrore del freddo metallico della macchinetta tosatrice sulla cute, ha visto le ciocche della sua capigliatura cadere ai suoi piedi...».

L’autrice fu deportata col marito e con la suocera ad Auschwitz-Birkenau. Ritornata sola, ha potuto ritrovare le due bambine, messe in salvo dalla domestica. Si è dedicata all’insegnamento e alla testimonianza nelle scuole sulla feroce persecuzione antisemita. Questa sua breve Memoria è stata pubblicata in occasione del cinquantenario della Liberazione e per la commemorazione dello Yom ha-Shoà.

32 pp. - ISBN 9788871580418 - Euro 4,00 

 
 

Carla Tonini

Il tempo dell’odio e il tempo della cura

Storia di Zofia Kossak, la polacca antisemita
che salvò migliaia di ebrei

Nella Varsavia del 1942 una donna fonda un’organizzazione di soccorso che sottrae alla morte migliaia di ebrei: è Zofia Kossak, scrittrice cattolica e figura di spicco della resistenza polacca, nota per il suo antisemitismo. Negli anni trenta aveva appoggiato pubblicamente l’introduzione di misure discriminatorie nei confronti degli ebrei; quando i nazisti iniziano le deportazioni dal ghetto di Varsavia fa distribuire Protest, un volantino in cui chiama i polacchi a protestare contro lo sterminio, ribadendo nello stesso tempo che gli ebrei rimangono “nemici della Polonia”.
La sua storia, dalla nascita, nel 1890, in una famiglia della nobiltà polacca di tradizioni liberali, alla morte, nel 1968, sotto il regime comunista, è narrata per la prima volta in questo libro che ne mette in luce gli aspetti drammatici e paradossali.
La tradizione familiare di ospitalità; il nazionalismo, che la spinse a preoccuparsi dei casi di collaborazione dei polacchi con l’occupante nazista; il recupero dei valori cristiani; ma soprattutto la capacità, tutta femminile, di costruire reti di relazioni, permettono a Zofia Kossak di sospendere il “tempo dell’odio” e di prendersi “cura” degli ebrei.

Carla Tonini insegna Storia dell’Europa orientale all’Università di Bologna. È autrice di saggi e volumi sulla Polonia, paese nel quale ha soggiornato a lungo. Tra i suoi lavori ricordiamo Operazione Madagascar. La questione ebraica in Polonia, 1918-1968 (Bologna, 1999); The Jews in Poland after the Second World War. Most Recent Contributions of Polish Historiography, in «Quest. Issues in Contemporary Jewish History» (http://www.quest-cdecjournal.it/focus.php?issue=1&id=211).

Per saperne di più su questo libro: http://www.diesse.org/detail.asp?c=1&p=0&id=1188

Recensioni alle pagine:

http://www.ism-regalita.it/testi/zofia_kossak.rtf

http://www.silvanacalvo.ch/DD%20RECENSIONI%20E%20SCHEDE/31%20RECENSIONI%20E%20SCHEDE%20-%20m%20Tonini%20Carla/31%20m%2002%20Il%20tempo%20dell'odio%20e%20il%20tempo%20della%20cura.htm

 

15 x 21 cm - 208 pp. - ISBN 978-8-7158-137-8 - Euro 20,00 

 

Luca Ventura 

Ebrei con il duce

«La nostra bandiera» (1934-1938)

Prefazione di Fabio Levi

Gli ebrei raccoltisi intorno al periodico torinese «La nostra bandiera» ancora nell’imminenza delle leggi razziali del 1938 non esitarono a ribadire la propria fiducia nel duce del fascismo e ad affidarsi a lui. Era un atteggiamento consolidatosi negli anni, con una continuità e una determinazione a dir poco incrollabili: come se, una volta deciso di offrire a Mussolini il pegno della propria fedeltà in cambio di una ipotetica speranza di protezione per sé e per tutti gli ebrei italiani, non fosse stato neppure pensabile, pur in presenza di un clima sempre più minaccioso e forse proprio in ragione di esso, intraprendere un cammino diverso. Eppure tutto ciò non valse la salvezza: non quella degli ebrei italiani e neppure quella dei bandieristi. Fra gli innumerevoli risvolti della campagna antisemita di Mussolini ci fu anche la loro vicenda e, per alcuni fra essi, la fine più tragica.

15 x 21 cm - 136 pp. - ISBN 978-88-7158-119-4 - Euro 15,00

 

Sara Vinçon

Vite in transito

Gli ebrei nel campo profughi di Grugliasco (1945-1949)

Prefazione di Fabio Levi

Il libro indaga la vita concreta fra il 1945 e il 1949 dei profughi ebrei provenienti dalle più diverse parti d’Europa e ospitati nell’ex ospedale psichiatrico di Grugliasco, nonché il loro impatto sulla realtà italiana e torinese del dopoguerra.
Un ampio flusso di donne e di uomini si riversò infatti nella penisola dopo la fine del secondo conflitto mondiale, alla ricerca di un rifugio temporaneo da cui ripartire verso una meta nuova e possibilmente definitiva dove ricominciare a vivere. Quel via vai di profughi rappresentava un’ulteriore ragione di confusione in un contesto che anelava a ridarsi un ordine e reagiva ai nuovi arrivati con un misto di aperture e di diffidenze, di ospitalità nell’immediato, ma di scarsissima disponibilità all’accoglienza stabile e tanto meno all’integrazione.
Esemplare in un tale contesto è il racconto della vicenda di Judith Schwarcz Rubinstein, nata in Ungheria, deportata ad Auschwitz, rifugiata a Grugliasco e poi emigrata in Canada.

Sara Vinçon ha conseguito la laurea magistrale in Storia contemporanea presso l’Università degli studi di Torino e ha ottenuto una specializzazione in servizio sociale alla Baltimore Hebrew University (Maryland, USA).

Si veda recensione all’indirizzo http://www.recensio.net/rezensionen/zeitschriften/il-mestiere-di-storico/2010/1/ReviewMonograph186174605

15 x 21 cm - 175 pp. - ISBN 9788871581569 - Euro 18,00

Silvio Zamorani editore

CORSO S. MAURIZIO, 25 - 10124 TORINO ITALY - TEL. (+39) 011 8125700 - info@zamorani.com

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